Negli
anni ’80 e ’90 il nostro Paese si è reso protagonista di una vicenda oscura e
dolorosa. Non si tratta di episodi di criminalità organizzata o di scandali
politici, ma di malasanità. Immaginate di aver bisogno di una trasfusione di
sangue e di recarvi all’ospedale pensando di trarne solo benefici. Immaginate,
dopo qualche tempo, di iniziare ad accusare debolezza, senso di nausea,
mancanza di appetito e di essere sempre febbricitanti. A cosa pensereste? Molto
probabilmente ad un virus presente nell’aria oppure ad un periodo di stress: in
entrambi i casi a situazioni temporanee, guaribili con una semplice aspirina.
Purtroppo, per molte persone così non è stato perché il presunto malessere
passeggero si è trasformato in una delle malattie più gravi fino ad oggi
scoperte e, quindi, chi si era sottoposto ad una trasfusione ematica, in quel
periodo, ha scoperto di aver contratto l’epatite C. Rabbia, dolore, incredulità
e la voglia di capire chi, perché e cosa avesse provocato quella malattia, sono
i sentimenti provati da queste persone. Quali sono i rimedi giudiziari previsti
in tali ipotesi? Chi è il soggetto responsabile? Cosa si può domandare e chi ha
il potere di farlo? Vediamo un po’ insieme…