venerdì 20 marzo 2015

QUANDO L’INQUILINO SE NE VA E CI LASCIA SGRADEVOLI SORPRESE


Affittare un immobile molto spesso è un terno al lotto e, quindi, perché le cose vadano come ci si aspetta ci vuole una buona dose di fortuna. Di questi tempi, poi, trovare persone serie ed affidabili, puntuali nei pagamenti, che si comportino bene rispettando le buone regole della civile convivenza e abbiano cura della “nostra” casa sta diventando veramente una chimera. Anche quando il contratto scade, poi, i problemi non sono finiti. Non è affatto raro infatti constatare, quando l’inquilino se ne va restituendoci l’immobile che gli avevamo affittato, che, nostro malgrado, l’appartamento (o l’ufficio) presenta evidenti danni che sono incompatibili con il normale stato d’usura determinato dal semplice decorso del tempo oppure presenta sgradite trasformazioni e/o innovazioni cioè modifiche sostanziali dello stato di fatto dei locali che di certo non avevamo autorizzato. In entrambi i casi queste “sorprese” ci renderanno molto più difficile locare nuovamente l’immobile in breve tempo e ci obbligheranno a metter mano al portafoglio per renderlo nuovamente “presentabile”. In questi casi come possiamo tutelarci?

IL CODICE CIVILE CI AIUTA Per dare una risposta cominciamo innanzi tutto a richiamare l’art 1590 del codice civile che testualmente dispone “il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà. Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate.” Il punto di partenza della questione deve essere individuato quindi nel diritto del locatore a vedersi restituito il bene nel medesimo stato di fatto in cui lo stesso si trovava quando è stato concesso in locazione all’inquilino. Questo diritto ovviamente subisce una (ragionevole) limitazione nel deterioramento dei beni, degli impianti ed eventualmente degli arredi dell’unità locata conseguente al normale uso che ne faccia il conduttore medesimo durante il tempo della locazione. Allo stesso modo il conduttore non sarà ritenuto responsabile allorché il deterioramento delle cose locate non derivi da una carente od omessa manutenzione ma dalla vetustà delle stesse. 

UN MOMENTO IMPORTANTE: LA CONSEGNA DELLE CHIAVI... Bisogna precisare che, una volta cessato il rapporto locatizio per qualsiasi ragione (termine naturale del contratto, sfratto, recesso etc.) l’obbligo di restituzione dell’immobile locato, che grava sul conduttore a norma dell’art. 1590 del codice civile, deve ritenersi adempiuto mediante la restituzione delle chiavi dell’immobile o, comunque, con l’incondizionata messa a disposizione del medesimo. In tale frangente è ritenuta assai utile la prassi (non sempre seguita) di redigere un verbale di consegna dell’immobile dove è possibile apporre annotazioni in ordine allo stato della cosa. Può quindi accadere che al momento della consegna dell’immobile, questo presenti danni eccedenti il degrado d’uso, o addirittura modifiche o innovazioni mai consentite al conduttore. Si pone quindi la questione se, in tale caso, il locatore possa rifiutare la consegna delle chiavi in attesa che il conduttore ripristini l’immobile nel medesimo stato in cui lo aveva ricevuto o risarcisca i danni subiti dal locatore. Sul punto si è espressa la Suprema Corte affermando, in sintesi, che nell’ipotesi in cui al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per lesecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto, da parte di terzi, richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 31 maggio 2010, n. 13222).

...CHE PUÒ ESSERE RIFIUTATA A ribadire questo questo orientamento è intervenuta ancora più recentemente la stessa Suprema Corte che ha stabilito che in materia di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 del codice civile, rimane tenuto altresì al pagamento del canone secondo quanto previsto dall’art. 1591 del codice civile, quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto. Per completezza richiamiamo anche la norma testé citata che espressamente dispone che “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”. Si rammenta, tuttavia, che il locatore deve dimostrare tale maggior danno che può derivare, ad esempio, dal fatto di aver dovuto prendere in locazione un altro immobile o dal non aver potuto percepire un più alto canone pattuito con terzi (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 24 maggio 2013, n. 12977).

