Ieri abbandonate, oggi
risarcite! Giusto così, penseranno tutte le mogli che dopo essere state mollate
dal marito si ritrovano poi pubblicamente umiliate in internet e sui social network. Fortuna
loro che oggi, anche secondo il Tribunale di Roma, sbandierare ai quattro venti
la propria nuova relazione rischia seriamente di costare caro. Quella esaminata
dal tribunale capitolino è in realtà una situazione che si verifica più spesso
di quanto non si creda. Il punto è che la fine di un matrimonio e l’inizio di
una nuova relazione necessita, come dire, di delicatezza e rispetto.
Circostanza che, a quanto pare, è stata pienamente recepita con una decisione
esemplare, vediamo insieme quale…
LA SOFFERENZA VA
RISARCITA!
Il Tribunale di Roma ha condannato il marito a risarcire la moglie per averne
pubblicamente offeso il decoro e la dignità. La vicenda, stavolta, non sì è
consumata attraverso plateali scambi di offese o spiccioli ricatti. No! In
pendenza di separazione giudiziale il risarcimento dei danni è conseguito all’evidenza
di una situazione parsa oltremodo intollerabile. Di cosa stiamo parlando?
Niente più che qualche foto pubblicata
su Facebook, direbbero molti di noi e sicuramente anche l’uomo in questione.
In realtà, dietro tale gesto, quotidiano a tutti oramai familiare, si è
radicata la sofferenza di una donna
che probabilmente rappresenta anche quella di molte altre. Difatti, il
calciatore professionista, protagonista in negativo della vicenda che si
racconta, non è riuscito a esimersi dal postare in più occasioni le foto della nuova famiglia con tanto di
figlio al seguito anche definito primo erede. Niente di nuovo e nulla di
strano eppure ciò è bastato, si fa per dire, perché il Giudice condannasse il
marito al risarcimento nei confronti dell’ex compagna pari alla somma non
indifferente di 142 mila Euro di cui 50 mila a titolo di danni patrimoniali! (Tribunale di Roma, Sentenza n. 4187/2017).
INDEBITA INGERENZA O
GIUSTA PUNIZIONE?
La questione merita d’essere affrontata sotto il corretto punto di vista. È
vero, tutti oggi accolgono e condividono, con minore o maggiore fatica, l’idea
che il mondo attorno a noi sia diventato una sorta di società di compartecipazione dove i social network, insieme a tutte
le altre piattaforme digitali di condivisione, liberalizzano le forme di comunicazione fino a permettere un gioco
pericoloso tra sentimenti e persone. Proprio ciò che è accaduto nella vicenda
sopra descritta, dove una donna, dal fragile stato emotivo dovuto alla fine di una relazione coniugale, è
scivolata in una vera e propria depressione
anche e soprattutto a causa dell’umiliazione subita in seguito al comportamento
del marito, il quale, ancorché non separato giudizialmente, si è permesso di
pubblicare su Facebook le foto sue, della nuova compagna e del figlio. Un duro
colpo per chiunque. Dunque, allora, fino a che punto la libertà di espressione può estendersi a discapito dell’altrui
dignità? Ecco che a questo semplice, comune e diffuso interrogativo ha
risposto il Tribunale di Roma che, nel caso di specie, con la sentenza n.
4187/2017, ha accertato nella donna “… la
lesione della dignità e dell’onore della persona e dell’immagine intesa come
proiezione sociale della personalità, ovverosia di beni idonei a legittimare
un’autonoma azione di risarcimento”.
ONORE E DECORO sono quindi i due
aspetti che, prescindendo dai doveri scaturenti dal matrimonio, hanno generato
il diritto al risarcimento del danno. Si tratta dell’inosservanza del diritto alla reputazione intesa come
considerazione che ogni individuo gode nell’ambiente sociale in cui vive e che,
una volta violata, permette al soggetto leso di essere risarcito del danno non
patrimoniale e anche patrimoniale se compiutamente dimostrato. In questo caso è
stata accertata una situazione di
solitudine affettiva che l’abbandono del marito aveva causato alla moglie
e, sebbene la causa di separazione fosse ancora pendente, il Tribunale di Roma
ha ritenuto opportuno ristorare la donna caduta in depressione.
LA GIURISPRUDENZA E IL
PERICOLOSO TRIANGOLO
La sentenza del Tribunale di Roma si inserisce all’interno di un percorso già
rodato dalla giurisprudenza che, a piccole tappe, si è avvicinata con interesse
alla disciplina del pericoloso triangolo famiglia/relazioni/social network. In particolare si ricorda l’intervento della
Suprema Corte la quale ha stabilito che “ rendere
pubblica una relazione extraconiugale integra gli estremi dell’illecito civile,
a prescindere dal riconoscimento dell’addebito, se la condotta causa una
sofferenza tale da ledere diritti costituzionalmente protetti” (Cassazione civile, Sentenza n. 18853/2011), e la più recente
sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che ha dichiarato che “chi aggiorna il proprio status di Facebook,
dichiarando di essere separato quando è ancora sposato, può essere condannato a
risarcire il danno al coniuge” (Tribunale
di Torre Annunziata, Sentenza n. 2643/2016).
OGGI, il Tribunale di Roma,
tutelando il rispetto dell’onore e del decoro di una moglie abbandonata,
proietta in avanti questa forma di tutela. Non resta che chiederci se questo
risultato rappresenti un punto di arrivo, oppure se, come le Corti di giustizia
ci hanno abituato a pensare, rappresenti soltanto una tappa di mezzo nel percorso
verso la protezione del partner come individuo e come persona.
Dottor
Matteo Bova – Studio Comite