Qualche settimana fa,
ancora la notizia di uno stupro in danno di una donna, una manager francese di
circa trentatre anni, turista in Italia a Capri, che ha riferito alle autorità
di essere stata violentata dopo essere stata drogata, a sua insaputa, da un
coetaneo americano, anch’esso turista. Pochi giorni dopo, un’altra denuncia per
violenza sessuale su una quindicenne da parte di un ventiduenne, straniero, che
aveva chiesto asilo nel nostro paese. Anche in questo caso la vittima non è
stata in grado di reagire a causa dell’abuso di sostanze alcoliche. Notizie analoghe
si susseguono e riportano alla mente l’ultima eclatante sentenza della Suprema
Corte che tanto scalpore e clamore mediatico ha destato. Una decisione che ha
scatenato polemiche e critiche e che è stata tacciata di non essere
sufficientemente tutelante nei riguardi delle vittime, anacronistica e
addirittura sprezzante dell’evoluzione giurisprudenziale e legislativa relativa
al tema dello stupro. Raramente, a mio avviso, e non solo mio fortunatamente, critiche
a una decisione sono state tanto ingiustificate e gratuite. Mi permetto,
quindi, nonostante sia passata qualche settimana, di tornare sull’argomento. Se
non altro per le drammatiche notizie che continuano a ripetersi…
IMPARIAMO A LEGGERE LE
SENTENZE!
Nessun passo indietro, almeno in questa circostanza. La sentenza della
Cassazione che ha originato polemiche e dibattiti a livello politico oltre che
l’indignazione popolare, non ha nulla di intrinsecamente negativo per le
vittime del reato di stupro. I temi
affrontati dai giudici della Suprema Corte sono, infatti, due, distinti e poggiano su presupposti
molto differenti tra loro. Uno riguarda il consenso
della vittima all’atto sessuale che può, potenzialmente risultare viziato dallo stato di ubriachezza
volontaria della vittima e l’altro invece si riferisce alla mera condotta dello stupratore, che risulta aggravata nell’ipotesi in cui
lo stesso, o gli stessi, abbiano, prima
della violenza, obbligato la vittima,
coercitivamente e contro la volontà di
quest’ultima, ad assumere sostanze alcoliche
o stupefacenti. Nel primo caso, quindi, siamo in presenza di una volontà
viziata della vittima, a causa della spontanea assunzione di droga o alcol; in
tale circostanza, pur sussistendo il reato di violenza sessuale per aver
approfittato della diminuita capacità volitiva della vittima, la condotta di
chi agisce non risulta aggravata. L’assunzione di sostanze è infatti stata
volontaria e senza alcuna coercizione.
IL CASO ESAMINATO DAI
GIUDICI DELLA CASSAZIONE riguarda, proprio un episodio di violenza sessuale
perpetrato da due uomini in danno di una donna con la quale avevano cenato
inducendola, senza coercizione, a bere vino in quantità talmente elevata da
privare la vittima di qualsiasi volontà cosciente e dunque tanto da non
riuscire ad autodeterminarsi. In primo grado i due cinquantenni erano stati
assolti mentre in appello erano risultati colpevoli del reato di stupro con
l’aggravante dell’uso di sostanze alcoliche. Ed è su questo punto che sono
intervenuti i giudici di legittimità cui i condannati si sono rivolti per la
riforma della decisione. Gli ermellini
hanno confermato la sussistenza del reato di stupro ma hanno, tuttavia, correttamente, rinviato la decisione ai giudici
dell’appello per la revisione al ribasso della condanna in mancanza dei presupposti per l’aggravante (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza n. 32462/18).
IN PRATICA C’È STUPRO
ANCHE SE L’UBRIACHEZZA È VOLONTARIA! È proprio in questo che la decisione dei
giudici della Suprema Corte, non solo non è negativa ma, anzi, favorevole alla
vittima in quanto spiega con chiarezza che, seppur la vittima si sia posta
volontariamente nella condizione di non
riuscire ad autodeterminarsi, vi è comunque violenza sessuale. E infatti,
l’articolo 609 bis del codice penale sanziona lo stupro, avvenuto “abusando della condizione di inferiorità
fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto”. L’articolo
609 ter, invece, stabilisce quali siano le circostanze aggravanti della
violenza sessuale, come l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o
stupefacenti, prevedendo una pena aggiuntiva rispetto a quella prevista dalla
violenza sessuale.
IN ALTRE PAROLE per i giudici, lo stato
di ubriachezza, volontaria, come emerso e da nessuna delle parti contestato,
rientra in quella condizione di minorità della vittima contemplata dall’articolo
609 bis del codice penale. Allo stesso modo e qui sta la portata della sentenza
favorevole alla vittima, anche in presenza di un consenso all’atto sessuale,
questo sarebbe stato dato in stato di ubriachezza (autoprovocata), quindi in
una condizione di minorità. Per
questa ragione, non è di aiuto per gli imputati: per assurdo, anche di fronte
all’eventuale espressione di un consenso
da parte della donna, secondo i giudici, non è da prendersi in considerazione
nella valutazione delle responsabilità, perché espresso in uno stato di alterazione psichica. Una pronuncia,
quindi, che ha indubbi connotati sfavorevoli ma nei riguardi degli imputati e
non certo della vittima!
Avv.
Patrizia Comite – Studio Comite