Sui furbetti del
cartellino si è detto ogni genere di commento negativo. Condannati
dall’opinione pubblica, malvisti dai colleghi onesti, stanati dai datori di
lavoro anche con l’utilizzo di investigatori privati, incarnano il dipendente
infedele per eccellenza, quello che consapevolmente e intenzionalmente pone in
essere condotte di mala fede e slealtà nei confronti del datore di lavoro tali
da incidere sul rapporto fiduciario e che, per questo, è meritevole di
licenziamento. Ma una recente sentenza della Corte di Cassazione ha evidenziato
la rilevanza anche penale di una tale condotta, che, ove si traduca in un danno
economicamente apprezzabile per il datore di lavoro, configurerebbe il reato di
truffa aggravata. Cerchiamo, allora, di capire meglio.