Sono numerosi i casi in cui il genitore obbligato dalla
sentenza di separazione o di divorzio a versare all’ex coniuge l'assegno di mantenimento per i figli si sottragga a tale dovere o lo compia solo in parte o,
ancora, in ritardo. Le ragioni del mancato pagamento possono essere svariate e
non sempre c’è alla base una vera e propria negligenza del genitore
inadempiente (ad esempio la perdita di lavoro o più in generale un mutamento
della situazione personale e patrimoniale). Tuttavia, occorre tenere presente
che, in taluni casi, il genitore inadempiente può andare incontro a conseguenze
rilevanti sotto il profilo penale. A tal proposito è bene precisare che il mancato
mantenimento del figlio minore è punibile anche se lo stesso non versa in stato
di bisogno! E il non corrispondere l’assegno è reato anche per il nuovo
articolo 570-bis del codice penale. Cerchiamo di capire meglio …
IL CASO… Si trattava di un
caso in cui la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza del
Tribunale con la quale era stato condannato un papà poiché non aveva corrisposto l’assegno mensile di mantenimento in favore della
figlia minore e il 50% delle spese mediche straordinarie documentate, come
invece disposto dalla sentenza di scioglimento del matrimonio. Il legale dell’imputato
aveva quindi proposto ricorso in Cassazione contestando, tra l’altro, la
violazione dell’art. 570 del codice penale nonché rilevando un vizio di
motivazione nella sentenza impugnata poiché la Corte non aveva motivato in
merito “all’effettivo stato di bisogno
della minore” desunto dal fatto che ad aiutare la madre nella crescita
della bambina fosse intervenuto il nonno che aveva, nel tempo, assicurato un
contributo economico. La difesa dell’imputato riteneva infatti che “si sarebbe valorizzato solo un presunto
stato di bisogno, in realtà insussistente, attese le agiate condizioni economiche
della madre della minore”.
LA CASSAZIONE HA CONFERMATO LA CONDANNA… ritenendo applicabile l’art. 570 bis del codice penale secondo
il quale: “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si
sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di
cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli
obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento
condiviso dei figli”. (Cassazione penale, Sezione VI, Sentenza del 13 giugno 2018, n. 27175).
…E C’È CONTINUITÀ NORMATIVA L’art 570 bis del codice penale infatti si limita a
riprodurre “le previgenti disposizioni penali contenute all’art. 12-sexies
della Legge 1° dicembre 1970 n. 898 e all’art. 3 della Legge 8 febbraio 2006,
n. 54, norme che, conseguentemente, sono
state espressamente abrogate dall’art. 7, lett. b) e d) del Decreto Legislativo
n. 21 del 2018.” Pertanto, “per
quanto rileva nel presente processo, la nuova norma, quanto alla violazione
dell’obbligo di corresponsione dell’assegno stabilito in sede giudiziale in
favore dell’altro coniuge e/o figli a seguito della cessazione degli effetti
civili del matrimonio, si pone in chiara continuità
normativa, essendo rimasta immutata la struttura del reato”. Risolte le
questioni di applicabilità dell’art. 570 bis sul vizio di motivazione la
Cassazione non rileva difetti di congruità o correttezza logica nella sentenza
impugnata perché “i giudici di appello
hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla
sostanziale conferma della sentenza di primo grado attraverso un esame completo
ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto
il profilo della congruità e della correttezza logica. In particolare si è sottolineato come sia stato dimostrato
l’inadempimento del ricorrente almeno sino alla data del 07/04/2013 e come
lo stato di bisogno della minore fosse indirettamente confermato dalla
necessità di intervenire in suo aiuto da parte del nonno materno. Si tratta di
argomentazioni che, oltre ad essere del tutto logiche e pienamente alle
rispondenze processuali, costituiscono applicazione di consolidati orientamenti
della giurisprudenza di legittimità in materia” (Cassazione penale, Sezione VI, Sentenza del 13 giugno 2018, n. 27175).
LA DIFFERENZA TRA L’ART. 570 E 570 BIS… In effetti, il nuovo art. 570 bis segue e richiama l’art.
570, esistente già dal 1930, che punisce chi si sottrae agli “obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità
genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge”. In sintesi, si
possono evidenziare due differenze. In primis la norma del 1930 opera soltanto
se dal mancato mantenimento dei figli o del coniuge deriva uno stato di bisogno
a carico degli aventi diritto; diversamente, con la norma odierna, per
integrare il reato è sufficiente il mancato pagamento totale o parziale. In
secondo luogo l’art. 570 non parla di ex coniuge e dunque di fatto sfuggivano i
casi di mancato pagamento dell’assegno di divorzio; tuttavia un’altra norma
contenuta nella Legge sul divorzio estendeva la previsione dell’art. 570 anche
al mancato pagamento dell’assegno di divorzio. In effetti, la vera novità è che adesso tutte le ipotesi di questo reato sono
inserite in modo ordinato in una disposizione del codice penale.
…E GLI EFFETTI DELLA NUOVA NORMA PER CHI HA DIRITTO AL
MANTENIMENTO Il nuovo art. 570 bis non può, tuttavia, essere considerato uno strumento alternativo alla sede civile per il
recupero del credito vantato dal genitore con cui la prole convive
prevalentemente. Difatti, il procedimento civile risulta comunque
indispensabile per soddisfare tale finalità. In pratica la norma penale, qui in
esame, rileva semplicemente nella sua funzione general-preventiva di
incentivare gli obbligati al versamento dell’assegno ad adempiervi se non
vogliono incorrere in conseguenze di carattere penale.
MA IL MANCATO PAGAMENTO COSTITUISCE REATO? L’omissione del mantenimento costituisce reato entro limiti
ben precisi. In particolare, se un
genitore omette il versamento per uno o due mesi e l’altro può supplire a
questa mancanza, sicuramente dovrà poi rifondere quanto non ha pagato, ma non
commette reato. Ancora, se un genitore non paga il mantenimento secondo il
quantum stabilito dal giudice, ma versa del denaro saltuariamente, in modo
consistente, non commette reato. E ancora, se un genitore obbligato riduce un
assegno “consistente”, sicuramente viene meno ad un’obbligazione e sarà
passibile di ingiunzione (e poi di esecuzione sui suoi beni), ma non commette,
anche in questo caso, reato. La stessa norma, difatti, con il termine “si sottrae”, ha voluto indicare un
comportamento reiterato nel tempo, non essendo desumibile la volontà di
inadempimento sulla base di una sola omissione. Ovviamente ogni
esemplificazione è riduttiva e non si potrà prescindere dalla valutazione dei
singoli casi concreti. Si precisa, comunque, che il mancato pagamento
dell’assegno costituisce sempre presupposto per ottenerne la relativa
corresponsione tramite un procedimento di ingiunzione, a cui seguirà il
consequenziale pignoramento sul patrimonio dell’ingiunto (ad esempio presso
terzi sullo stipendio o su conti correnti).
ATTENZIONE PERÒ ALL’ILLECITO CIVILE! Il mancato pagamento del mantenimento, quale illecito
civile, offre al coniuge più debole, o ai figli se maggiorenni e beneficiari
dell’assegno, alcune specifiche tutela previste dall’art. 156 del codice
civile: “In caso di inadempienza, su
richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte
dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere
anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga
versata direttamente agli aventi diritto”. Ai sensi del comma 6 dell’art.
156, infatti, gli strumenti civili a disposizione del coniuge beneficiario
dell’assegno, o dei figli, sono di due tipi: il sequestro e l’ordine di pagamento diretto. Con il primo, in caso
di inadempimento, l’ordinamento prevede che il giudice, su istanza dell’avente
diritto, possa ordinare il sequestro dei beni dell’obbligato al fine di garantire
il pagamento dell’assegno. In secondo luogo, il coniuge beneficiario
dell’assegno può chiedere altresì al giudice di ordinare a terzi, tenuti a
corrispondere somme di denaro all’obbligato (ad esempio il datore di lavoro o
l’Inps) che una parte di queste venga versata direttamente al coniuge avente
diritto.
CI SONO SOLUZIONI PER L’OBBLIGATO IN DIFFICOLTÀ ECONOMICA? Nel caso in cui la situazione reddituale dell’obbligato
dovesse essere tanto mutata da metterlo in serie difficoltà con riguardo alla
corresponsione dell’assegno nella misura stabilita, è consigliabile evitare la
sua totale sospensione, potendo, invece, chiedere al Giudice la revisione dell’ammontare
dello stesso. Si deve tenere conto che, soprattutto per il mantenimento dei
figli, la giurisprudenza non ammette, in caso di impoverimento del genitore
obbligato al pagamento, la totale sospensione del versamento periodico!
Difatti, si pretende dal genitore che, anche nell’ipotesi di drastica
diminuzione delle proprie sostanze fino ad essere appena sufficienti al
sostentamento, un minimo venga comunque destinato al mantenimento dei propri
figli.
IN PRATICA se un
padre resta disoccupato, gli si chiede di svolgere qualsiasi lavoro, anche
saltuario e anche molto al di sotto dei suoi titoli professionali, pur di
mantenere la prole.
Dott.ssa Ilaria Spadavecchia – Studio Comite