Davvero interessante la questione che qualche tempo fa mi ha sottoposto Bice e che ritengo utile condividere con voi! La figlia trentenne, Antonina, sposata e separata, con due figli minori, ha subito, a causa della crisi economica una compressione dello stipendio che non le consentiva, ahimè, di mantenere le spese dell’alloggio preso in affitto. In virtù di tale situazione, e sapendo che la madre possedeva un piccolo appartamento a Milano, oltre a quello in cui viveva, che da diversi anni aveva concesso in locazione, Antonina ha chiesto appunto a Bice di aiutarla permettendole di vivere nella piccola abitazione, messa a rendita da quest’ultima, consentendole di pagare un affitto commisurato alle sue nuove e più ristrette condizioni economiche. Bice, naturalmente, ben lieta di aiutare la figlia in difficoltà senza, peraltro, rinunciare ad una piccola rendita che unita alla pensione le avrebbe consentito comunque di continuare a godere di un’esistenza più che dignitosa, inoltrava immediatamente disdetta all’inquilino poiché, combinazione, la locazione, stipulata secondo le regole della Legge sull’equo canone (Legge 392 del 1978), era giunta ormai, dopo il rituale rinnovo tacito del quarto anno, alla settima annualità e quindi stava ormai per finire (4 + 4). Bice, nonostante il legittimo diritto, ha avuto una fastidiosa sorpresa e un bel po’ di seccature! Cosa è successo?