mercoledì 26 settembre 2018

ASSEGNO DI MANTENIMENTO: AI FIGLI SEMPRE DOVUTO, ANCHE SE NON IN STATO DI BISOGNO


Sono numerosi i casi in cui il genitore obbligato dalla sentenza di separazione o di divorzio a versare all’ex coniuge l'assegno di mantenimento per i figli si sottragga a tale dovere o lo compia solo in parte o, ancora, in ritardo. Le ragioni del mancato pagamento possono essere svariate e non sempre c’è alla base una vera e propria negligenza del genitore inadempiente (ad esempio la perdita di lavoro o più in generale un mutamento della situazione personale e patrimoniale). Tuttavia, occorre tenere presente che, in taluni casi, il genitore inadempiente può andare incontro a conseguenze rilevanti sotto il profilo penale. A tal proposito è bene precisare che il mancato mantenimento del figlio minore è punibile anche se lo stesso non versa in stato di bisogno! E il non corrispondere l’assegno è reato anche per il nuovo articolo 570-bis del codice penale. Cerchiamo di capire meglio …
 
IL CASO… Si trattava di un caso in cui la Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza del Tribunale con la quale era stato condannato un papà poiché non aveva corrisposto l’assegno mensile di mantenimento in favore della figlia minore e il 50% delle spese mediche straordinarie documentate, come invece disposto dalla sentenza di scioglimento del matrimonio. Il legale dell’imputato aveva quindi proposto ricorso in Cassazione contestando, tra l’altro, la violazione dell’art. 570 del codice penale nonché rilevando un vizio di motivazione nella sentenza impugnata poiché la Corte non aveva motivato in merito “all’effettivo stato di bisogno della minore” desunto dal fatto che ad aiutare la madre nella crescita della bambina fosse intervenuto il nonno che aveva, nel tempo, assicurato un contributo economico. La difesa dell’imputato riteneva infatti che “si sarebbe valorizzato solo un presunto stato di bisogno, in realtà insussistente, attese le agiate condizioni economiche della madre della minore”.

LA CASSAZIONE HA CONFERMATO LA CONDANNA… ritenendo applicabile l’art. 570 bis del codice penale secondo il quale: “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”. (Cassazione penale, Sezione VI, Sentenza del 13 giugno 2018, n. 27175).

…E C’È CONTINUITÀ NORMATIVA L’art 570 bis del codice penale infatti si limita a riprodurre “le previgenti disposizioni penali contenute all’art. 12-sexies della Legge 1° dicembre 1970 n. 898 e all’art. 3 della Legge 8 febbraio 2006, n. 54, norme che, conseguentemente, sono state espressamente abrogate dall’art. 7, lett. b) e d) del Decreto Legislativo n. 21 del 2018.” Pertanto, “per quanto rileva nel presente processo, la nuova norma, quanto alla violazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno stabilito in sede giudiziale in favore dell’altro coniuge e/o figli a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, si pone in chiara continuità normativa, essendo rimasta immutata la struttura del reato”. Risolte le questioni di applicabilità dell’art. 570 bis sul vizio di motivazione la Cassazione non rileva difetti di congruità o correttezza logica nella sentenza impugnata perché “i giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla sostanziale conferma della sentenza di primo grado attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica. In particolare si è sottolineato come sia stato dimostrato l’inadempimento del ricorrente almeno sino alla data del 07/04/2013 e come lo stato di bisogno della minore fosse indirettamente confermato dalla necessità di intervenire in suo aiuto da parte del nonno materno. Si tratta di argomentazioni che, oltre ad essere del tutto logiche e pienamente alle rispondenze processuali, costituiscono applicazione di consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia” (Cassazione penale, Sezione VI, Sentenza del 13 giugno 2018, n. 27175).

LA DIFFERENZA TRA L’ART. 570 E 570 BIS… In effetti, il nuovo art. 570 bis segue e richiama l’art. 570, esistente già dal 1930, che punisce chi si sottrae agli “obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge”. In sintesi, si possono evidenziare due differenze. In primis la norma del 1930 opera soltanto se dal mancato mantenimento dei figli o del coniuge deriva uno stato di bisogno a carico degli aventi diritto; diversamente, con la norma odierna, per integrare il reato è sufficiente il mancato pagamento totale o parziale. In secondo luogo l’art. 570 non parla di ex coniuge e dunque di fatto sfuggivano i casi di mancato pagamento dell’assegno di divorzio; tuttavia un’altra norma contenuta nella Legge sul divorzio estendeva la previsione dell’art. 570 anche al mancato pagamento dell’assegno di divorzio. In effetti, la vera novità è che adesso tutte le ipotesi di questo reato sono inserite in modo ordinato in una disposizione del codice penale.

