Dopo l’uscita da scuola,
la ricreazione rappresenta sicuramente il momento più atteso dagli studenti di
tutti gli istituti scolastici, di qualunque grado e di ogni tempo. Quei dieci
minuti sottratti ad un’ora di lezione rappresentano, infatti, un momento non
solo per rilassare le menti e recuperare la concentrazione, ma anche per
socializzare, fare merenda, andare ai servizi. Ma, proprio perché atteso, il
momento della ricreazione viene spesso utilizzato, da insegnanti e dirigenti
scolastici soprattutto delle scuole secondarie, come uno strumento per
sanzionare comportamenti giudicati troppo indisciplinati di alunni o di intere
classi, arrivando addirittura a negarlo. Tuttavia, la circostanza che tale
forma di sanzione disciplinare venga adottata normalmente e anche con una certa
naturalezza, non significa però che essa sia sempre legittima e non debba
tenere conto dei diritti degli
studenti. Vediamo in che modo…
DIALOGO, RICERCA ED
ESPERIENZA SOCIALE… Il
decreto del presidente della repubblica N. 249/1998 che delinea lo statuto delle studentesse e degli studenti
della scuola secondaria, individua i diritti e i doveri degli studenti. In
esso, la scuola è vista e definita come una comunità di dialogo, di ricerca, di
esperienza sociale volta alla crescita della persona in tutte le sue
dimensioni, ove ognuno ha pari dignità pur nella diversità dei ruoli e la vita
al suo interno si basa sul rispetto reciproco di tutte le persone che la
compongono, quale che sia la loro età e condizione. Gli studenti, in
particolare, hanno il diritto alla
partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola, e i dirigenti
scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto,
attivano con gli studenti un dialogo
costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di organizzazione della scuola. Sicché, nei casi in cui una decisione
influisca in modo rilevante sull’organizzazione della scuola, gli studenti,
anche su loro richiesta, possono essere chiamati ad esprimere la loro opinione
mediante una consultazione.
… E CONFRONTO PER LO
SVILUPPO DELLA PERSONALITÀ La ricreazione rappresenta una delle modalità attraverso cui
si esplica e si realizza quel confronto tra individui a cui tende l’istituzione
scolastica ed attraverso cui si sviluppa la personalità degli alunni. Essa,
pertanto, deve essere regolamentata, nella durata, nelle modalità di
svolgimento e quindi, anche nelle limitazioni. Ciò avviene nel regolamento di istituto, di competenza
del consiglio a cui competono gli atti di indirizzo e programmazione generale,
a cui il dirigente scolastico deve solo dare attuazione. Solo questo varrebbe
per far ritenere del tutto arbitrario ed
illegittimo ogni provvedimento che, seppure per la tutela della salute e
sicurezza degli studenti ed in assoluta buona fede sotto il profilo soggettivo,
deroghi a quanto previsto dal
regolamento di istituto in via generale e astratta in materia di ricreazione.
Ancor più laddove la limitazione o negazione, seppure temporanea, della
ricreazione sia utilizzata quale estemporanea sanzione disciplinare,
individuale o collettiva che sia.
SANZIONARE MA NON NEGARE
I provvedimenti disciplinari, infatti, oltre che a dover essere
anche essi specificamente previsti dai regolamenti d’istituto, devono
sanzionare la violazione dei doveri previsti e in ogni caso devono avere
finalità educativa e tendere al rafforzamento del senso di responsabilità e al
ripristino di rapporti corretti all’interno della comunità scolastica. Essi
quindi, devono essere proporzionati all’infrazione disciplinare e ispirati al principio di gradualità. È evidente che
una simile sanzione, lungi dal riuscire nel suo intento educativo poiché non
percepito dallo studente, si tradurrebbe in più in una grave e non giustificata
negazione di un momento di confronto, con evidenti effetti mortificanti della personalità degli studenti.
IN SINTESI in mancanza di un’espressa
previsione nel regolamento di istituto e ferma restando la funzione anche formativa
della ricreazione, è illegittima
ogni sua limitazione sia se utilizzata come strumento punitivo, sia se
utilizzata per esigenze di tutela degli alunni stessi, le quali in ogni caso
non tollererebbero una siffatta misura inaudita altera parte, cioè senza alcuna
partecipazione responsabile degli studenti stessi, tesa a trovare una soluzione
condivisa in nome di quel “dialogo
costruttivo” idoneo a stimolare la loro partecipazione responsabile alle
scelte organizzative, che il D.P.R. n. 249/1998 impone espressamente (TAR Abruzzo, sez. Pescara, sentenza del
30/03/2017, n. 112).
Avvocato
Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente Parlando