Tra le notizie di cronaca di qualche giorno fa, ho letto del caso di una ginecologa vicentina che, nel tentativo di porre rimedio ad un errore professionale, ha alterato un esame diagnostico con l’intento di occultare le prove della propria imperizia. Il bimbo è nato, purtroppo, privo di una mano e di parte dell’avambraccio senza che i genitori ne fossero mai stati informati e, dunque, con un’invalidità grave che si riflette e si rifletterà in modo importante sul suo benessere psicofisico e quindi sulla sua salute e sulla sua vita futura. Si tratta in pratica di un chiaro esempio di lesione del diritto a una genitorialità cosciente e consapevole dovuta alla carenza di informazione per errore medico. Un caso un po’ diverso da quello che ho affrontato, personalmente, qualche tempo fa ma per certi versi affine. Credo, infatti, che ricorderete la vicenda della donna che dopo essersi rivolta al proprio medico curante per la prescrizione di un farmaco anticoncezionale concepì un bimbo poiché il medicinale in questione era in realtà un modulatore ormonale prescritto alle donne in prossimità di menopausa e, quindi, incapace di inibire il concepimento. In entrambi i casi è stato violato il diritto all’autodeterminazione. Vediamo, giuridicamente parlando, quali sono gli aspetti comuni alle due vicende e quali invece i diritti lesi nel caso vicentino…