Non accade così spesso, specialmente quando i complimenti arrivano da un giudice. Eppure qualche giorno fa mi è capitato proprio questo. Non farò nomi ma credo che raccontarvi quanto mi è accaduto sia utile a tutti i colleghi avvocati che in questo periodo vorrebbero abbandonare la professione e dedicarsi a qualsiasi altra cosa che non sia la pratica del diritto. Certo, una volta tanto, in nome dello stile si potrebbe mandare al diavolo la privacy ma proprio non si può e, allora, vi basti sapere che c’è ancora qualcuno che il lavoro degli avvocati è capace di apprezzarlo. Quel lavoro che non si limita allo studio delle questioni processuali, delle norme contenute nelle leggi ma che va un po’ oltre, specie quando si tratta di famiglia e bambini e a prescindere dal compenso che, per inciso, nella circostanza è stato solo simbolico. Quell’approccio un po’ diverso che alla Facoltà di Giurisprudenza non insegnano ma che il volontariato, negli uffici dei giudici minorili, un pochino ti aiuta ad apprendere in modo silenzioso, ogni giorno, attraverso l’osservazione di tutti i soggetti coinvolti: famiglie, avvocati, magistrati, psicologi e assistenti sociali. Beh, devo dire che francamente ho provato piacere, specialmente sapendo quanto fosse apprezzabile la fonte di quel complimento. In breve, voglio raccontarvi questa storia…