mercoledì 26 novembre 2014

ASSICURAZIONI: I CLIENTI SONO DELL’AGENTE O DELLA COMPAGNIA?


Paolo D. mi ha scritto sottoponendomi proprio la domanda che segue: può un agente plurimandatario di una compagnia trasferire il proprio portafoglio clienti ad altra compagnia senza correre il pericolo di un contenzioso? Per coloro che hanno dimestichezza con la materia assicurativa è facile comprendere la portata dell’argomento e l’importanza della questione che ha sollevato e solleva ancora non pochi dibattiti. Tuttavia, è necessario, per i lettori che al contrario non conoscono il linguaggio delle assicurazioni, chiarire con parole semplici il senso del quesito. Accade spesso, di recente più che in passato, che un agente assicurativo, vale a dire il soggetto cui solitamente ci si rivolge quando sorge la necessità di stipulare un contratto assicurativo, una volta sciolto il rapporto che lo lega con la sua mandante, ovvero l’impresa di assicurazioni con la quale ha siglato il contratto di agenzia, tenti in tutti i modi di traghettare verso la nuova o le nuove compagnie assicurative, con cui ha intrapreso il rapporto di collaborazione, tutti i propri vecchi clienti offrendo loro condizioni più vantaggiose. Nessun agente, infatti, accetta di buon grado di perdere il complesso tessuto di relazioni che ha creato nel corso del tempo con fatica e impegno. Tale pratica, ahimè, è però decisamente pericolosa e considerata dalla più recente giurisprudenza anche illegittima perché … 

LA PLURALITÀ DI MANDATI NON È RILEVANTE Capisco il motivo per il quale Paolo abbia tenuto a precisare che l’agente in questione non aveva un mandato in esclusiva con un’unica impresa di assicurazioni. Tuttavia, la facoltà di svolgere il proprio incarico con libertà e a favore di più compagnie di assicurazioni, come peraltro previsto dalla più recente legislazione in materia (Legge Bersani), non è, per i giudici che hanno affrontato la problematica, un elemento che aiuta a risolvere la questione in senso favorevole all’agente. In altre parole la circostanza sollevata da Paolo, ovvero il contenzioso, potrebbe riproporsi con tutte le compagnie che ricevono la disdetta per il fatto che il cliente ha accettato di essere traghettato verso la nuova impresa con cui l’agente ha intrapreso il nuovo rapporto di collaborazione. Oltretutto in pratica, diciamocela tutta, l’auspicio che si era ripromesso il Legislatore già a far data dal 2007, ovvero quello di offrire la possibilità al consumatore di valutare i prodotti assicurativi di diverse compagnie, rivolgendosi a un unico intermediario, è stato sostanzialmente vanificato dalle condotte ostruzionistiche delle stesse imprese di assicurazioni. Queste ultime, infatti, hanno attuato indubbie pressioni sugli agenti, ovvero intermediari assicurativi, facendo leva sui vincoli contrattuali e sul sistema delle provvigioni. In pratica l’agente, nonostante la legge, si è spesso trovato nella condizione di “spingere” il cliente a stipulare il contratto assicurativo con un impresa piuttosto che con un’altra, seppur sommessamente proposta, poiché in via diversa la mandante avrebbe revocato il mandato di agenzia o ridotto le provvigioni.

I CLIENTI APPARTENGONO ALLA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI E NON ALL’AGENTE Ciò è quanto hanno affermato i giudici milanesi e genovesi in alcuni recenti provvedimenti. In sintesi, l’orientamento che si sta facendo strada è quello in base al quale gli agenti che trattengono copia della documentazione relativa ai contratti stipulati con tutti i clienti del proprio portafoglio, in vista dello sviamento verso altra compagnia, attraverso comunicazioni di disdetta di massa (magari con banale modulo prestampato fornito al cliente per agevolarlo), pongono in essere una condotta qualificabile come concorrenza sleale violando, inoltre, alcune norme poste a tutela della proprietà industriale. In altre parole l’intermediario assicurativo che in vista del “cambio d’abito” crea una sorta di archivio personale con i dati relativi non solo all’identificazione del cliente ma anche ai contratti stipulati da quest’ultimo con la propria mandante (o le proprie mandanti in caso di pluralità di mandati) in modo da calendarizzare l’effettuazione della proposta al cliente del medesimo contratto, ovvero le medesime garanzie, a condizioni economiche più vantaggiose, pone in essere una condotta, considerata dalla giurisprudenza, illegittima anche se di fatto tale comportamento agevola il consumatore (Tribunale di Milano, Ordinanza cautelare n. 6579 del 2014 e n. 3958 del 2014; Tribunale di Genova, Ordinanza cautelare, pubblicata per estratto su alcuni quotidiani lo scorso 7 aprile 2014).

LA COMPAGNIA HA PAGATO IL PORTAFOGLIO CLIENTI Questo è l’altro concetto che a chiare lettere hanno espresso i giudici e che per la verità non convince del tutto. In altre parole laddove i dati personali e i contratti, che l’agente ha peraltro l’obbligo di restituire alla mandante nel momento in cui per qualsiasi ragione dovesse interrompersi il rapporto di agenzia, siano conservati dalla mandante essi “costituiscono il patrimonio dell’esercitata impresa assicurativa e non possono essere usati dall’agente per distrarre la clientela medesima”. La remunerazione versata all’agente attraverso le provvigioni, nell’ottica del Tribunale, esaurirebbe ogni altra obbligazione della Compagnia nei confronti dell’agente per l’acquisizione dei clienti nel patrimonio dell’azienda. 

MA QUESTA È UNA PERNACCHIA AL LIBERO MERCATO! Ciò che lascia, tuttavia, perplessi è la semplicità con cui viene liquidata la questione e che fa, per così dire, a pugni con la sostanziale liberalizzazione del mercato che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) tenta di tutelare in ogni modo in favore dei consumatori. Per dirla in breve se la condotta dell’agente è considerata illegittima in virtù di quanto si desume dall’art. 1751 del codice civile, tale non sarebbe considerando invece il contenuto dell’Accordo Nazionale Agenti del 2003 (e, in linea generale, anche in considerazione di quanto recentemente recepito negli Accordi Economici Collettivi riguardanti gli agenti del settore commercio e industria) secondo cui l’indennità di clientela dovrebbe essere corrisposta in modo automatico ed a prescindere dalla permanenza, in capo all’ex Compagnia, del vantaggio sostanziale derivante dal portafoglio dell’ex agente e ciò in linea con il principio della liberalizzazione del mercato. Soffermarsi su questi elementi forse aiuterebbe ad eliminare determinati contenziosi.

DATI DEI CLIENTI E DATI DEI CONTRATTI SONO COSE DIVERSE Insomma dall’esame dei contenuti dei provvedimenti richiamati si evince chiaramente che la prassi considerata normale dagli agenti, quasi legittimata dalla legge (Legge Bersani) e dall’AGCM, viene, invece, assolutamente condannata dai giudici meneghini e, a ruota, da quelli genovesi. In tutti i casi esaminati i togati hanno ritenuto che l’utilizzo da parte degli agenti di dati inerenti i contratti assicurativi, appartenenti alla mandante, cioè alla Compagnia, costituisce violazione della proprietà industriale, ovvero degli articoli 98 e 99 del codice della proprietà industriale, mentre l’uso di tali dati, per il raffronto con i prodotti della nuova mandante finalizzato a catturare ancora una volta il cliente, è considerata concorrenza sleale secondo quanto stabilito dall’art. 2598 n. 3 del codice civile. Le decisioni in parola, tuttavia, sottovalutano aspetti importanti, che mi auspico possano essere maggiormente considerati in futuro. Mi riferisco al fatto, di non poco conto, che l’uso dei dati relativi ai contratti è una cosa mentre l’utilizzo dei dati relativi ai clienti è altra questione che, secondo la normativa sulla privacy, è demandata all’intermediario e, pertanto, liberamente utilizzabile da quest’ultimo. 

I CASI ESAMINATI RAPPRESENTANO VIOLAZIONE MA… Tornando a quanto avviene nella prassi, mi preme sottolineare che se è pur vero che i Tribunali hanno sanzionato le condotte evidenziate, le stesse rappresentano indubbiamente casi limite in cui molto probabilmente gli ex agenti hanno posto in essere platealmente condotte illegittime quali per esempio fotocopiatura dei contratti, disdette di massa da parte dei clienti con moduli prestampati identici, rinvenimento di materiale di proprietà della ex mandante negli uffici degli ex agenti ecc.. Altra cosa, naturalmente, sarebbe se fosse direttamente il cliente a portare al suo agente di fiducia, nonché consulente con il quale intercorre un rapporto di conoscenza diretta e di stima, il contratto assicurativo a sue mani chiedendogli consiglio su quale sia, ad oggi, la soluzione contrattuale più vantaggiosa sia con riguardo alle garanzie incluse nel precedente contratto sia eventualmente ampliando le ipotesi garantite ad un prezzo migliore rispetto a quello passato. In tale ipotesi l’agente che presta la propria consulenza non farebbe altro che svolgere la propria funzione di consulente secondo quanto previsto e regolamentato dall’art. 106 del codice delle assicurazioni private, stante il sacrosanto diritto del cliente a disdire il contratto e a stipularne un altro con una Compagnia diversa.

ANCHE LE NUOVE COMPAGNIE DEVONO FARE ATTENZIONE! Questo è quanto sembra emergere dai provvedimenti esaminati poiché se è pur vero che nei casi considerati le imprese convenute, insieme agli ex agenti, non hanno subito, almeno in via cautelare, alcuna conseguenza dannosa per il beneficio che è loro derivato dall’acquisizione di clienti, i giudici hanno, tra le righe, sottolineato che l’impresa di assicurazioni pone in essere una condotta illegittima e scorretta professionalmente tutte le volte in cui “attiri il cliente con tariffe più basse”, e ciò avvenga con sistematica attività di raffronto con dati aziendali riservati. In tali ipotesi si tratta indubbiamente di concorrenza sleale. In tutti gli altri casi, e in mancanza di puntuale dimostrazione della circostanza evidenziata, la semplice proposta contrattuale è espressione da un lato di libero mercato e dall’altro di tutela del consumatore il quale riceve l’offerta di un prodotto assicurativo modulato secondo le proprie personali esigenze di copertura del rischio e quindi più adeguato alle proprie necessità.

PER CONCLUDERE È auspicabile che il complesso sistema di norme di cui ho fatto cenno sia reso più coerente a tutela innanzitutto del cliente-consumatore ma anche dell’intermediario assicurativo al quale dovrebbe essere riconosciuto con maggiore incisività il proprio ruolo di consulente al pari di un qualsiasi altro professionista esperto della propria materia. Tanto più in un mercato, come quello attuale, in cui l’utente ha la possibilità di raffrontare personalmente, attraverso il web, le condizioni sottoscritte con quelle di altre aziende e scegliere ciò che è meglio per sé, senza che con ciò debba pagare pegno l’agente che ha profuso energie ed impegno nel raggiungere l’obiettivo di un portafoglio clienti ragguardevole. Rivolgo, quindi, un invito al Legislatore, e in particolare ai nostri governanti, affinché raccolgano questa istanza e si curino di soddisfare le complesse e sacrosante esigenze di tutte queste categorie.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite