lunedì 2 marzo 2015

OMICIDIO MELANIA REA, ECCO PERCHÉ LE TRENTACINQUE COLTELLATE DI PAROLISI NON SIGNIFICANO CRUDELTÀ


Il delitto di Melania Rea, come tanti altri tristemente noti e balzati agli onori della cronaca nera, fa discutere e accende gli animi. Questa volta, tuttavia, non si tratta di querelle tra colpevolisti e innocentisti, come spesso accade, ma di vero e proprio dissenso popolare. La decisione assunta dai giudici della Suprema Corte che ha parzialmente accolto il ricorso presentato dagli avvocati del marito uxoricida per ottenere la dichiarazione di illegittimità della sentenza emessa in grado di appello, per falsa ed erronea applicazione delle norme di legge, con riguardo, in particolare, all’aggravante della crudeltà, ritenuta, ad avviso di questi ultimi, insussistente, non pare affatto condivisa dall’opinione pubblica. L’accoglimento, da parte dei giudici, di tale motivo di impugnativa ha fatto, così, decisamente scalpore ed ha scatenato lo sdegno generale poiché non si comprende come sia possibile non considerare crudele ed efferata l’uccisione di un altro essere umano per il tramite di numerose coltellate, nella specie trentacinque. Perché, dunque, giuridicamente parlando, si è giunti a tale decisione? Il concetto di crudeltà da un punto di vista giuridico è diverso da quello comunemente accolto e condiviso? Cerchiamo allora di capire meglio…