Dal settembre di
quest’anno, in Inghilterra e Galles, le presunte vittime di violenza sessuale
potranno evitare di testimoniare nell’aula di tribunale e sarà invece possibile
presentare al giudice una testimonianza pre-registrata della vittima. Questo al
fine di evitare loro il trauma di dover affrontare in aula il proprio
aggressore. L’introduzione di questa novità legislativa all’interno di paesi
con tradizione giuridica molto diversa dalla nostra, mi induce a una piccola
riflessione sugli strumenti di tutela approntati dal nostro ordinamento in
favore delle vittime di tale reato. Cosa accade, dunque, in Italia quando la
vittima di violenza sessuale deve testimoniare?
DAL CODICE ROCCO ALLA
RIFORMA DEL 1996 Negli
anni ottanta i reati contro la libertà
sessuale erano rubricati ancora dal codice Rocco del ventennio fascista
come delitti contro la moralità pubblica
e il buon costume; solo con la riforma
del 1996 la legge italiana contro la violenza sessuale (L. 66/1996)
classificò questo reato nel titolo XII del codice penale riguardante i delitti contro la persona.
QUALI GARANZIE? In caso di violenza
sessuale si contrappongo due interessi
fondamentali, da un lato quello della vittima a ottenere giustizia e a
vedersi tutelata dallo Stato, dall’altro quello dell’imputato ad avere un
giusto processo. Quando ci si occupa di reati di questo genere spesso il
giudice valuta la penale responsabilità dell’imputato sulla scorta delle dichiarazioni
rese in sede testimoniale dalla vittima. Ora, se è sacrosanto tutelare la
vittima di un tale reato, bisogna tuttavia che lo Stato assicuri all’imputato
la possibilità di difendersi dalle accuse mosse con tutti i mezzi messi a
disposizione dall’ordinamento.
L’INCIDENTE PROBATORIO… In via principale
l’audizione della vittima andrebbe fatta in sede di incidente probatorio, vale
a dire un istituto giuridico con il quale il Pubblico Ministero, anche su
istanza della persona offesa, o la difesa dell’imputato, possono chiedere di assumere anticipatamente, nel
contraddittorio tra le parti, una prova
nella fase precedente a quella dibattimentale ma, non sempre, questo istituto
garantisce che il soggetto debole non debba poi essere ascoltato nuovamente,
comportando quindi uno nuovo trauma per la vittima-testimone. L’incidente
probatorio permette di ascoltare la
vittima in una sede più attenta alle sue esigenze di quanto non accada
nell’aula di un tribunale. Il giudice, in questo caso, può decidere di assumere
la testimonianza del soggetto vulnerabile anche in un contesto diverso dal
tribunale, avvalendosi di strutture e di personale specializzato e anche nell’abitazione
della vittima, attraverso un contraddittorio tra le parti mediato da un
esperto.
…L’ESAME TESTIMONIALE In sede dibattimentale,
tra i mezzi di prova messi a disposizione, vi è l’esame testimoniale, istituto
con il quale, attraverso la proposizione di domande al teste, da parte del
Pubblico Ministero, degli avvocati e del giudice, si cerca di far emergere una
verità processuale quanto più aderente a quella dei fatti. Il nostro
ordinamento, attento alle esigenze di tutela dei soggetti deboli, ha già posto
delle garanzie nei loro riguardi in sede di esame testimoniale; è infatti
prescritto che per i reati contro la libertà sessuale (ma non solo), commessi
in danno di minore o di maggiorenne infermo di mente, l’esame, su richiesta del
tutore o del difensore della persona offesa è effettuato mediante l’utilizzo di
un vetro specchiato dotato di citofono.
Nel caso la vittima sia maggiorenne, sempre nell’ottica di tutelarla, è
previsto che il giudice assicuri che l’esame venga condotto tenendo conto della
sua vulnerabilità, potendo eventualmente disporre l’adozione di modalità protette, anche ponendo egli
stesso le domande.
IN CONCLUSIONE Pare pertanto, che
l’ordinamento italiano stia cercando di contemperare
gli interessi, da un lato, della presunta vittima della violenza,
offrendole garanzie e tutele volte a renderle meno afflittivo possibile il
momento della rievocazione degli eventi e dall’altro quelli dell’imputato. È
vero che le modalità protette producono un affievolimento dei diritti della
difesa, ma è altresì vero che tale affievolimento appare giustificato dalla
necessità di garantire una quanto più efficace tutela del dichiarante.
Dottor Luca Cantisano –
Redazione Giuridicamente Parlando