Qualche tempo fa un caro amico mi raccontava che il portiere
dello stabile in cui vive pone in essere nei suoi riguardi condotte
irrispettose e denigratorie. Mi diceva che, dopo aver più volte trovato
sguarnita la guardiola per periodi di tempo molto lunghi, si era permesso di
richiamare lo stesso ad un comportamento aderente alle mansioni per le quali
era stato assunto invitandolo ad una maggiore attenzione nelle pulizie dello
stabile e ad una presenza costante all’ingresso dell’edificio in considerazione
della sua funzione appunto di custode. Mi precisava inoltre di aver effettuato
delle piccole indagini e di aver scoperto che, durante le prolungate assenze
dalla portineria, il furbetto si occupava delle pulizie di alcuni appartamenti
e di altre piccole incombenze quali, ad esempio, il pagamento di bollette
presso il vicino ufficio postale e piccole spese per taluni condomini di cui
godeva simpatia e fiducia. In risposta ai legittimi richiami effettuati da uno
dei suoi datori di lavoro, il signore in questione, anziché scusarsi e
rassicurare il suo interlocutore aveva, per giunta, proferito parole ingiuriose
ed offensive evidenziando che godeva della stima di molti altri proprietari e
che non sarebbe mai riuscito a licenziarlo. E voi, cari lettori, vi siete mai
trovati in questa sgradevole situazione? È proprio vero che il custode che
assume questo atteggiamento possa farla franca? Vediamolo insieme …
DUE VIE PER LICENZIARE IL PORTIERE Innanzitutto occorre dire che il servizio di portierato è
regolato dal “collettivo nazionale per i
dipendenti da proprietari di fabbricati” (CCNL) il quale prevede la
possibilità di licenziare il portiere di uno stabile per due ragioni: la prima per giusta causa, vale a dire per condotte negligenti del
dipendente, regolamentate dal contratto collettivo o da quello individuale,
oppure per gravi inadempienze dello stesso (come nel caso descritto) e la seconda perché il servizio non è più
utile e, quindi, per giustificato motivo
oggettivo. In questo secondo caso la soppressione può essere assunta dal
Condominio in qualsiasi momento senza che tale decisione possa essere sindacata
dal giudice; se però il servizio di portierato era previsto dal Regolamento Condominiale, l’assemblea che intende sopprimere tale figura dovrà prima
procedere alla modifica del Regolamento stesso.
LICENZIAMENTO PER SOPPRESSIONE DEL SERVIZIO Non si tratta evidentemente dell’ipotesi descritta
nell’incipit, ma merita ugualmente due parole di approfondimento. Quando,
infatti, si presenta il caso in cui il servizio di portierato non serva
effettivamente più, e la sua abolizione non sia meramente pretestuosa, il
Condominio può, a proprio insindacabile
giudizio, con riguardo ad opportunità e congruità, eliminare il servizio
stesso. In questo caso, l’assemblea dei condomini, riunita in seconda
convocazione, può decidere l’abolizione ma occorre che la delibera venga assunta con
la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 1/3 del valore
complessivo dell’edificio. Se, poi, il servizio di portierato era previsto
dal Regolamento di Condominio,
occorre che questo venga modificato mediante un’ulteriore delibera che deve
essere assunta dall’assemblea con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma
2, del codice civile. A questo punto, l’Amministratore può procedere con il “licenziamento per giustificato motivo
oggettivo”. Il preavviso da dare
al custode varia a seconda del CCNL applicato: 12 mesi nel caso di CCNL di
Confedilizia e 6 mesi nell’ipotesi di CCNL Federproprietà-Confappi.
LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA Qualora, invece, si verificasse il caso in cui il portiere
assuma comportamenti negligenti come
quelli in premessa descritti, o addirittura si rendesse responsabile di gravi inadempimenti, come ad esempio la
distruzione della posta ritirata e indirizzata ai condomini o il presentarsi in
servizio ubriaco, l’Amministratore, in applicazione di quanto disposto
dall’art. 2 della Legge 108 del 1990, comunica la decisione al diretto interessato per iscritto, indicando il
preavviso. Pur potendo l’Amministratore procedere personalmente in adempimento
dei suoi poteri gestori è comunque consigliabile che la decisione venga assunta
dall’assemblea dei condomini che, in tal caso, delibera secondo le maggioranze
ordinarie. Entro quindici giorni dal ricevimento di tale comunicazione, il
portiere ha la facoltà di chiedere che vengano esplicitati i motivi del licenziamento. In tale
ipotesi, il Condominio ha sette giorni di tempo per rispondere, sempre in forma
scritta. Qualora il portiere non usufruisse dell’alloggio dovrà essere dato un preavviso con raccomandata di 45 giorni
che salgono a tre mesi se utilizza un alloggio all’interno dell’edificio
condominiale.
LAVORETTI “EXTRA” SOLO DOPO L’ORARIO DI LAVORO Mentre è in servizio, il portiere deve svolgere i propri
compiti senza assentarsi se non per lo svolgimento delle mansioni contrattuali.
Ciò significa che non può svolgere
lavoretti a favore dei singoli condomini durante l’orario di servizio. Se
lo facesse si renderebbe responsabile di inadempimento contrattuale grave e
sarebbe passibile di sanzioni e persino di licenziamento. L’Amministratore, su
segnalazione anche di un solo condomino, ha l’onere di contestare la condotta e
avvisare il lavoratore che, qualora tali condotte si verificassero ancora,
potrà essere licenziato. Fuori dalle ore
lavorative, benché assegnatario di alloggio, il portiere non ha più alcun obbligo di essere presente
nell’edificio ed è quindi libero di svolgere qualunque altra attività di
lavoro, a condizione, però, che non abbia ad oggetto il medesimo servizio di
portierato. Solo il custode part time può infatti svolgere un secondo lavoro
con le medesime caratteristiche.
…E DULCIS IN FUNDO, IL TURPILOQUIO È SEMPRE VIETATO! Lo hanno detto a chiare lettere i giudici della Cassazione
che, chiamati a pronunciarsi su un caso simile a quello descritto nel prologo,
hanno stabilito che il portiere che parla male oppure offende uno o più
condomini o operatori dello stabile è passibile di licenziamento. Ed, infatti,
il turpiloquio di un portiere nei confronti del condomino è “un comportamento contrario al vivere civile
della comunità dell’edificio” che interrompe quel legame di fiducia che
deve sussistere tra datore e prestatore di lavoro facendo sussistere la giusta
causa nel licenziamento (Cassazione
Sezione Lavoro civile, 12 dicembre 2007, n. 26073).
Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite