Rispondendo ad una nostra lettrice di Roma oggi mi occuperò della questione delle deleghe che vengono conferite ad un soggetto per farsi rappresentare all’assemblea condominiale. Tale questione è spesso sottovalutata, nell’errata convinzione che si tratti di un atto “semplice” e di uso comune; in realtà, a ben guardare, ci sono aspetti pratici e giuridici che è opportuno conoscere per non commettere errori. Ho pensato, quindi, di ripercorrerli partendo dall’esame del quesito che ci ha sottoposto la signora Marta. La nostra lettrice, avendo ricevuto la convocazione a partecipare all’assemblea del condominio in cui abita e non potendovi partecipare perché fuori città, avrebbe intenzione di delegare la sorella, anch’ella proprietaria di un’altra unità immobiliare nello stesso edificio, che, tuttavia, ha manifestato opinioni diverse su come esprimersi e votare in relazione ad alcuni punti posti all’ordine del giorno. Chiede, quindi, come dovrebbe comportarsi per non pregiudicare la propria volontà di espressione e giudizio pur delegando altro soggetto.
REGOLE VECCHIE E REGOLE NUOVE La domanda, che può sembrare banale, ci offre lo spunto per fare qualche digressione sull’attuale istituto della delega condominiale alla luce della riforma del condominio (Legge n. 220/2012) evidenziandone le differenze con la disciplina precedente che, tuttavia, ci sembra opportuno menzionare posto che attualmente sono pendenti ancora molte controversie che, insorte prima dell’entrata in vigore della riforma, dovranno essere definite sulla base della vecchia legge.
LA DISCIPLINA ATTUALE Partiamo allora richiamando ciò che dispone oggi la legge e, in particolar modo, riferendoci a quanto recita l’art. 67, primo e secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile: Il primo comma dispone che, “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale”. Il secondo comma regola invece un’ipotesi diversa ovvero, “Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice”. La lettura della norma sopra richiamata ci porta, quindi, innanzitutto a distinguere due diverse ipotesi ovvero:
a) delega a persone che non hanno nulla a che vedere con quell’unità immobiliare
b) delega a persona che è comproprietaria
SE L’APPARTAMENTO APPARTIENE A PIÙ DI UNA PERSONA Particolare interesse riveste il secondo caso disciplinato dalla norma in questione, ovvero quello in cui l’unità immobiliare sia appartenente a più proprietari. Si pensi ad esempio ad un appartamento in comproprietà tra due soggetti (come per esempio i coniugi che hanno scelto la comunione dei beni) oppure ad un’unità immobiliare che, invece, ha molti proprietari perché pervenuta loro in eredità (successionis causa) o perché semplicemente è stata acquistata insieme. Ebbene quando vi siano più proprietari (comproprietari, appunto), che non siano però coniugi in comunione di beni, risulterà necessario trovare un accordo in via preliminare su chi debba avere il potere di rappresentanza in assemblea. In altre parole si tratta di indire un’assemblea interna alla comunione per procedere, quindi, alla nomina di un unico rappresentante che dovrà esprimere il parere di tutti, in seno alla riunione condominiale, così come previsto dalla norma sopra citata. Tale nomina dovrà essere raccolta in una sorta di verbale dell’assemblea della comunione che avrà la stessa valenza della delega. L’ipotesi è, a differenza di quanto si potrebbe pensare, tutt’altro che infrequente poiché molte sono le unità immobiliari cadute in eredità non ancora oggetto di divisione tra i coeredi che vedono i comproprietari titolari di quote pari ad un 1/6, 1/12 e persino di 1/30 dell’intera proprietà. Ovviamente questa procedura non ha invece senso ed utilità quando si tratta di coniugi in comunione tra loro poiché in tal caso sarà sufficiente una semplice delega scritta di un coniuge in favore dell’altro.
