lunedì 8 settembre 2014

PROROGA DEL RILASCIO E FONDO PER DISAGIATI: STOP AGLI SFRATTI!


Davvero interessante la questione che qualche tempo fa mi ha sottoposto Bice e che ritengo utile condividere con voi! La figlia trentenne, Antonina, sposata e separata, con due figli minori, ha subito, a causa della crisi economica una compressione dello stipendio che non le consentiva, ahimè, di mantenere le spese dell’alloggio preso in affitto. In virtù di tale situazione, e sapendo che la madre possedeva un piccolo appartamento a Milano, oltre a quello in cui viveva, che da diversi anni aveva concesso in locazione, Antonina ha chiesto appunto a Bice di aiutarla permettendole di vivere nella piccola abitazione, messa a rendita da quest’ultima, consentendole di pagare un affitto commisurato alle sue nuove e più ristrette condizioni economiche. Bice, naturalmente, ben lieta di aiutare la figlia in difficoltà senza, peraltro, rinunciare ad una piccola rendita che unita alla pensione le avrebbe consentito comunque di continuare a godere di un’esistenza più che dignitosa, inoltrava immediatamente disdetta all’inquilino poiché, combinazione, la locazione, stipulata secondo le regole della Legge sull’equo canone (Legge 392 del 1978), era giunta ormai, dopo il rituale rinnovo tacito del quarto anno, alla settima annualità e quindi stava ormai per finire (4 + 4). Bice, nonostante il legittimo diritto, ha avuto una fastidiosa sorpresa e un bel po’ di seccature! Cosa è successo?


ALL’INQUILINO È STATA CONCESSA UNA PROROGA La disdetta, inoltrata nei termini di legge (almeno sei mesi prima della fine della locazione), non ha sortito l’effetto di ottenere il rilascio spontaneo da parte del locatario e, quindi, Bice è stata costretta a rivolgersi al giudice per chiedere che quest’ultimo ordinasse lo sfratto per finita locazione. Ottenuto il provvedimento, tuttavia, l’inquilino, in fase di esecuzione dello stesso, ha chiesto e avuto, dimostrando di possederne i requisiti, una proroga del rilascio sino al 31 dicembre 2014. Certo, in virtù della proroga, ha versato e continua a versare, consapevole che in via diversa perderebbe il beneficio che gli è stato concesso, un canone rivalutato in base all’Istat e maggiorato del 20% ma, comunque, ha ottenuto il risultato auspicato, ovvero quello di rimanere, ancora per un po’ di tempo, nell’abitazione attuale con evidente compressione del diritto della proprietaria a riottenere l’immobile. A Bice non è rimasta altra via che quella dell’opposizione a tale provvedimento di proroga, adducendo e documentando, che l’immobile dovrà essere utilizzato dalla figlia che versa anch’essa in una situazione analoga a quella dell’inquilino.

PROPRIETARIO E INQUILINO HANNO ENTRAMBI DIRITTI TUTELABILI Bice, proprietaria, aveva indubbiamente il diritto di riottenere l’immobile affittato poiché la locazione a uso abitativo era finita, secondo quanto era stato concordato nel contratto e confermato dalla Legge 392/1978, ma l’inquilino aveva anch’esso il diritto alla proroga, in base a quanto stabilito dall’art. 4, comma 8, del Decreto Legge 30 dicembre 2013, n. 150 (denominato Decreto Milleproroghe) e confermato dalla Legge di conversione n. 15 del 27 Febbraio 2014. Secondo quest’ultimo provvedimento, infatti, alcune categorie di inquilini disagiati sottoposti a sfratto per finita locazione abitativa possono chiedere appunto la sospensione dell’esecuzione del provvedimento di rilascio sino al 31 dicembre 2014. La sospensione, quindi, può essere richiesta solo per lo sfratto esercitato a seguito di fine locazione ad uso di abitazione, nei Comuni ad alta densità abitativa o nei capoluoghi di provincia (come nel caso di Bice), e non per quelli dovuti alla morosità o all’inadempimento contrattuale grave del locatario o ancora per le locazioni commerciali. 

CHI SONO I DISAGIATI? La legge precisa che per disagiati devono intendersi quegli inquilini che siano loro stessi ultrasessantacinquenni o che abbiano un membro del nucleo familiare con questa età, o siano portatori di handicap superiore al 66% o, ancora, malati terminali. Sono considerati tali, poi, coloro che abbiano un reddito complessivo familiare inferiore a 27.000 euro (come nel caso dell’inquilino di Bice) o abbiano figli minori fiscalmente a carico o, infine, che non posseggano altra abitazione adeguata al proprio nucleo familiare nella regione di residenza. La norma che agevola gli affittuari a scapito dei proprietari è stata introdotta per ridurre il disagio abitativo e favorire il passaggio da casa a casa in attesa della realizzazione di misure e interventi già previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa disciplinato dalla Legge n. 133 del 2008.

