Si sa, i rapporti personali sul posto di lavoro possono
creare tensioni e conflitti. Rivalità, gelosie e pettegolezzi possono essere
all’ordine del giorno e dar luogo ad antipatie tra persone con cui si condivide
la maggior parte della giornata. Espressioni come “Francesca sembri un panda con quelle occhiaie!” oppure “Mario si crede di essere chissà chi, non lo
sopporto!” non sono molto gentili, ma non hanno alcuna rilevanza penale. La
situazione muta quando i pensieri si trasformano in parole offensive e
insolenti, poiché il destinatario potrebbe decidere di sporgere una querela
davanti all’autorità competente. Ma qual è il confine tra lecito e illecito?
Tra offesa e maleducazione tollerabile? E fino a che punto il datore di lavoro
può giudicare la condotta del dipendente senza ferire la personalità di
quest’ultimo? Può dichiarare di aver esercitato il potere gerarchico
riconosciutogli dalla legge per andare esente da responsabilità penale?
Cerchiamo delle risposte …