ORA È OBBLIGATORIA LA FORMA SCRITTA Con l’attuale disciplina il potere di verificare il rispetto della forma della delega spetta al Presidente dell’assemblea, verifica che oltre a vertere sulla forma scritta riguarda anche la sua sottoscrizione che deve essere chiara e leggibile e che deve corrispondere a colui che detiene il potere di conferirla (non è valida ad esempio la delega conferita ad un terzo dal coniuge che non si trovi nella situazione di comunione dei beni, poiché in tal caso occorre la firma di entrambi i comproprietari). Il Presidente, invece, non può eccepire nulla con riguardo al suo contenuto qualora questo riporti limitazioni o indicazioni di voto per uno o tutti i punti posti all’ordine del giorno. Infatti, la Suprema Corte, anche recentemente, ha osservato che “i rapporti fra il rappresentante intervenuto ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega scritta o la carenza del potere di rappresentanza e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto” (Cassazione civile, Sezione VI - 2, Ordinanza del 24 ottobre 2014, n. 22685; Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 30 gennaio 2013, n. 2218; Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 7 luglio 2004, n. 12466).
A CHI SPETTA INTERVENIRE IN ASSEMBLEA? Interessante è, inoltre, osservare come la novella legislativa (Riforma del Condominio) abbia cambiato qualcosa anche in relazione ai legittimati ad intervenire in assemblea, vale a dire a coloro che hanno il diritto di partecipare alla riunione condominiale. Infatti il legislatore, disciplinando i modi e i termini della convocazione, ha introdotto sia nell’art. 1136, comma 6, del codice civile che nell’art. 66, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile un nuovo termine ovvero quello di avente diritto, termine più ampio, nella sua accezione letterale, a quello di semplice condomino. Ciò potrebbe stare a significare che il legislatore ha inteso allargare il novero dei soggetti che l’amministratore deve convocare: non solo i proprietari ma, quando ne hanno diritto, anche gli inquilini (che hanno diritto di voto ad esempio sull’uso del riscaldamento). Sicuramente l’orientamento giurisprudenziale attuale dovrà tenere conto di questa nuova figura dell’avente diritto quando si verterà in materia di legittimità della convocazione in assemblea. Ad ogni buon conto, qualunque sia il soggetto che ha diritto a partecipare, egli può farlo in soli due modi:
1) personalmente
2) delegando un altro condomino o, se non vietato dal regolamento, anche un soggetto estraneo al condominio
COSA DICEVA LA LEGGE PRIMA DELLA RIFORMA? Prima dell’entrata in vigore della Legge 220/2012 l’art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile disponeva semplicemente che “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante” omettendo qualsiasi riferimento alla forma che doveva possedere la delega. In virtù di tale laconica norma, che lasciava ampi spazi di discrezionalità in mano al delegante, anche la giurisprudenza era orientata a riconoscere una libertà di forme e qui vale la pena solo di ricordare come la Cassazione specificasse che “il potere rappresentativo conferito dal condomino ad altro soggetto per la partecipazione all’assemblea condominiale può essere attribuito anche verbalmente, e la prova della esistenza, dell’oggetto e dei limiti del mandato può essere acquisita con ogni mezzo” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 27 marzo 1998, n. 3251). Solo il regolamento di condominio poteva, quindi, porre dei limiti formali al conferimento della delega essendo pacifico che lo statuto della compagine può e poteva contenere disposizioni volte a regolare l’amministrazione della cosa comune e quindi prevedere norme più restrittive rispetto a quelle legali.
LA PRASSI DELLA DELEGA TELEFONICA È STATA SUPERATA In mancanza di specificazioni e limiti restrittivi, dunque, prima della riforma, in un contesto di assoluta libertà di forme era invalsa addirittura la prassi della delega telefonica. Ciò accadeva soprattutto quando in assemblea si manifestava la difficoltà a raggiungere i quorum per poter deliberare sui punti posti all’ordine del giorno: in questi casi la telefonata al vicino per ottenere la delega a rappresentarlo serviva a scongiurare il nulla di fatto. La legge di riforma ha inteso, invece, conferire una condivisa “solennità” alla delega prevedendo, l’obbligatorietà della forma scritta e, come visto, un limite al numero di condomini che si possono rappresentare.
RAPPORTI TRA DELEGATO E DELEGANTE Tornando al quesito della signora Marta (delegante) che chiedeva appunto in che modo farsi rappresentare dalla sorella (delegata), anch’essa condomina del medesimo edificio, che ha opinioni contrarie alle proprie, occorre ricordare che la delega in questione soggiace alla disciplina del mandato e, pertanto, a tale rapporto rimangono estranee tutte le altre persone che partecipano alla riunione. Poiché il rapporto intercorre esclusivamente tra delegante e delegato, dunque, solo il delegante può far valere eventuali vizi che dovessero inficiare l’atto contenente la delega. A questo si applicano, quindi, le disposizioni di cui agli artt. 1703 e seguenti del codice civile che disciplinano appunto il mandato. Ciò detto bisogna rammentare che, mentre la Legge di riforma richiede che la delega debba essere obbligatoriamente rilasciata in forma scritta, nulla viene specificato riguardo, invece, al suo contenuto, anche minimo. Ci si chiede allora se sia sufficiente l’indicazione del rappresentante e del rappresentato per una determinata riunione o se deve essere altresì indicata la volontà del primo, a cui il secondo è vincolato.
È MEGLIO CHE LA DELEGA CONTENGA LE DIRETTIVE CHE IL DELEGATO DEVE SEGUIRE In applicazione di una nota e abbastanza recente sentenza della Suprema Corte (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 10 agosto 2009, n. 18192), pare non essere richiesta l’indicazione della volontà del rappresentato. Questioni di opportunità, tuttavia, fanno propendere per indicare nella delega il voto che il condomino intende esprimere per singolo argomento, onde evitare contenziosi tra le parti (delegante e delegato). Adottando tale accorgimento, in applicazione della disciplina sul mandato, il delegato è tenuto a seguire le direttive e la volontà del suo rappresentato, non potendo discostarsene. In ogni caso è bene precisare, come bene hanno avuto modo di osservare i giudici della Cassazione “in caso di conflitto di interessi fra un condomino ed il condominio, qualora il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse - non personale ma quale componente della collettività - e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato” (Cassazione civile, Sezione II, Sentenza del 10 agosto 2009, n. 18192).
NELL’ATTO DI DELEGA OCCORRE INDICARE LA DATA Bisogna inoltre osservare che l’indicazione nella delega della data dell’assemblea è elemento necessario, non potendosi altrimenti avere contezza di quale sia il riferimento temporale per cui è stata conferita la rappresentanza. Questa osservazione vale soprattutto alla luce del fatto che la legge nulla dice in merito all’espressione della volontà del condomino sui temi che saranno decisi in sede di riunione condominiale. La legge non precisa nulla con riguardo all’esibizione al Presidente della riunione affinché si prenda atto della validità dell’intervento. Quest’adempimento si ritiene tuttavia necessario e opportuno al fine del controllo della valida costituzione dell’assemblea, sotto il profilo del rispetto del quorum costitutivo, dando atto della presenza del condomino per mezzo di un soggetto terzo. Il Presidente della riunione, al pari del segretario, non è, peraltro, una figura necessaria e, quindi, se non viene nominato, l’esibizione di questo documento sarà nei confronti dell’assemblea. Anche se non espressamente indicato, si può considerare altresì opportuna l’allegazione della delega al verbale dell’assemblea, per permettere di verificare, in qualsiasi momento, la validità della riunione e affinché rimanga traccia di questo adempimento.
DELEGA CON O SENZA LIMITI? Che cosa accade, infine, se il delegato discute e impegna il condomino assente per argomenti non previsti nell’ordine del giorno? Quest’ultimo potrà impugnare la deliberazioni oppure risultando come il suo voto favorevole non ne avrà diritto? Al riguardo, come punto di partenza, è bene sempre limitare la delega agli argomenti inseriti nell’ordine del giorno o specificamente a qualcuno di essi. Così un comportamento difforme renderà invalida la delibera consentendone l’impugnazione anche al delegante. Più difficile ma non per questo compromessa, la posizione di chi ha deciso di ratificare globalmente ed in anticipo il comportamento del proprio delegato. In tal caso, ad avviso di chi scrive, la questione assume importanza nei rapporti interni tra delegato e delegante ma la delibera è di per sé vincolante per il delegante e, quindi, non è impugnabile.
Dottor Massimo Botti - Studio Comite