…E GLI EFFETTI DELLA NUOVA NORMA PER CHI HA DIRITTO AL MANTENIMENTO Il nuovo art. 570 bis non può, tuttavia, essere considerato uno strumento alternativo alla sede civile per il recupero del credito vantato dal genitore con cui la prole convive prevalentemente. Difatti, il procedimento civile risulta comunque indispensabile per soddisfare tale finalità. In pratica la norma penale, qui in esame, rileva semplicemente nella sua funzione general-preventiva di incentivare gli obbligati al versamento dell’assegno ad adempiervi se non vogliono incorrere in conseguenze di carattere penale.

MA IL MANCATO PAGAMENTO COSTITUISCE REATO? L’omissione del mantenimento costituisce reato entro limiti ben precisi. In particolare, se un genitore omette il versamento per uno o due mesi e l’altro può supplire a questa mancanza, sicuramente dovrà poi rifondere quanto non ha pagato, ma non commette reato. Ancora, se un genitore non paga il mantenimento secondo il quantum stabilito dal giudice, ma versa del denaro saltuariamente, in modo consistente, non commette reato. E ancora, se un genitore obbligato riduce un assegno “consistente”, sicuramente viene meno ad un’obbligazione e sarà passibile di ingiunzione (e poi di esecuzione sui suoi beni), ma non commette, anche in questo caso, reato. La stessa norma, difatti, con il termine “si sottrae”, ha voluto indicare un comportamento reiterato nel tempo, non essendo desumibile la volontà di inadempimento sulla base di una sola omissione. Ovviamente ogni esemplificazione è riduttiva e non si potrà prescindere dalla valutazione dei singoli casi concreti. Si precisa, comunque, che il mancato pagamento dell’assegno costituisce sempre presupposto per ottenerne la relativa corresponsione tramite un procedimento di ingiunzione, a cui seguirà il consequenziale pignoramento sul patrimonio dell’ingiunto (ad esempio presso terzi sullo stipendio o su conti correnti).

ATTENZIONE PERÒ ALL’ILLECITO CIVILE! Il mancato pagamento del mantenimento, quale illecito civile, offre al coniuge più debole, o ai figli se maggiorenni e beneficiari dell’assegno, alcune specifiche tutela previste dall’art. 156 del codice civile: “In caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto”. Ai sensi del comma 6 dell’art. 156, infatti, gli strumenti civili a disposizione del coniuge beneficiario dell’assegno, o dei figli, sono di due tipi: il sequestro e l’ordine di pagamento diretto. Con il primo, in caso di inadempimento, l’ordinamento prevede che il giudice, su istanza dell’avente diritto, possa ordinare il sequestro dei beni dell’obbligato al fine di garantire il pagamento dell’assegno. In secondo luogo, il coniuge beneficiario dell’assegno può chiedere altresì al giudice di ordinare a terzi, tenuti a corrispondere somme di denaro all’obbligato (ad esempio il datore di lavoro o l’Inps) che una parte di queste venga versata direttamente al coniuge avente diritto.

CI SONO SOLUZIONI PER L’OBBLIGATO IN DIFFICOLTÀ ECONOMICA? Nel caso in cui la situazione reddituale dell’obbligato dovesse essere tanto mutata da metterlo in serie difficoltà con riguardo alla corresponsione dell’assegno nella misura stabilita, è consigliabile evitare la sua totale sospensione, potendo, invece, chiedere al Giudice la revisione dell’ammontare dello stesso. Si deve tenere conto che, soprattutto per il mantenimento dei figli, la giurisprudenza non ammette, in caso di impoverimento del genitore obbligato al pagamento, la totale sospensione del versamento periodico! Difatti, si pretende dal genitore che, anche nell’ipotesi di drastica diminuzione delle proprie sostanze fino ad essere appena sufficienti al sostentamento, un minimo venga comunque destinato al mantenimento dei propri figli.

IN PRATICA se un padre resta disoccupato, gli si chiede di svolgere qualsiasi lavoro, anche saltuario e anche molto al di sotto dei suoi titoli professionali, pur di mantenere la prole.

Dott.ssa Ilaria Spadavecchia – Studio Comite