MA ATTENZIONE: NON TUTTI I DANNI SONO UGUALI... Per non ingenerare confusione è necessario tuttavia distinguere l’entità e la natura dei danni in quanto non sempre è concesso al locatore rifiutare la consegna o la messa a disposizione dell’immobile da parte del conduttore. Secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente quando l’immobile offerto in restituzione dall’inquilino si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all’inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, si trovi comunque in cattivo stato locativo, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere l’inquilino adempiuto all’obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, oppure per avere l’inquilino medesimo effettuato trasformazioni o innovazioni che abbiano alterato in modo sostanziale lo stato di fatto dell’immobile tanto da diminuirne il suo valore economico o il pieno godimento secondo l’uso e la destinazione originaria. Come è facile comprendere nel primo caso, trattandosi di rimuovere deficienze o piccoli danni che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria ed economicamente gravosa, l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello status quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, fatto salvo comunque il diritto al risarcimento danni per violazione dell’art. 1590 del codice civile. Nel secondo caso, invece, poiché l'esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un’attività straordinaria ed un impegno economico rilevante, il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta. La conclusione è allora nel senso che, qualora il conduttore abbia arrecato all’immobile gravi danni o effettuato innovazioni non consentite di un rilievo tale che per la loro riparazione sia necessario l’esborso di notevoli somme per eseguire le opere di ripristino, è legittimo il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione dell’immobile fino a quando quelle somme non siano state corrisposte dal conduttore

...E VANNO PROVATI Accade spesso che a fronte delle contestazioni del proprietario per i danni subiti l’inquilino si opponga alle pretese di risarcimento eccependo che l’immobile si trovava, in realtà, in cattivo stato di manutenzione e che i danni lamentati non sono a lui imputabili. Ovviamente questa situazione di contrasto di opinioni genera inevitabilmente controversie sul piano giudiziario specie se all’inizio del rapporto contrattuale le parti non abbiano provveduto a redigere una precisa descrizione dell’immobile concesso in locazione. Qualora questa descrizione manchi l’art. 1590 del codice civile opera una presunzione in favore del locatore disponendo, al secondo comma, appunto che “in mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione”. Questa disposizione è da molti ritenuta una mera clausola di stile spesso richiamata negli stessi contratti di locazione senza tuttavia essere accreditata di una reale efficace probatoria in ordine allo stato originario dell’immobile che viene dato in locazione. In verità le clausole di stile sono quelle espressioni generiche frequentemente contenute nei contratti o negli atti notarili, che per la loro eccessiva ampiezza e indeterminazione rivelano la funzione di semplice completamento formale, mentre non può considerarsi tale la clausola che abbia un concreto contenuto volitivo ben determinato, riferibile al negozio posto in essere dalle parti. Allora bisogna domandarsi che valenza abbia la disposizione contenuta nell’art. 1590 con riguardo all’esecuzione del contratto. Sulla questione è stata interessata, ancora una volta, la Suprema Corte che ha affermato un principio che, a mio giudizio, rappresenta un punto cardine sotto il profilo interpretativo. 

IL CASO CONCRETO La vicenda di cui è stata investita la Corte di Cassazione riguardava una lite insorta a seguito della richiesta avanzata dalla parte locatrice di essere risarcita per i danni dovuti al deterioramento arrecato all’immobile e non dovuto al suo normale uso constatato dopo l’avvenuto rilascio dello stesso da parte del conduttore. Nel caso di specie le parti avevano omesso di redigere all’inizio del rapporto un’analitica descrizione dei locali inserendo nel contrato una clausola generica con cui il conduttore dichiarava “di aver visitato i locali e di averli trovati esenti da vizi ed in buono stato locativo”. Il Tribunale di Pordenone, in prima istanza, ha rigettato la richiesta del locatore motivando che questi non avesse fornito adeguata prova del fatto costitutivo della sua pretesa e che l’ascrivibilità al conduttore dei danni, sebbene riscontrati nella consulenza tecnica espletata in corso di causa, fosse da escludere anche sulla scorta delle prove testimoniali assunte. Avverso tale pronuncia del Giudice di prime cure il locatore ha proposto appello a seguito del quale la decisione di primo grado è stata riformata rilevando, invece, che il conduttore, in sede di stipulazione del contratto, aveva dichiarato di avere visitato i locali concessi in locazione e di averli trovati esenti da vizi ed in buono stato locativo. La Corte riteneva, infatti, che tale dichiarazione contenuta nel contratto costituiva una confessione stragiudiziale avente valore di prova legale e, dunque, il conduttore non poteva sostenere di aver ricevuto, come invece ha sostenuto la sua difesa, l’immobile nelle stesse condizioni in cui l’aveva restituito: da ciò la condanna del conduttore a riportare l’immobile nello stato quo ante ovvero di buona manutenzione. Tale pronuncia è stata, dunque, nuovamente impugnata avanti al Supremo Collegio.

LA CASSAZIONE E LA CLAUSOLA DI STILE Ricorrendo davanti alla Suprema Corte il conduttore ha sostenuto  che il giudice di secondo grado (Corte di Appello di Trieste) non avrebbe dovuto assegnare qualificazione e valore confessorio alla dichiarazione secondo cui i locali concessi in locazione erano esenti da vizi ed in buono stato locativo integrando questa una semplice clausola di stile nei contratti di locazione e che, contrariamente a quanto risultante da detta clausola, la condizione di degrado del bene locato preesisteva alla stipulazione del contratto. Decidendo sulla controversia la terza sezione della Cassazione ha respinto le eccezioni dell’inquilino ricorrente ribadendo, in linea con la sentenza d’appello, che all’attestazione di buono stato dell’immobile e di assenza di vizi effettuata in contratto “non può che essere attribuito valore probatorio preminente, dato che lo scopo di essa è quello di precostituzione della prova in ordine alla qualità, alla quantità ed allo stato dei beni concessi in godimento, proprio per consentire al conduttore, nel corso del rapporto, di fissare la portata esatta del dovere di diligenza che deve osservare nell’uso del bene locato, e per evitare, all’esito della cessazione della locazione, contestazioni in ordine al contenuto della prestazione dal conduttore stesso” (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 29 novembre 2013, n. 26780). La Suprema Corte ha ricordato, altresì, che anche quando la descrizione fosse mancata, avrebbe comunque operato la presunzione della consegna in buono stato posta, appunto, dal secondo comma dell’art. 1590 del codice civile. 

LEGGETE CIÒ CHE FIRMATE Tenuto conto di tale orientamento è bene ricordare che chiunque si appresti a sottoscrivere un contratto di locazione deve porre dovuta attenzione alle clausole in esso contenute. Le condizioni contrattuali con le quali l’inquilino dichiari di conoscere lo stato di fatto in cui si trova l’immobile, di considerarlo idoneo all’uso convenuto ed alle proprie esigenze, in buono stato di manutenzione ed efficienza ed esente da vizi che possano pregiudicarne il pacifico e pieno godimento, sulla scorta dell’interpretazione giurisprudenziale qui considerata, lungi dal risolversi in mere clausole di stile, integrano invece la descrizione dell’immobile che, ai sensi dell’art. 1590 del codice civile, segna l’ambito della responsabilità del conduttore per i danni o il degrado riscontrati al momento del rilascio. Se poi tale descrizione non sia stata formulata poco importa: opererà comunque la presunzione legale di buono stato del bene al momento della consegna. Certo è che concetti quali quello di “buono stato” hanno, evidentemente, un contenuto ed un significato assai ampio. Elevare il concetto di “buono stato” quale parametro di valutazione della conformità delle condizioni del bene restituito rispetto a quelle del bene consegnato può in realtà risultare non del tutto certo e soddisfacente posto che il deterioramento della cosa, intesa in senso lato, può assumere contorni diversi e talvolta del tutto soggettivi. La cautela dovrebbe, quindi, consigliare al conduttore di pretendere al momento della consegna una descrizione completa e dettagliata dell’immobile (magari corredata da fotografie), dei suoi impianti e di eventuali dotazioni, descrizione che poi farà parte integrante del contratto e che, probabilmente, agevolerà le parti ad evitare annosi quanto costosi contenziosi.

Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite