La sentenza postata qualche giorno fa rappresenta un altro passo verso l’equiparazione, almeno per alcuni fondamentali aspetti, tra famiglia per così dire legittima, ovvero legata dal vincolo matrimoniale, e quella naturale. La decisione, infatti, conferma l’orientamento, ormai consolidato, dei giudici di riconoscere la convivenza quale realtà sociale caratterizzata da una coabitazione stabile tra due persone che si rispettino tra loro e a cui, dunque, è necessario ricondurre diritti e obblighi. Nel nostro Paese la regolamentazione di qualche aspetto, in assenza di una legislazione unitaria che disciplini la materia, è stata demandata talvolta a leggi speciali e altre volte agli stessi giudici i quali, nell’ambito dell’attività interpretativa delle norme esistenti, hanno esteso anche ai componenti della famiglia di fatto tutele analoghe a quelle previste, dall’ordinamento giuridico, per i coniugi. Su tale presupposto i magistrati della Suprema Corte hanno ribadito un principio già affermato in precedenza, pure con riguardo alle coppie omosessuali, sulla base del quale anche la perdita del compagno o della compagna, con cui si coabita stabilmente, avvenuta per un fatto illecito altrui, quale può essere quello di un soggetto che alla guida di un auto provochi un sinistro stradale o quello commesso da un sanitario nell’esercizio della professione medica o ancora quello posto in essere da un datore di lavoro che abbia omesso di dotare di misure antinfortunistiche il lavoratore, da diritto al risarcimento dei danni per lesione di diritti. Vediamo allora quali sono i diritti che vengono lesi da tali comportamenti e in che modo e misura essi danno luogo a danni risarcibili…