venerdì 31 gennaio 2014

LA BICICLETTA DOVE LA METTO...



L’esigenza, sempre più avvertita a livello sociale, di ridurre l’inquinamento urbano provocato dal traffico ha convinto sempre più persone a lasciare a casa la macchina e a utilizzare la bicicletta per i loro spostamenti non soltanto nel tempo libero, ma soprattutto per i tragitti casa scuola e casa lavoro. Il problema sorge, molto spesso, quando ci si accinge a parcheggiare il proprio velocipede all’interno degli spazi comuni condominiali e, in particolar modo, all’interno dei cortili. La scelta di utilizzare questi spazi, infatti, viene di sovente osteggiato dagli altri condomini e l’amministratore, altrettanto frequentemente, non sa che pesci prendere...


IL LEGISLATORE NON USA LA BICICLETTA (EVIDENTEMENTE) Una questione, vorremmo dire preliminare, che ci viene sollecitata dai nostri lettori, è quella relativa all’apposizione di rastrelliere all’interno degli spazi comuni (quali appunto i cortili) fatte installare dall’amministratore senza una preventiva delibera assembleare e destinate ad un ricovero, delimitato quanto ordinato, delle biciclette. Queste installazioni sono semplici modificazioni della cosa comune per un miglior godimento della stessa oppure vanno intese quali “innovazioni” e quindi debbono soggiacere ad una preventiva delibera assembleare assunta con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1120 del codice civile? Innanzitutto va precisato che il legislatore, con la Riforma del Condominio (L. 220/2012), si è “dimenticato” di fare chiarezza sul punto omettendo qualsiasi riferimento al seppur attualissimo problema del ricovero delle biciclette in condominio. 

VALE QUINDI LA GIURISPRUDENZA Rimangono, pertanto, valide le linee guida elaborate dalla giurisprudenza secondo cui per modifiche s’intendono tutti quegli interventi eseguiti sulle parti comuni per consentire ad alcuni condomini di trarre dal bene comune un’utilità anche maggiore o più intensa di quella tratta da altri condomini, purché, ai sensi dell’art. 1102 del codice civile, non ne venga alterata la destinazione comune o compromesso il diritto al pari uso. Quindi, un utilizzo particolare e più intenso delle parti comuni è da considerarsi legittimo e le relative opere possono essere eseguite dal singolo condomino anche senza la specifica autorizzazione dell’assemblea. Invece le innovazioni comprendono tutte quelle attività sulle parti comuni che comportano aggiunte materiali o mutamenti della destinazione originaria del bene comune, finalizzati al miglioramento o all’uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni (art. 1122 del codice civile). La giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte sulla distinzione in esame, affermando che “la distinzione tra modifica ed innovazione si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune, nel senso che per innovazione in senso tecnico-giuridico deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 23 ottobre 1999, n. 11936). Ancora, è stato affermato che “in tema di condominio negli edifici, per innovazione in senso tecnico-giuridico, vietata ai sensi dell’art. 1120 c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 5 novembre 2002, n. 15460). 

NESSUNA INNOVAZIONE, NESSUNA MOLESTIA Il Tribunale di Savona ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso in questione. Dalle risultanze istruttorie, infatti, è emerso chiaramente che gli interventi realizzati sulle parti comuni, da un lato, non risultano integrare la molestia nel possesso, in quanto le rastrelliere in questione occupano solo una parte del marciapiede condominiale senza ostacolare il transito pedonale e, dall’altro lato, non costituiscono innovazione ex art. 1120 c.c. ma semplice modificazione finalizzata a un uso più comodo e/o più intenso da parte di alcuni condomini, senza pregiudicare la destinazione comune del marciapiede e senza impedire o limitare il pari uso del bene comune da parte degli altri partecipanti al condomini, in conformità a quanto previsto dall’art. 1102 c.c.

DIRITTO DI CITTADINANZA ALLA BICI IN CONDOMINIO Milano e Torino si sono mosse per prime tra le altre città riconoscendo il diritto di chi utilizza la bicicletta per muoversi in città a ricoverarla presso gli spazi comuni condominiali. Il Regolamento Locale di Igiene del Comune di Milano autorizza il parcheggio della bicicletta nel cortile condominiale. L’art. 3.5.2 stabilisce, infatti, che “in tutti i cortili esistenti o di nuova edificazione deve essere consentito il deposito delle biciclette di chi abita o lavora nei numeri civici collegati al cortile”. E’ prevista una sanzione amministrativa, da un minimo di 50 Euro a un massimo di 150 Euro, per la violazione di questa norma (viste le modifiche al Titolo IV introdotte dal Consiglio Comunale con deliberazione n. 69 del 6 novembre 2003).

