Un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza vuole che in caso di infiltrazioni sussista la responsabilità del condominio di un edificio in quanto ritenuto custode dei beni e dei servizi comuni. Il condominio infatti è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie, affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde quindi in base all’art. 2051 del codice civile dei danni da queste cagionati, nonostante i danni siano imputabili a vizi di edificazione dello stabile (cfr. Tribunale di Salerno, Sezione II, Sentenza del 2 agosto 2011). Tale principio è stato ripreso e avvalorato da una recente pronuncia della Suprema Corte che stabilisce inoltre il risarcimento dei danni non patrimoniali...
La Cassazione ha osservato che “la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. sussiste in relazione a tutti i danni cagionati dalla cosa, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, il quale può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno” (Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza del 29 novembre 2011, n. 25239). Pertanto quando non ricorre una circostanza autonoma che interrompa il nesso causale tra evento e danno (nel caso di cui si è occupata la citata pronuncia della Cassazione ad es. il mutamento d’uso del locale da magazzino ad esercizio commerciale ha comportato una diminuzione sensibile dell’areazione dei locali con comparsa di umidità e muffe) il condominio è ritenuto sempre responsabile dei danni alle parti private derivanti da umidità, muffe ed infiltrazioni in genere.
UN CASO INTERESSANTE sotto il profilo processuale, tuttavia, è quello di cui si è recentemente occupato il Tribunale di Monza (sentenza n. 1230 del 07.05.2013): una coppia di condomini, chiamava in giudizio il condominio per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti in conseguenza delle infiltrazioni all'interno del proprio appartamento a causa dell’erronea coibentazione delle pareti perimetrali comuni. Il condominio eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva e chiamava in causa l’impresa costruttrice ex art. 1669 del codice civile, ritenendola unica responsabile dei danni lamentati, riconducibili a vizi di costruzione dell’immobile condominiale. Nel corso del giudizio veniva provato che le infiltrazioni denunciate dai condomini derivavano dall’inidonea impermeabilizzazione del muro comune che divide il locale dal terrazzo sovrastante. Trattasi di vizi addebitabili, in prima battuta, all’impresa costruttrice ex art. 1669 del codice civile, la quale, nell’edificare l’intero fabbricato, non ha adeguatamente provveduto a un corretto isolamento delle pareti perimetrali.
CONDOMINIO O COSTRUTTORE? Poiché l’azione principale è stata promossa dai proprietari dell’appartamento contro il solo condominio per omessa custodia delle parti comuni, il Tribunale ha dovuto, in via preliminare, verificare se, nella fattispecie concreta, ricorressero i presupposti di tale azione. Nel motivare la propria decisione il Tribunale di Monza ha richiamato, invero, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “l’umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l’abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell’edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. Tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Cassazione Civile, Sezione II, Sentenza del 15 aprile 1999, n. 3753)”. Il Tribunale osserva quindi che al condominio può ascriversi una responsabilità diretta posto che lo stesso, pur successore a titolo particolare del costruttore, non subentra nella sua personale responsabilità, legata alla specifica attività di quest’ultimo e fondata sull’art. 1669 del codice civile e che, peraltro, l’eventuale concorrente responsabilità del costruttore non può essere assimilata al caso fortuito idoneo a liberare il condominio da ogni responsabilità.
CHI E’ RESPONSABILE? In sintesi il Tribunale, espletata l’istruttoria, durante la quale sono stati acquisiti gli esiti di un accertamento tecnico preventivo (ATP) ed è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio, ha deciso che il condominio è responsabile per i danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti dei proprietari ex art. 2051 c.c. mentre l’impresa, a sua volta, è responsabile verso il condominio ai sensi dell’art. 1669 c.c.. La motivazione è interessante perché il Giudice afferma “che nell’ipotesi in esame non può in alcun modo ritenersi automaticamente estesa la domanda proposta dagli attori ai sensi degli art. 2051 e 2043 c.c. nei confronti del solo condominio avendo quest’ultimo richiamato nei confronti della società costruttrice la diversa responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. che, sebbene pacificamente di natura extracontrattuale ,ha struttura e presupposti diversi da quelli di cui agli artt. 2051 e 2043 c.c.”
DANNI PATRIMONIALI E NON Il Tribunale ha accolto anche la richiesta avanzata dai proprietari per il ristoro dei danni non patrimoniali. Il Giudice, richiamando la nota sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, n. 26972 del 15.11.2008 sul danno esistenziale e facendo riferimento alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ha riconosciuto la proprietà quale diritto fondamentale che va tutelato da ogni forma di limitazione o aggressione illecita e ingiustificata. In altre parole il disagio conseguente alle infiltrazioni e alle muffe da queste prodotte, ha rappresentato per i proprietari un danno ingiusto nel godimento del loro bene aggravato dal fatto che questo ha cagionato un danno alla salute (in questo caso un certificato dell’ASL accertava l’invivibilità della casa) e una reale compressione del loro diritto di utilizzare appieno il loro immobile. Per tale motivo il Tribunale di Monza, una volta verificate la sussistenza di tali condizioni si è pronunciato accogliendo la richiesta dei condomini al risarcimento dei danni anche non patrimoniali.
LA SENTENZA è da accogliere con un plauso poiché rappresenta una delle poche e coraggiose decisioni in cui viene riconosciuta la sussistenza del danno non patrimoniale in termini esistenziali pur dipendente dalla tutela del diritto di proprietà.