Nella mia esperienza di amministratore di condominio, devo confessare, ne ho viste e sentite di tutti i colori ma difficilmente mi sarei immaginato ciò che mi è accaduto quasi due mesi fa. È squillato il telefono, ho alzato la cornetta e dall’altro capo del ricevitore mi ha investito la voce alterata di un condomino che, con toni tra l’esasperato e il supplichevole, mi esortava ad “intervenire subito” altrimenti, riferiva concitato, non garantiva “come sarebbe andata a finire”. Ci ho messo quasi un paio di minuti a calmare l’esagitato proprietario e a capire cosa volesse da me, anche perché costui non si decideva a venire al punto. Quando lo ha fatto confesso che ho faticato a mantenermi serio per ripetere con convinzione al mio interlocutore che capivo la situazione. In realtà affrontare la questione, piuttosto imbarazzante, mi ha creato non pochi problemi…
UNA VICENDA IMBARAZZANTE Finalmente il mio interlocutore è arrivato al dunque e così non ho fatto che ripetere quasi meccanicamente che “sì certo capisco…eh beh la comprendo…sì…sì…sono cose fastidiose…vedo cosa posso fare”. Il poveretto alla fine, in sintesi, è riuscito a spiegarsi raccontando che ormai erano mesi che lui e sua moglie non riuscivano più a dormire la notte perché la vicina di casa apostrofata più volte, dal condomino esasperato, con l’epiteto “quella z…..” durante gli amplessi amorosi lanciava urli, gemiti e altri rumori così forti da essere ben intesi e percepiti nel cuore della notte nell’appartamento attiguo dove lui e la moglie cercavano invano di riposare. Il condomino, sconsolato, mi riferiva che sfortunatamente la sua camera da letto confinava con quella dell’altra condomina vivace e che questo fuori programma si ripeteva tre o quattro volte alla settimana tanto che la situazione, considerata l’intensità delle “immissioni rumorose”, era ormai divenuta non solo intollerabile (“sa dottore, io mi devo alzare presto la mattina per andare a lavorare e non posso perdere il sonno per quella…”) ma anche imbarazzante perché in stanza con loro dormiva anche il figlio più piccolo (…e come glielo spiego se si sveglia e mi chiede:che sta succedendo papà?…quello è piccolo ma mica stupido”).
TRA IL SERIO E IL FACETO Dopo un po’ che eravamo al telefono mi sono accorto che, nonostante la storia all’inizio mi avesse suscitato una certa ilarità, la questione in sé era seria e non andava sottovalutata anche perché mi sono reso conto che questi amplessi rumorosi e continui della vicina stavano provocando nel condomino una vera e propria nevrosi (se non la smette un giorno o l’altro le suono alla porta e vede che macello succede…io e mia moglie non ne possiamo proprio più, mi creda dottore io faccio uno sproposito…). Così, immedesimandomi nella loro situazione, al posto di trincerarmi dietro un laconico “ma guardi…secondo me dovrebbe rivolgersi ai carabinieri, alla polizia…insomma faccia una denuncia” mi sono impegnato a cercare una soluzione promettendogli che avrei rappresenato personalmente le sue doglianze alla vicina affinchè, per lo meno, riducesse le immissioni sonore delle sue effusioni amorose.
A QUESTO PUNTO L’IMBARAZZO ERA MIO… Non appena ho riattaccato il ricevitore mi sono subito pentito della promessa fatta all’insonne condomino anche perché, credo che capiate, non è facile dire ad una persona “scusi signora potrebbe fare meno rumore quando fa l’amore …, sa i suoi vicini sentono tutto e non riescono proprio a dormire la notte”. In verità il regolamento di quel condominio prevede espressamente il divieto di immissioni di rumori molesti e a me, in qualità di amministratore, incombeva l’onere di farlo rispettare o almeno di provarci. Mi sono, dunque, fatto coraggio, tentando di rappresentarmi nella mente la “parte” da interpretare per trovare le parole giuste e soprattutto l’approccio giusto. Dovevo cominciare la telefonata con la condomina “caliente” facendo “l’amicone” oppure dovevo assumere un tono deciso e molto professionale? Insomma vi garantisco che mi sono trovato nella stessa situazione psicologica di un bambino che vive l’ansia della sua prima recita scolastica di fine anno dove gli hanno affibbiato, suo malgrado, il ruolo del protagonista!
MA TUTTO È FINITO BENE! Alla fine però le cose sono andate bene e nonostante durante il colloquio non siano stati pochi i momenti di sincero imbarazzo la signora della porta accanto si è dimostrata molto collaborante. Si è messa a ridere più volte (il che mi ha aiutato ad essere più sereno mentre le contestavo i fatti) limitandosi ad eccepire ciò che in fondo mi aspettavo: “ma che vuole signor amministratore, quei due sono dei bigotti … e poi, mi scusi sa, è tutta invidia…ahahaha”. Ci siamo lasciati con la promessa che avrebbe fatto tutto il possibile per non discturbare più i suoi vicini. Dopo tre settimane mi ha dunque chiamato nuovamente il condomino insonne e mi ha detto: “grazie dottore, è stato veramente bravo, dopo che ha parlato con quella signora (ora era diventata tale) io e mia moglie non abbiamo più sentito rumori ed ora dormiamo bene la notte … grazie davvero”. Grazie al cielo ho pensato io! Ad un certo punto ho anche creduto che la mia voce e le mie parole avessero fatto alla signora l’effetto esattamente contario a quello che il Viagra fa agli uomini visto il buon esito della vicenda o forse, più semplicemente, la mia esuberante condomina non era più riuscita a trovare un partner adeguato alle sue performances ed io ero stato, per l’occasione, solo fortunato. Di certo la questione sembrava del tutto risolta anche se non potevo pretendere che i due vicini diventassero anche buoni amici… “quando la incontro non la saluto nemmeno, sa dottore?” ma di questo credo che sua moglie non se ne dispiacerà affatto.
COME TUTELARSI? Al di là del lieto fine della vicenda mi sono domandato come le cose sarebbero andate finire se la condomina “caliente” se ne fosse infischiata del mio richiamo ed avesse continuato a propagare inequivocabili sonorità nell’appartamento dei vicini durante i suoi amplessi amorosi. Come avrebbero dovuto fare i due vicini, disturbati a tal punto da perderci il sonno, per tutelarsi e per far cessare queste imbarazzanti immissioni? Il nostro ordinamento cosa prevede in proposito? È meglio tutelarsi sotto il profilo penale, denunciando il fatto come reato, oppure è meglio privilegiare gli aspetti civilistici del problema chiedendo l’inibizione dei comportamenti lesivi e richiedendo un risarcimento dei danni? Cercherò quindi di dare una risposta, più tecnica, a questi quesiti.
LA TUTELA PENALE È DAVVERO PRATICABILE? Quello dei rumori e del disturbo del riposo e della tranquillità delle persone rappresenta un argomento di grande attualità specie in ambito condominiale. Ci si deve chiedere, quindi, se tra le immissioni rumorose che possono arrecare disturbo agli altri vicini si devono annoverare anche le effusioni amorose. Per la fattispecie in esame l’art. 659 del codice penale prevede che “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309. Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità”.
COSA SI INTENDE PER DISTURBO? Partendo dal dettato codicistico osserviamo innanzitutto che il disturbo semplice, ossia quello che non viene provocato dallo svolgimento di un mestiere o professione rumorosa, è sanzionato in modo più severo rispetto a quest’ultimo. Il problema è che per applicare la norma e quindi la sanzione penale non è necessario che qualcuno abbia subito un danno. Ciò premesso, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 659 del codice penale, è necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da superare i limiti della normale tollerabilità, anche in relazione alla loro intensità, in modo da recare pregiudizio alla tranquillità pubblica, ovvero alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di persone, anche se non è necessario che siano state tutte disturbate in concreto, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, non assumendo rilievo assorbente le lamentele di una o più persone (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 31 gennaio 2006, n. 3678).
IL DISTURBO PER ESSERE MOLESTO DEVE RIGUARDARE UNA PARTE NOTEVOLE DEI CONDOMINI In buona sostanza si deve affermare che il disturbo circoscritto non integra gli estremi del reato. La Cassazione in una pronuncia del 1995 affermava che “per la configurabilità del reato di cui all’art. 659 c.p. è necessario che i rumori abbiano una certa attitudine a propagarsi, in modo da essere idonei a disturbare più persone. Pertanto, quando si tratta di rumori prodotti in edificio condominiale è necessario che essi, tenuto conto anche dell’ora (notturna o diurna) in cui vengono prodotti, arrechino disturbo ovvero abbiano l’idoneità concreta di arrecare disturbo ad una parte notevole degli occupanti del medesimo edificio” (Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza del 16 gennaio 1995, n. 3348).Ebbene, l’orientamento della Suprema Corte espresso con questa massima, sancita ormai vent’anni fa, è rimasto assolutamente identico e quindi attuale, tanto da esser stata espressamente richiamata dai giudici di legittimità in una recentissima pronuncia dove viene infatti chiarito che “quando l’attività disturbante si verifichi in un edificio condominiale, per ravvisare la responsabilità penale del soggetto agente non è sufficiente che i rumori arrechino disturbo o siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti l’appartamento inferiore o superiore, ma deve ricorrere una situazione fattuale diversa di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo alla totalità o ad un gran numero di occupanti del medesimo edificio, oppure a quelli degli stabili prossimi: insomma ad una quantità considerevole di soggetti. Soltanto in tali casi potrà dirsi turbata o compromessa la quiete pubblica” (Cassazione penale, Sezione I, Sentenza del 19 marzo 2014, n. 12939).