IN NOME DEL DECORO Non vi è alcun obbligo, però, in capo al condominio di destinare uno spazio in esclusiva al deposito delle biciclette o installare delle strutture portabiciclette. Certo prevedere spazi attrezzati allo scopo aiuta a mantenere il decoro architettonico dell’edificio. E’ utile sapere che la Legge Regionale n. 7 del 30 aprile 2009 prevede l’obbligo per i Comuni di inserire norme nei regolamenti edilizi per la realizzazione di spazi comuni negli edifici adibiti a residenza e attività terziarie o produttive per il deposito di biciclette. È sempre bene ricordare che è l’assemblea condominiale che può decidere di acquistare e installare una struttura per il ricovero delle biciclette, sia una rastrelliera o una struttura coperta. Infatti il cortile è parte comune dell’edificio, l’installazione di un portabiciclette o di una tettoia può costituire un’innovazione (art. 1117 del Codice Civile) che è consentita se diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni (art. 1120 del Codice Civile) e deve essere approvata dall’assemblea condominiale. Ovviamente l’acquisto potrà essere a carico anche solo dei condomini interessati con diritto di utilizzo esclusivo (art. 1102 del Codice Civile).

ANCHE IL DIVIETO S’INCHINA Risulta importante sapere anche che se le norme condominiali vietano il parcheggio delle biciclette nel cortile, queste devono essere modificate. Una sentenza del Tribunale di Milano (n. 11380 del 12 aprile 1997) ha fatto da apripista e deve essere considerata una pronuncia “cardine” che ha originato un orientamento giurisprudenziale che si è via via consolidato. Questa storica sentenza sanciva che la generale destinazione dei cortili milanesi al riparo di biciclette utilizzate da chi abita o lavora negli stabili dotati di cortile, non può essere contrastata dai titolari di diritti reali sui cortili stessi, siano essi proprietari singoli o, come nel caso di condominio, collettivi. La stessa sentenza ha evidenziato che il Regolamento condominiale è subordinato, per la sua natura privata, sia al Regolamento Locale d’Igiene sia al Regolamento Edilizio del Comune di Milano (art. 51 comma 4). Anche la città di Torino, nell’ambito di un programma di politica sociale volto a contrastare l’inquinamento urbano dovuto al traffico, da anni si è impegnata a promuovere la diffusione dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto non inquinante e ad agevolare quindi coloro che utilizzano la bicicletta al posto dell’automobile per i loro spostamenti non soltanto nel tempo libero, ma soprattutto per i tragitti casa scuola e casa lavoro. Al fine di consentire il parcheggio della propria bicicletta nei cortili dei condomini, il Consiglio Comunale ha approvato il 20 Febbraio 2001 con deliberazione n. 2000 04898 la modifica del regolamento edilizio e del Regolamento di igiene. Vediamo gli articoli nel dettaglio.

VIETATO VIETARE All'art. 48, punto 2 del vigente Regolamento Edilizio, è stabilito che: “In caso di nuova edificazione o di ristrutturazione edilizia ed urbanistica ed in tutti i luoghi previsti dall’articolo 7 della L.R. 33/1990, devono essere ricavati appositi spazi destinati al deposito delle biciclette, nei cortili, o in altre parti di uso comune dell’edificio, in misura non inferiore all’1% della superficie utile lorda oggetto di intervento”. L’art. 82 punto 4, del vigente Regolamento d’Igiene, invece prevede che: “In tutti i cortili esistenti, o di nuova edificazione, deve essere consentito il deposito delle biciclette di chi abita o lavora nei numeri civici collegati al cortile”. La ratio delle disposizioni contenute all’interno dei due regolamenti è quello di evitare, per precise ragioni di interesse pubblico, che alcuni regolamenti di condominio possano imporre il divieto di ricovero delle biciclette nei cortili. Inoltre, le disposizioni regolamentari si inseriscono nei più generali interventi adottati dall’Amministrazione in materia di contenimento dell’inquinamento atmosferico.

SICUREZZA E AGIBILITA’ SEMPRE E COMUNQUE Ovviamente non tutti i condomìni posseggono degli spazi che possono essere sfruttati per il ricovero delle biciclette, specie se trattasi di edifici storici o comunque sforniti di cortili. Tra l’altro, anche in presenza di spazi idonei la cui ampiezza consenta il deposito delle biciclette, il parcheggio dei velocipedi deve avvenire nel rispetto delle normative di sicurezza, garantendo quindi che siano agibili sia le aree di manovra delle auto, laddove esistano box a livello strada in condominio, sia gli spazi di percorso occorrenti ai condomini per transitare e accedere nei portoni d’ingresso e/o nelle scale sia, soprattutto, gli spazi necessari agli interventi di emergenza come quelli operati dai Vigili del Fuoco, lettighieri di ambulanze, ecc. Insomma, anche in questo caso, il buon senso ed il rispetto dei diritti altrui viene prima di tutto…come sempre. 

Dott. Massimo Botti