Traggo spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione penale, per affrontare ancora una volta il delicato argomento dei maltrattamenti in famiglia, già trattato di recente dalla dott.ssa Roberta Bonazzoli in relazione, tuttavia, a una questione processuale diversa. Purtroppo il tema è sempre attuale e spesso preponderante nelle notizie di cronaca nera. A onore del vero e spezzando una lancia in favore delle forze dell’ordine e dei giudici meneghini posso dire che nell’ipotesi di denunce di maltrattamenti fisici o psicologici, posti in essere all’interno della famiglia, e ancor più in presenza di minori, la reazione delle Autorità milanesi è quasi sempre tempestiva. Ciò, sia nell’applicazione di misure finalizzate alla protezione immediata delle persone maltrattate e, quindi, di per sé deboli, sia nella punizione del fatto-reato valutato con maggior gravità laddove perpetrato, appunto, all’interno del nucleo familiare. Per la nostra esperienza, quindi, specie nei casi in cui la denuncia sia accompagnata dall’intervento di un avvocato, occorre sottolineare che sia le forze dell’ordine che ricevono le denunce sia le Autorità preposte all’applicazione dei provvedimenti, assumono in genere un atteggiamento serio e veloce ma, soprattutto, teso a non sottostimare certe condotte a prescindere anche dalle apparenze di serenità che emergono ad esempio, da un profilo personale su Facebook. La decisione in questione è, dunque, un’utile occasione per esaminare quali siano i comportamenti puniti e in che modo il nostro ordinamento può intervenire a tutela dei familiari maltrattati…