Tra le novità appena varate dal Governo e diventate operative sabato 27 giugno c’è una norma che, sebbene di efficacia transitoria, dovrebbe aiutare tutti coloro che si trovino alle prese con la ricerca di beni da pignorare di proprietà di debitori furbetti. Non posso allora esimermi, dovendo affrontare la questione sia per interesse personale sia per la tutela dei miei assistiti, dal soffermarmi sulla stessa per alcune riflessioni e per capire come la novità legislativa inciderà, nella pratica, sul nostro sistema giuridico e sugli orientamenti giurisprudenziali attuali. Si tratta, infatti, di un principio che dovrebbe coprire un vuoto regolamentare e soprattutto sciogliere ogni dubbio sull’interpretazione delle norme già esistenti, per la verità poco chiare. Un’esigenza, questa, avvertita a più riprese ed emersa in particolar modo quando i creditori e i loro avvocati, si trovino nella condizione di scovare i beni e le fonti di reddito dei soggetti tenuti al pagamento di somme di denaro, a prescindere dall’ammontare delle stesse, e dal titolo esecutivo, vale a dire dal provvedimento giudiziale o dal documento formato dalle parti in base al quale sorge il diritto all’aggressione, in senso giuridico, del patrimonio altrui. Le problematiche interpretative sono cominciate quando, alla fine dello scorso anno, è stata introdotta la possibilità, senza sostenere costi, di ricerca dei beni da pignorare tramite modalità telematiche. Cos’è successo da allora?