venerdì 8 gennaio 2016

È ARRIVATA LA BEFANA, IN TRIBUNALE


Pare strano a dirsi ma è proprio così: nelle aule di tribunale è finita anche la simpatica, ma decisamente bruttina, signora del 6 gennaio. Per rendere bene l’idea occorre scavare un po’ nell’immaginario di ognuno di noi e pensare alla figura della Befana, tanto cara ai bimbi, dispensatrice di dolcetti e carbone, a seconda delle buone o cattive azioni che si sono compiute e talvolta richiamata in senso decisamente dispregiativo. Chiudete allora e gli occhi e rammentate le fattezze dell’anziana donna: decisamente vecchietta, rugosa, con naso adunco e imponente, voce roca e profonda, vestita di abiti logori e forse un po' contadineschi. Insomma, diciamola tutta, la befana rappresenta fisicamente ed esteticamente tutto ciò che nessuna donna vorrebbe essere mai, tanto che al di fuori delle simpatiche vignette che ormai imperversano il giorno dell’Epifania dedicate alla vecchina, e quindi al di fuori di un contesto di per sé scherzoso, rivolgersi a una donna, in qualsiasi altro momento dell’anno, con l’epiteto di befana, crea un certo disappunto e allora, via con le denunce e le citazioni giudiziarie…

IL REATO DI MOLESTIA O DISTURBO ALLE PERSONE Innanzitutto è bene ricordare il contenuto dell’art. 660 del codice penale il quale dispone che: “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. La giurisprudenza di legittimità maggioritaria ritiene che si concretizzi la petulanza tutte le volte in cui si si pone in essere una condotta di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo sarebbe l’elemento fondamentale per poter, appunto far riferimento a questa ipotesi di reato (Cassazione penale, Sentenza del 24 novembre 2011, n. 6908). In concreto, le ipotesi di molestie più frequenti ed analizzate dai tribunali sono quelle che si verificano attraverso gli sms inviati tramite telefono che devono appunto essere, secondo la maggior parte delle sentenze, frequenti. Non mancano, tuttavia, anche pronunce che hanno ritenuto sussistente il reato anche in presenza di un solo sms se lo stesso è idoneo a creare disagio nella vittima (Cassazione penale, Sentenza del 16 settembre 2003, n. 35554).

ATTENZIONE AGLI SMS CON CUI SI DA DELLA BEFANA Questo, dunque, è proprio il punto esaminato, per la verità ormai da qualche tempo, ma che mi è parso giusto rispolverare proprio in occasione e a distanza di qualche giorno dalla festa. Secondo i giudici della Suprema Corte l’invio anche di soli due sms offensivi a mezzo dei quali si da della befana a qualcuno è di per sé sufficiente affinché si realizzi il reato di molestie, secondo la previsione dell’art. 660 del codice penale. Infatti, l’epiteto in questione, inserito in un contesto di offesa più ampio, è idoneo a far tenere sussistente la molestia ed il disturbo della persona offesa. Peraltro, la norma tutela più interessi e tra questi, oltre alla tranquillità della vittima, anche quello dell’ordine pubblico che si concretizza tutte le volte in cui semplicemente venga messo in pericolo per la possibile reazione della persona offesa (Cassazione penale, Sezione I, Sentenza del 17 gennaio 2013, n. 2597).

IL CASO La questione considerata in ultimo trae spunto dalla vicenda esaminata dai giudici di merito che avevano condannato una donna, cognata della vittima, la quale aveva appunto offeso la moglie del fratello inviandole due sms in cui sostanzialmente le notificava la circostanza che meritava le corna messe dal marito, di cui tutti tranne lei erano a conoscenza, in quanto lo stesso era bello e giovane mentre lei altro non era che una befana. Insomma immaginatevi lo stato d’animo della poveretta che contestualmente scopre di essere stata tradita dal marito giovane e prestante mentre lei viene considerata nel senso che noi tutti riteniamo. La conferma della condanna, da parte dei giudici della Suprema Corte, mi pare francamente più che giustificata, sotto ogni profilo.

MA NON FINISCE QUI La befana è entrata nell’aula del Tribunale amministrativo catanese, anche di recente, in occasione del ricorso presentato da un carabiniere il quale si era visto comminare la sanzione del rimprovero dopo che, in occasione di un alterco con una privata cittadina, generatosi durante un controllo sulla pubblica via, si era lasciato scappare l’ingiurioso epiteto rivolgendosi appunto alla signora, giudizio ritenuto fortemente lesivo della dignità di quest’ultima che dava luogo persino a rimostranze da parte del pubblico ufficiale non degenerate solo grazie all’intervento di un collega dello stesso. Naturalmente, com’era giusto che fosse, il giudice amministrativo ha confermato la sanzione disciplinare (T.A.R. Catania Sentenza n. 839 del 2015). In un’altra occasione, meno recente, il Tribunale di S. Maria Capua a Vetere ha condannato un uomo che in occasione della separazione dalla moglie aveva dato della befana alla ormai quasi ex suocera; nella sentenza si legge che l’uomo non perdeva occasione per offenderla. Per il Tribunale le frasi ingiuriose, sono “tali da offendere l’onore e il decoro della stessa, beni della personalità morale e sociale dell’individuo oggetto di una specifica tutela da parte dell’ordinamento giuridico e che meritano, pertanto, il massimo rispetto da parte di tutti i consociati” (Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, Sentenza n. 1642 del 2009).

CONCLUDENDO fate ammenda di queste poche righe e ricordate che dare della befana ad una signora, oltre che ad essere decisamente poco elegante e rispettoso, può costare veramente caro.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite