Nei mesi scorsi alcuni assistiti e diversi lettori mi hanno domandato come si potesse accedere al divorzio breve di cui tanto sentivano parlare ritenendo che fosse stata approvata una legge per la quale era consentito loro di porre fine al legame coniugale in tempi rapidi e senza eccessivi oneri. Le espressioni contenute nei titoli di molte testate giornalistiche, in effetti, hanno indotto i lettori a credere che il tempo di riflessione tra separazione e divorzio non fosse più di tre anni ma si fosse ridotto. In realtà, però, le cose non stavano così! L’eccessiva necessità di semplificazione e la tentazione di stuzzicare la curiosità hanno indotto, in molte occasioni, i redattori delle note e degli articoli informativi sull’argomento ad utilizzare impropriamente la dizione divorzio breve. Tale espressione è stata infatti utilizzata per indicare la possibilità offerta dal legislatore, a partire dalla fine dello scorso anno, di ricorrere alla separazione ed al divorzio, sussistendone i requisiti, con una modalità semplificata e meno costosa ma che di fatto lasciava inalterati i tempi previsti dall’ordinamento giuridico per accedere al divorzio stesso, dopo aver ottenuto la separazione, consensuale o giudiziale che fosse. In sintesi, si è ingenerata confusione tra la possibilità, concessa dalla legge (L. 162/2014), di ricorrere alla separazione, ma anche al divorzio, attraverso l’accordo da manifestare davanti al Sindaco nella sua qualità di ufficiale di stato civile anziché davanti al giudice, con una procedura più snella, indipendentemente dall’assistenza o meno di un legale, con quanto invece era ancora al vaglio del parlamento in ordine alla possibilità di ridurre le tempistiche per dirsi definitivamente addio. Le norme in questione sono state finalmente approvate solo qualche giorno fa…