Recenti fatti di cronaca hanno riportato alla mia memoria una questione spinosa, che per la verità non riguarda solo aspetti giuridici ma anche di altra natura. I fatti cui mi riferisco sono la recente iscrizione nel registro degli indagati del professore di italiano e storia di Saluzzo, Valter Giordano, per “istigazione al suicidio” di una studentessa di quindici anni, sua allieva, nonché il suicidio di un ragazzino quindicenne, avvenuto alla fine dell’anno passato a Roma, e ancora quello dei due tredicenni ragusani che si sono tolti la vita, a distanza di pochi mesi uno dall’altro e che frequentavano lo stesso istituto scolastico. Ebbene al di là della particolarità dei casi in cui è possibile ravvisare addirittura il dolo ovvero la volontarietà dell’atto, (come in quelli di dileggio continuo degli allievi o come nell’ipotesi del professore di Saluzzo, laddove la responsabilità di quest’ultimo risultasse effettivamente acclarata), oltre allo sgomento e alla tristezza che sempre accompagnano tali notizie ci si domanda: in quale misura l’insegnante e la scuola rispondono per tali eventi?