In virtù di alcuni commenti, apparsi sui social, al post pubblicato in data 8 febbraio 2014 dal titolo “SE FAI I SOLDI MI AUMENTI L’ASSEGNO”, ritengo opportuno approfondire l’argomento con l’auspicio, in questo modo, di far comprendere che l’informazione giuridica corretta è un presupposto fondamentale per la richiesta di tutela e ciò a prescindere dalle parti rappresentate e soprattutto da ciò che potrebbe essere avvertito, da taluni, come “business”. Fatta questa doverosa e opportuna premessa, credo sia necessario innanzitutto chiarire il motivo per cui, in materia di diritto di famiglia, è possibile tornare su questioni già affrontate e decise dai giudici senza che, con questo, si possa parlare di “sentenze illegali” o peggio di “aumento retroattivo dell’assegno di mantenimento”. L’aumento o la diminuzione dell’assegno in favore dell’altro coniuge, così come del contributo al mantenimento per i figli, disposti da un altro giudice, in un secondo momento, rispetto a quello della separazione o del divorzio, non sono mai retroattivi né le decisioni in tal senso possono essere considerate illegali poiché poggiano su principi normativi specifici e relativi al diritto di famiglia per rispondere alle esigenze che, naturalmente, in tale ambito, sono passibili di cambiamento (si pensi per esempio a un figlio e a come mutino nel tempo le esigenze dello stesso in relazione alle diverse fasi evolutive). Il magistrato cui vengono sottoposti i c.d. fatti nuovi, infatti, dispone per il futuro in relazione alle sopravvenute circostanze attuali evidenziate nel processo. Tale affermazione trova riscontro nella legge…