Tra le novità appena varate dal Governo e diventate operative sabato 27 giugno c’è una norma che, sebbene di efficacia transitoria, dovrebbe aiutare tutti coloro che si trovino alle prese con la ricerca di beni da pignorare di proprietà di debitori furbetti. Non posso allora esimermi, dovendo affrontare la questione sia per interesse personale sia per la tutela dei miei assistiti, dal soffermarmi sulla stessa per alcune riflessioni e per capire come la novità legislativa inciderà, nella pratica, sul nostro sistema giuridico e sugli orientamenti giurisprudenziali attuali. Si tratta, infatti, di un principio che dovrebbe coprire un vuoto regolamentare e soprattutto sciogliere ogni dubbio sull’interpretazione delle norme già esistenti, per la verità poco chiare. Un’esigenza, questa, avvertita a più riprese ed emersa in particolar modo quando i creditori e i loro avvocati, si trovino nella condizione di scovare i beni e le fonti di reddito dei soggetti tenuti al pagamento di somme di denaro, a prescindere dall’ammontare delle stesse, e dal titolo esecutivo, vale a dire dal provvedimento giudiziale o dal documento formato dalle parti in base al quale sorge il diritto all’aggressione, in senso giuridico, del patrimonio altrui. Le problematiche interpretative sono cominciate quando, alla fine dello scorso anno, è stata introdotta la possibilità, senza sostenere costi, di ricerca dei beni da pignorare tramite modalità telematiche. Cos’è successo da allora?
COS’È UN TITOLO ESECUTIVO? Si tratta di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, chiamato titolo esecutivo giudiziale oppure di un atto formato dalle parti al di fuori del giudizio denominato titolo esecutivo stragiudiziale. Alla prima categoria appartengono ad esempio le sentenze di condanna e gli altri provvedimenti giudiziali cui la legge attribuisce un’efficacia analoga. Tra questi i provvedimenti assunti in via provvisoria e urgente all’udienza presidenziale che si tiene nel procedimento di separazione e divorzio oppure i decreti di ingiunzione, il verbale di conciliazione giudiziale con cui le parti, una volta trovato l’accordo, definiscono la causa oppure, ancora, i provvedimenti di sfratto convalidati e le decisioni, che il giudice dichiara esecutive, prese dagli arbitri cui le parti hanno affidato il compito di risolvere una vertenza. Alla seconda tipologia appartengono invece le cambiali, gli assegni e gli altri titoli di credito con efficacia esecutiva, oppure i contratti ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale come per esempio il contratto di mutuo. Perché possa iniziare il procedimento finalizzato all’esecuzione del titolo, giudiziale o stragiudiziale, occorre che questo venga notificato, cioè portato a conoscenza del debitore, insieme al precetto ovvero quell’atto attraverso cui si avverte quest’ultimo che in mancanza di spontaneo pagamento o adempimento inizierà, appunto, l’esecuzione forzosa sui suoi beni.
RICERCA TELEMATICA DEI BENI DA PIGNORARE Il Decreto Legge n. 132 del 2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile) ha introdotto (art. 19) all’interno del codice di procedura civile l’art. 492 bis per mezzo del quale l’Ufficiale Giudiziario può accedere, con collegamento telematico diretto, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale o del Giudice Delegato, alle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni per la ricerca dei beni intestati al debitore. Inoltre, l’art. 19 del medesimo Decreto Legge ha aggiunto alle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile gli articoli 155 ter, 155 quater e 155 quinquies con cui sono state disciplinate le modalità di accesso diretto alle banche dati, rinviando a un successivo Decreto attuativo del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Interno e il Ministro delle Finanze. Con l’art. 155 quinquies, in particolare, il legislatore, in assenza delle strutture tecnologiche che consentano di effettuare l’accesso telematico diretto da parte dell’Ufficiale Giudiziario alle banche dati, ha previsto la possibilità per il creditore procedente di ottenere direttamente le informazioni contenute nelle banche dati direttamente dai gestori delle banche dati previste dall’art. 492 bis e 155 ter. Ciò significa che il creditore, personalmente o tramite il proprio avvocato, dopo aver ottenuto l’autorizzazione del Presidente del Tribunale o del Giudice Delegato, può richiedere per esempio visure nominative attuali e storiche per la ricerca di beni da pignorare alle unità territoriali dell’ACI senza costi a suo carico.
ESTESA SUBITO ANCHE AD ALTRI PROCEDIMENTI Già con la Legge n. 162 del 2014 che ha convertito il Decreto legge n. 132/2014 è stata introdotta un’ulteriore norma ovvero quella contenuta nell’art. 155 sexies che ha esteso la ricerca con modalità telematica di beni da pignorare, anche al sequestro conservativo e per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali (fallimento) di procedimenti in materia di famiglia (es. separazioni e divorzi) e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui (es. interdizione, inabilitazione, amministrazione di sostegno). Da ciò deriva che anche in cert casi, mancando le strutture tecnologiche che consentano l’accesso telematico diretto da parte dell’Ufficiale Giudiziario alle banche dati, il creditore procedente, personalmente o per il tramite dell’avvocato o, ancora, in caso di procedure concorsuali o procedimenti di gestione del patrimonio altrui, il curatore, tutore, amministratore di sostegno ecc., può chiedere al Presidente del Tribunale o al Giudice Delegato l’autorizzazione ad ottenere le informazioni contenute nelle banche dati direttamente dai gestori delle banche dati, senza applicazione di oneri.