A VOLTE SI PUÒ RICORRERE SOLO ALLA TUTELA CIVILE Richiamando un’altra pronuncia del 2011 in base alla quale, “i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare” (Cassazione penale, Sezione I, Sentenza del 29 novembre 2011, n. 47298) si deve affermare che in assenza di un disturbo generalizzato non sussiste ipotesi di reato. Se le immissioni rumorose non sono pertanto idonee ad “ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio” (Cassazione Penale, Sezione I, Sentenza del 16 gennaio 1995, n. 3348) esse configurano soltanto un illecito civile, avverso il quale si potrà al massimo ricorrere alla tutela del giudice civile chiedendo un risarcimento. Per tutelarsi dai rumori emessi dai vicini (amorosi o no, poco importa) bisogna, dunque, fare riferimento all’art. 844 del codice civile (Immissioni intollerabili) e agli eventuali regolamenti contrattuali. Ovviamente spetta a chi lamenta la violazione di queste norme dare prova dell’illiceità della condotta altrui e nel caso oggi trattato la questione non è di facile soluzione a meno che non si abbia cura di acquisire prove fonometriche degli amplessi o procurarsi testi a favore
COSA DICE LA NORMA? L’art. 844 dispone che “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”. Come si evince dall’esame del testo, la norma sulle immissioni regola i limiti di godimento del proprio fondo rispetto al fondo del vicino anche non confinante. Si è sempre ritenuto, tuttavia, che l’art. 844 del codice civile fosse applicabile anche agli edifici in condominio per i casi in cui un condomino nel godere della propria unità immobiliare cagioni immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo al criterio della valutazione della normale tollerabilità delle immissioni da parte di chi deve subirle. È bene ricordare che una certa tolleranza è sempre necessaria per permettere la vita sociale e di relazione, soprattutto qualora l’attività venga svolta saltuariamente. Secondo gli studiosi del diritto affinchè si possa parlare delle immissioni di cui all’art. 844 del codice civile, per le quali si può chiedere l’inibizione ed il risarcimento dei danni, queste debbono concretizzarsi in attività lecite svolte con carattere di ripetitività, se non di continuità. Se le attività vengono svolte saltuariamente e nei limiti della normale tollerabilità, non vi sono gli estremi affinchè possano essere impedite.
DIFFICILE PERÒ CAPIRE COSA SIA INTOLLERABILE Abbiamo visto che il limite della immissione è dato non dalla normalità del suo esercizio, ma dalla normale tollerabilità, anche in relazione alla specifica situazione ambientale, per chi deve subirla. La tollerabilità è un criterio oggettivo che prescinde cioè dalle caratteristiche e sensibilità di un determinato soggetto. Posto che l’art. 844 del codice civile è applicabile anche agli edifici in condominio per i casi in cui un condomino, nel godere della propria unità immobiliare e delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini, è possibile che i condomini, attraverso regolamento condominiale, disciplinino i reciproci rapporti in materia di immissioni, adottando una norma più rigorosa dell’art. 844. In tal caso la valutazione della liceità o meno dell’immissione deve essere effettuata alla stregua del criterio di valutazione fissato nel regolamento. Ciò non toglie che una certa tolleranza sia sempre necessaria, perchè altrimenti non sarebbe nemmeno possibile la vita in società. Solo quando sarà superata la normale tollerabilità il giudice potrà ordinare la cessazione della causa dell’immissione. Ovviamente lo stesso Giudice avrà cura di considerare che l’immissione di rumori molesti potrebbe essere da considerarsi come meramente tollerabile se avviene di giorno e come intollerabile se prodotta di notte, nel pieno silenzio a cui tutti vorremmo abbandonarci per godere del meritato riposo.
VIGE PERÒ UNA REGOLA D’ORO Al di là della legge e delle sue disposizioni, talvolta di difficile applicazione a causa della necessità di procurarsi prove certe delle violazioni altrui, vige però una regola d’oro che andrebbe sempre osservata, figlia questa di due genitori spesso dimenticati: il padre è il buon senso e la madre l’educazione. La regola è talmente semplice che ci si aspetta un automatismo nell’applicazione da parte di tutti (ma il proliferare delle liti ci dice il contrario) ed è quella che dice: io sono una persona libera e ho dei diritti ma la mia libertà ed i miei diritti conoscono sempre un limite: quello della libertà e dei diritti altrui.
Dottor Massimo Botti - Studio Comite