Quando in occasione di un sinistro stradale viene coinvolto
un soggetto che lavora alle dipendenze di un altro, o di un’azienda che fa capo
ad una società, ci si domanda se i danni patrimoniali che subisce il datore di
lavoro a causa dell’incidente possano essere autonomamente risarciti a
prescindere dalle azioni che il danneggiato porta avanti. La questione non è di
poco conto poiché talvolta si tratta di danni economici di una certa rilevanza.
Inps e Inail, che sono gli enti che intervengono nel caso, appunto, di malattia
o infortunio dipendenti anche dal fatto di un terzo (quale è proprio il caso
dell’incidente stradale avvenuto per colpa di un soggetto terzo), provvedono,
infatti, solo in parte a coprire le retribuzioni comunque dovute al lavoratore.
Sul datore di lavoro grava quindi il danno di dover continuare a versare le
contribuzioni di legge e retribuire il dipendente per la parte residua non
corrisposta da tali enti pur non potendo fruire della prestazione di lavoro,
talvolta per periodi molto lunghi come accade nel caso di sinistri cui
conseguono lesioni gravi. Oltre a ciò si consideri che le quote di
assicurazione che il datore versa per garantire i dipendenti presso Inps e Inail
aumentano proprio al verificarsi di tali circostanze. Cosa può fare allora il
datore di lavoro che si trovi ad affrontare situazioni come questa?
IL LAVORATORE MANTIENE IL DIRITTO ALLA RETRIBUZIONE Il lavoratore che venga coinvolto in un sinistro stradale è
naturalmente legittimato a non recarsi al lavoro per tutto il periodo di
malattia, ovvero per tutto il tempo in cui è inabile al lavoro in modo assoluto
(per ricovero ospedaliero o gessatura) o parziale (per la convalescenza dovuta
appunto alle lesioni subite). Ha, dunque, non
solo il diritto a non essere
licenziato ma anche a continuare
ad essere retribuito. Tale diritto
gli viene garantito dalla legislazione in materia di lavoro e dalla contrattazione,
sia quella collettiva di categoria sia quella posta in essere in occasione
dell’assunzione. Gli enti tenuti ad intervenire in tali casi sono proprio l’INPS e l’INAIL; quest’ultimo ente
interviene nel caso in cui l’incidente che ha cagionato l’infortunio sia
avvenuto durante l’orario di lavoro oppure durante il tragitto per raggiungere
il luogo dell’attività o, ancora, per rientrare da qui alla propria abitazione.
Tali enti, tuttavia, provvedono a
corrispondere solo una quota della retribuzione dovuta al dipendente mentre
la parte residua grava sul datore di
lavoro che è tenuto altresì a retribuire il lavoratore nei primi 3-4 giorni
di assenza poiché per tale primo periodo non intervengono i predetti enti
previdenziali.
IL DATORE DI LAVORO SUBISCE LA LESIONE DI UN DIRITTO Dal punto di vista patrimoniale, dunque, se è vero che il
dipendente non subisce la perdita della retribuzione è altresì vero che il
datore di lavoro paga senza godere della prestazione di lavoro e, pertanto,
subisce un danno! Dal sinistro può quindi derivare la lesione di un diritto di
credito, vale a dire quello del datore di lavoro alla prestazione lavorativa.
Nel caso ciò si verificasse avrà diritto di rivalsa nei confronti di chi ha causato l’incidente e del suo
assicuratore. In altre parole, quanto sarà costretto a versare, senza godere
della prestazione di lavoro del dipendente, potrà essere richiesto, quale
risarcimento del danno patito, all’assicuratore del colpevole attraverso
un’azione diretta. Tale possibilità è ormai costantemente riconosciuta sia dai
giudici di merito sia da quelli di legittimità come confermato anche
recentemente (Cassazione civile, Sezione
III, Sentenza del 16 ottobre 2015, n. 20932; Cassazione civile; Sezione III,
Sentenza del 9 febbraio 2010, n. 2844; Cassazione civile, Sezioni Unite,
Sentenza del 12 novembre 1988, n. 6132).
IN COSA CONSISTE IL DANNO SUBITO DAL DATORE DI LAVORO? In concreto e nel dettaglio i danni patrimoniali subiti dal
datore di lavoro possono essere, per la verità, molteplici e non limitati alla quota
di retribuzione non corrisposta da
INAIL o INPS. Egli, infatti, dovrà continuare a versare i contributi, ad accantonare il TFR, i ratei di mensilità
aggiuntive come 13esima e 14esima, le ferie, altre gratifiche, ecc.. In
pratica sostiene una lunga serie di costi inutili. A ciò si aggiunga che
talvolta il datore di lavoro, nel caso di assenze prolungate, sarà costretto ad
assumere un sostituto a tempo determinato per sopperire all’attività svolta dal
lavoratore assente per malattia o infortunio dipendente dal sinistro stradale.
In tale ultima circostanza il datore di lavoro sosterrà altresì un costo
aggiuntivo per fruire della prestazione lavorativa di cui il ciclo produttivo
non può fare a meno subendo, tra l’altro, anche il disagio di dover provvedere
al reperimento di un altro lavoratore in tempi brevi. Può d’altro canto verificarsi
anche l’ipotesi che il lavoratore legittimamente assente sia in concreto insostituibile
quando possiede, per esempio, requisiti di fiducia, formazione ed esperienza
specifici acquisiti nel corso del tempo all’interno di quell’azienda; in tal
caso il datore di lavoro può nuovamente acquisire tale forza lavoro solo
investendo tempo e denaro che poi non frutterà in alcun modo in virtù della
circostanza che il sostituto non entrerà a far parte dell’organico aziendale. In
altri termini l’impossibilità di reperire un sostituto all’altezza
dell’incarico può rappresentare per il datore un ulteriore danno in termini di mancato guadagno; naturalmente la
richiesta andrà rigorosamente accompagnata dalla prova che tale lucro cessante
dipende proprio dall’assenza del lavoratore di fatto insostituibile.
SI TRATTA DI UN DIRITTO ESPRESSAMENTE RICONOSCIUTO DALLA
LEGGE La risarcibilità del danno
patrimoniale che deriva dall’incidenza dell’inabilità temporanea, assoluta o
parziale, o dall’invalidità permanente sul lavoratore è desumibile anche
dall’art. 137 del codice delle assicurazioni private, laddove stabilisce i
criteri in base ai quali il danneggiato che lamenti un mancato guadagno può chiedere di essere risarcito. Del pari laddove
tale lucro cessante o danno patrimoniale derivante dall’impossibilità di fruire
della prestazione lavorativa del dipendente viene subito da un soggetto terzo,
quest’ultimo avrà diritto di rivalersi contro il responsabile del danno ed il
suo assicuratore. Allo stesso modo, in base a quanto stabilito dall’art. 142
del medesimo codice, l’INPS e l’INAIL avranno diritto di surrogarsi al dipendente, vittima di incidente stradale,
in tutti quei casi in cui intervengono economicamente per indennizzare
quest’ultimo; in altre parole avranno il diritto di chiedere direttamente al
responsabile e al suo assicuratore il pagamento delle somme che hanno versato
quale indennizzo dovuto in dipendenza del rapporto di lavoro.
IL DANNO È QUINDI RISARCIBILE! Nella decisione emessa qualche giorno fa dalla Suprema
Corte si ribadisce a chiare lettere che il danno del datore di lavoro è
risarcibile a prescindere dalla sua prevedibilità. Ciò significa che un datore
di lavoro che paghi all’INAIL un contributo assicurativo maggiorato, in virtù
peraltro di una previsione normativa, in ragione del decesso del dipendente
avvenuto per un fatto illecito altrui non può dirsi conseguenza anomala e
quindi sarà un danno sempre risarcibile. Il criterio seguito dai giudici della
Cassazione è quello in base al quale: danno risarcibile è qualunque
pregiudizio che, senza il fatto illecito, non si sarebbe verificato, a
prescindere dalla sua prevedibilità (Cassazione
civile, Sezione III, Sentenza del 16 ottobre 2015, n. 20932).
IN CONCLUSIONE Rivolgo
a tutti i datori di lavoro che si siano trovati in situazione analoga a
procedere, con l’assistenza di un avvocato esperto, alla richiesta di
risarcimento di tutte quelle voci di danno che siano state sopportate in
ragione dell’assenza dal lavoro di un proprio dipendente, dovuta alle lesioni
sopportate da quest’ultimo in seguito ad incidente stradale, senza lasciar
correre nulla. La legge vi tutela e la giurisprudenza, una volta tanto, è
assolutamente conforme e concorde nel riconoscere tale diritto al risarcimento.
Avvocato Patrizia Comite – Studio Comete