I DUBBI SULL’INTERPRETAZIONE DELLE NORME Subito dopo l’entrata in vigore delle norme che hanno introdotto la possibilità di ricerca dei beni del debitore sono subito emerse alcune problematiche scaturite da un lato dalle lacune legislative e dall’altro dal fatto che ad oggi mancano le strutture tecnologiche che dovrebbero supportare gli Ufficiali Giudiziari nell’accesso alle banche dati dell’Anagrafe Tributaria, del Pubblico Registro Automobilistico, delle pubbliche amministrazioni, degli enti previdenziali e dei conti correnti. Ci si è chiesti, dunque, se l’accesso diretto alle banche dati consentito al creditore procedente fosse possibile anche in questi casi oppure doveva essere ammesso solo quando, una volta realizzate tali strutture, le stesse non fossero funzionanti. Oltre a ciò si consideri che il decreto ministeriale che avrebbe dovuto indicare le modalità di accesso alle banche dati non è ancora stato approvato. Peraltro il richiamo al solo creditore procedente, ha ingenerato una sperequazione di trattamento tra costui e gli altri creditori intervenuti nelle procedure esecutive.
LE SENTENZE DEI GIUDICI I giudici che hanno affrontato tali questioni non hanno fornito una risposta univoca e, quindi, alcuni Tribunali si sono pronunciati nel senso che, l’accesso diretto a favore dei creditori procedenti, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale o del Giudice Delegato, fosse possibile anche in assenza delle strutture che dovevano essere messe a disposizione degli Ufficiali giudiziari per le ricerche telematiche presso le banche dati e non solo laddove le stesse, una volta realizzate, non fossero funzionanti (Tribunale di Napoli, Ordinanza del 2 aprile 2015; Tribunale di Pavia, Ordinanza del 25 febbraio 2015; Tribunale di Mantova, Ordinanza del 3 febbraio 2015). Il ragionamento seguito da questi Tribunali si fonda sulla circostanza che in assenza dei decreti attuativi, che avrebbero dovuto legiferare anche in ordine alle regole sulla privacy, e degli strumenti tecnologici che gli Ufficiali Giudiziari avrebbero dovuto avere a disposizione, non sarebbe giusto bloccare il creditore e, dunque, costui può rivolgersi direttamente, previa autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale o del Giudice Delegato, alle pubbliche amministrazioni che gestiscono le banche dati cui intende accedere (P.R.A, Agenzia Entrate, Anagrafe dei conti correnti, Inps ecc.) per scoprire dove si trovano i beni che il debitore nasconde. Non mancano, peraltro, orientamenti di segno opposto che alcuni Tribunali hanno espresso, anche preventivamente, attraverso la pubblicazione di circolari che negano tale possibilità e la circoscrivono alla sola ipotesi in cui gli strumenti di cui dovrebbe essere dotato un Ufficiale Giudiziario non funzionino (Tribunale di Forlì, Tribunale di Modena, Tribunale di Vicenza).
LA NUOVA LEGGE AIUTA A FAR CHIAREZZA Il Decreto Legge n. 83, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 giugno 2015, contenente “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” contiene anche chiarimenti con riguardo appunto alla disciplina delle ricerche dei beni da sottoporre a pignoramento attraverso strumenti tecnologici telematici. In particolare l’art. 14 dispone chiaramente che all’art. 155 quinquies delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile, introdotto dal Decreto Legge 132/2014 (poi convertito con modificazioni dalla Legge 162/2014) sono apportate delle modifiche e quindi viene soppresso il termine (ndr: decisamente infelice), procedente; inoltre si chiarisce che la disposizione di cui al primo comma dell’art. 155 quinquies si applica, limitatamente alle banche dati previste dall’art. 492 bis del codice di procedura civile, anche sino all’adozione di un decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, che attesta la piena funzionalità delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso alle medesime banche dati. Tuttavia, la norma precisa che tale disposizione perderà efficacia se tale decreto non venisse adottato entro dodici mesi dall’entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto Legge n. 83/2015.
IN ALTRE PAROLE il creditore, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale o del Giudice Delegato, può rivolgersi direttamente al gestore della banca dati, senza aspettare il decreto attuativo ed anche se gli Ufficiali Giudiziari non sono ancora dotati degli strumenti tecnologici per tale accesso, senza sostenere costi per tali ricerche poiché l’accesso è gratuito e senza dover dimostrare di aver fatto altri tentativi di pignoramento non andati a buon fine. Ciò sarà tuttavia possibile per un tempo limitato e decadrà se entro dodici mesi non venisse adottato il decreto ministeriale nominato dalla norma. Un’ulteriore modifica, migliorativa e garantista senza limiti temporali, a favore dei creditori, in sede di conversione in Legge sarebbe decisamente auspicabile!
Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite