Accade più spesso di quanto non si creda, lei lo lascia e lui non si rassegna e allora per ripicca dice: “sai che c’è? I figli, d’ora in poi, sono affare tuo e non voglio più saperne nulla, pagherò quel tanto che basta, se potrò e se vorrò, ma per il resto dovrai arrangiarti da sola”. Oppure, lui si invaghisce della giovane segretaria o collega di lavoro e perde la testa: “cara mia me ne vado, la vita mi offre un’altra possibilità e quindi non voglio più saperne né di te né del pargolo”. Potrei raccontarne molte altre, ma ciò che risulta importante sottolineare è la circostanza per la quale in queste situazioni, prima o poi, bisogna affrontare alcune decisioni, nell’interesse della prole, a cui, secondo quanto stabilisce la prassi ed il nostro ordinamento giuridico, occorre partecipare congiuntamente in virtù della responsabilità genitoriale. Mi riferisco alle scelte che riguardano per esempio la salute, la confessione religiosa, l’istruzione o anche il cambio della residenza abituale. In tutti questi casi la Legge prevede che i genitori debbano essere congiuntamente presenti, così come in tutte le decisioni di maggior interesse per i figli. Ma se l’altro sparisce e, di fatto, rende difficile o addirittura impossibile l’assunzione di tali decisioni, che fare?