Ho la sensazione che ancora una volta, ahimè, in barba ai risultati di decenni di battaglie giudiziarie, il legislatore ci stia riservando un bella sorpresina. Pare, infatti, che tra i progetti governativi, e più in particolare tra quelli del nostro ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ci sia quello di ribaltare i criteri sui quali sino ad oggi si è basata la responsabilità professionale dei medici. Sconcertante è stato inoltre constatare quanto poco risalto si sia dato alla notizia e al minestrone che bolle in pentola e che, con ogni probabilità, ci verrà servito, caldo e fumante, con la legge di stabilità di fine anno. Mi spiego meglio: tra i cavalli di battaglia del Ministro della Salute vi è l’abbattimento dei costi derivanti dal fenomeno della medicina difensiva ovvero di quel sistema che induce il personale sanitario a prescrizioni diagnostiche o farmacologiche inappropriate al fine di scansare il rischio di commettere errori e subire un processo giudiziario. L’utilizzo sconsiderato delle prescrizioni mediche costituirebbe per lo Stato, e quindi per i cittadini, un costo insostenibile. Quale soluzione adottare, dunque, per indurre la categoria medica a dormire sonni più tranquilli e al contempo tagliare gli ingenti costi che comporta tutelare la salute degli italiani? Semplice: ribaltare il sistema di regole riguardanti la responsabilità professionale medica su cui si sono basati sino ad ora i giudici nello stabilire la correttezza delle prestazioni erogate e l’ammontare dei risarcimenti. Vediamo come…