GLI INQUILINI CHE NON POSSONO PAGARE L’AFFITTO, SENZA AVERNE COLPA, VENGONO AIUTATI Il caso di Bice mi ha riportato alla mente, tra l’altro, che c’è un’altra norma che sostiene gli affittuari che vengano a trovarsi in difficoltà economiche per fatti che non dipendono dalla loro volontà, alla quale tuttavia, purtroppo, non potrà fare ricorso Antonina poiché non sottoposta ad alcun provvedimento di sfratto. Il 14 luglio appena trascorso è stato, infatti, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il decreto emesso dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (che era già stato approvato in data 14 maggio 2014 dal medesimo Ministero in virtù del proprio potere di emettere regolamenti) con il quale si è data attuazione all’art. 6, comma 5, del Decreto Legge n. 102/2013, convertito con modificazioni, dalla Legge 28 ottobre 2013, n. 124. In altre parole, con tale provvedimento, si sono dettate le regole per attuare la norma che aveva previsto misure finalizzate a far fronte all’emergenza sfratti, che hanno subito un’impennata vertiginosa a causa della crisi economica che ha messo in ginocchio molte famiglie italiane. 

PER QUESTO È STATO ISTITUITO UN APPOSITO FONDO L’art. 2 del decreto ministeriale ha previsto, dunque, che tutti coloro che si trovano in una situazione di morosità incolpevole, ovvero nella “sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare” potranno accedere al fondo appositamente istituito (20 milioni di euro per il 2014 e 20 per il 2015). Naturalmente non tutti coloro che hanno ricevuto l’ordine di sfratto per morosità potranno accedere a tale misura di sostegno economico, che potrà arrivare sino a un contributo di 8.000 euro, ma solo alcune categorie, vale a dire solo coloro che abbiano subito la perdita o la consistente riduzione della capacità reddituale per una delle seguenti cause: perdita del lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro; cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale; mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell’impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali.

IL CONTRIBUTO È ASSEGNATO SE CI SONO I REQUISITI L’articolo 3 del decreto ministeriale pubblicato in Gazzetta il 14 luglio scorso detta poi i criteri per l’accesso ai contributi, demandando al Comune l’onere di verificare che il richiedente:

1) abbia un reddito I.S.E. non superiore ad euro 35.000,00 o un reddito derivante da regolare attività lavorativa con un valore I.S.E.E. non superiore ad euro 26.000,00;
2) sia destinatario di un atto di intimazione di sfratto per morosità, con citazione per la convalida;
3) sia titolare di un contratto di locazione di unità immobiliare ad uso abitativo regolarmente registrato (sono esclusi gli immobili appartenenti alle categorie catastali Al, A8 e A9) e risieda nell’alloggio oggetto della procedura di rilascio da almeno un anno;
4) abbia cittadinanza italiana, di un paese dell’UE, ovvero, nei casi di cittadini non appartenenti all’UE, possieda un regolare titolo di soggiorno.

Il Comune dovrà, inoltre, verificare se il richiedente, ovvero un componente del nucleo familiare, non sia titolare di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella provincia di residenza di altro immobile fruibile ed adeguato alle esigenze del proprio nucleo familiare. Infine, costituisce criterio preferenziale per la concessione del contributo la presenza all’interno del nucleo familiare di almeno un componente che sia: ultrasettantenne, ovvero minore, ovvero con invalidità accertata per almeno il 74%, ovvero in carico ai servizi sociali o alle competenti aziende sanitarie locali per l’attuazione di un progetto assistenziale individuale.

E SONO PREVISTE DELLE PRIORITÀ L’art. 5 del decreto indica, poi, le situazioni che costituiscono priorità per la concessione del contributo, vale a dire per:

1) inquilini, nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di rilascio esecutivo per morosità incolpevole, che sottoscrivano con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone concordato; 
2) inquilini la cui ridotta capacità economica non consenta il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo contratto di locazione. In tal caso il comune prevede le modalità per assicurare che il contributo sia versato contestualmente alla consegna dell’immobile; 
3) inquilini, ai fini del ristoro, anche parziale, del proprietario dell’alloggio, che dimostrino la disponibilità di quest’ultimo a consentire il differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile.


SOSPENSIONE SFRATTI PER FINITA LOCAZIONE E FONDO PER MOROSITÀ INCOLPEVOLE sono, dunque, le due modalità attraverso cui gli inquilini in situazioni di disagio potranno accedere a misure di sostegno e a un piccolo contributo economico per far fronte alla condizione di difficoltà in cui vengono a trovarsi in ragione dell’attuale contingenza economica. È chiaro che in tali circostanze i proprietari di immobili subiscono una contrazione del loro diritto che non significa, tuttavia, cancellazione o impossibilità di tutela. Il tempo ci dirà se la Pubblica Amministrazione sarà stata capace di distribuire e contemperare gli interessi di entrambe le categorie sociali.

Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite