La separazione è già un
evento traumatico di per sé, un vero e proprio lutto, difficile da affrontare,
metabolizzare e superare. Devastante sotto molteplici punti di vista.
L’economia domestica si sfalda, l’anima si lacera di fronte alla presa di
coscienza del fallimento di un progetto di vita comune in cui si credeva, la
rabbia, comune a molti, per non essere stati capaci di ricucire le
incomprensioni. Talvolta il rammarico per ciò che non è stato. Ma le relazioni
diadiche, vale a dire di coppia, formali o di fatto che siano, proprio perché
composte da monadi, elementi unici, pensanti, incapaci di organizzarsi e
procedere all’unisono, spesso sono destinate a disgregarsi, per i motivi più
diversi. Il lutto che ne deriva porta inevitabilmente con sé molte paure. La
più grande è quella di perdere la relazione filiale, composta di meravigliosa,
seppur complicata, quotidianità. Un sentimento ricorrente soprattutto nella componente
maschile della coppia. Oggi più che mai. Il dinamismo sociale ha voluto e
preteso padri presenti, collaborativi e compartecipativi della crescita dei
figli sulla base del criterio, necessariamente giusto, della condivisione dei
compiti di cura. Anche il diritto si è dunque adeguato a questa evoluzione di
pensiero recependo l’esigenza di tutelare i minori affinché sia garantita loro
parità di relazione con padre e madre. Ma è proprio così?