Solitamente ogni conto corrente ha un solo intestatario il quale ha la disponibilità dell’intera somma depositata dall’apertura del conto stesso alla sua estinzione. Tuttavia, una pratica assai comune è quella di avere un conto corrente cointestato, che può essere a firma congiunta (per ogni operazione è necessaria la firma di tutti i cointestatari) oppure disgiunta (ogni titolare può disporre liberamente delle somme depositate). Svariati i motivi della scelta: il marito con la moglie per garantire i necessari e frequenti prelievi per tutto quello che riguarda le spese domestiche, allo stesso modo l’anziano, ormai non più autosufficiente, con una badante convivente, oppure la zia con il nipote per anticipare un lascito successorio. Al di là delle ragioni e della comodità di gestione, la cointestazione dà però luogo a qualche dubbio. Si tratta solo di un atto formale oppure può essere considerata una donazione a tutti gli effetti? Sul tema, di recente, si è espressa la Corte di Cassazione chiarendo con maggior precisione quali siano i confini, gli effetti legali e le conseguenze di questa scelta. Guardiamo quali…
SALVO PROVA CONTRARIA È UNA DONAZIONE AL 50% Cointestare un conto corrente a un’altra persona significa porre in essere una donazione a tutti gli effetti, salvo che si dimostri la diversa finalità delle parti per cui la donazione era solamente fittizia. Insomma, semplicemente, per il solo fatto che la madre cointesti il proprio conto con il figlio, rende quest’ultimo titolare del 50% delle somme depositate. Tuttavia, in caso di contrasti, la madre potrebbe comunque dimostrare che era una donazione simulata al diverso scopo, per esempio, di farsi aiutare nelle operazioni quotidiane di spesa. Allo stesso modo, tra marito e moglie, in caso di separazione, è possibile comunque provare che il conto era alimentato da uno dei due coniugi in via esclusiva oppure con differente contribuzione in base alle rispettive entrate. In tutti questi casi, vige la presunzione, ex art. 1298 comma II, di considerare al 50% ciascuno le somme depositate presso il conto corrente cointestato, salvo tuttavia indicazione di diversa ripartizione. Viene comunque ammessa prova contraria dimostrando la diversa suddivisione delle suddette somme. Preciso che il codice civile non prevede una disciplina ad hoc per il contratto di conto corrente ma solamente disposizioni generali “in materia di operazioni bancarie in conto corrente” (artt. 1852 – 1860 c.c.), con applicazione inoltre dei principi generali previsti agli artt. 1292 – 1299 c.c. quali norme sulle obbligazioni solidali.
MA SI PUÒ PRELEVARE TUTTO… Nei rapporti con la banca, il cointestatario può prelevare qualsiasi somma, senza che questa operazione possa in qualche modo essere contestata dall’operatore allo sportello, fino addirittura, a prelevarne l’intero importo depositato. Difatti, le relazioni con l’istituto bancario sono regolamentate secondo il principio della solidarietà attiva per cui ciascuno dei correntisti può esigere dalla banca qualsiasi somma, anche superiore alla metà, in virtù di quanto dispone l’art. 1854 del codice civile il quale precisa che “gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. Lo stesso principio è applicato anche nei rapporti tra le parti, declinato nell’art. 1298 del medesimo codice come “nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori” (Cass. sent. 77/2018 e 26991/2013) con la precisazione però che se un intestatario preleva oltre la propria quota, quest’ultimo sarà tenuto a restituire il surplus all’altro.
ATTENZIONE ALLLA QUOTA ECCEDENTE In un conto corrente cointestato tra padre e figlio per quote uguali, quest’ultimo, recandosi in banca, potrà effettuare un prelevamento pari al 70% del totale depositato e l’impiegato, per il principio sopra esposto, ne potrà autorizzare l’operazione. Successivamente il padre, venendo a conoscenza del suddetto prelevamento, ne potrà chiedere la restituzione per la porzione eccedente la quota del 50% con la conseguenza che il figlio sarà tenuto a ripristinare sul conto quel surplus prelevato pari al 20%.
QUANDO IL CONTO COINTESTATO VA IN ROSSO Lo stesso principio vigente per i prelievi vale, allo stesso modo, anche per i debiti nel principio di solidarietà passiva per il quale secondo quanto disposto dall’art. 1294 del codice civile “i condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente”. Ciò significa, in pratica, che se il conto corrente dovesse andare in rosso, la banca potrebbe chiedere il rientro anche solo a uno dei due, salvo poi il diritto del titolare pagante di rivalersi sull’altro cointestatario per la sua parte di debito. Questo è quanto previsto dall’art. 1292 del codice civile per cui ciascun condebitore, obbligato in solido con l’altro per la medesima prestazione, può essere costretto all’adempimento per la totalità con la conseguenza che in primis l’adempimento di uno libera tutti gli altri e in secondo luogo la possibilità da parte di quest’ultimo di rivalersi sugli altri, ex art. 1299 del codice civile, per la parte che ciascuno doveva.
…E SE UNO DEI COINTESTATARI MUORE? Con la morte di uno dei contestatari, sia nei casi di firma congiunta che di firma disgiunta, la prassi bancaria prevede precauzionalmente il blocco del conto attraverso l’esibizione del certificato di morte da parte dei chiamati all’eredità (eredi legittimi o testamentari) che acquisteranno pro parte la titolarità della suddetta quota, con la necessità di depositare inoltre la dichiarazione di successione oppure in alternativa l’atto notorio o il certificato sostitutivo di atto notorio. In questo modo solo la quota di appartenenza del defunto cade in successione, calcolata in percentuale sulla base dell’intera giacenza depositata e del numero di cointestatari. Nel caso, ad esempio, di conto cointestato tra madre e figlio, a seguito della morte della prima, l’altro rimarrà titolare della propria quota (presubilmente del 50%) e concorrerà in qualità di erede con gli altri fratelli per la quota caduta in successione, salvo l’ipotesi di cointestazione fittizia che, se dimostrata, porterà alla suddivisione dell’intero ammontare per il numero totale dei figli.
UNA BUONA NOTIZIA PER CONCLUDERE Nel caso di pignoramento del conto corrente, per debiti di uno dei cointestatari è possibile aggredire l’intero ammontare del conto? No! Il creditore procedente può legittimamente pignorare solo la quota di spettanza del proprio debitore, senza possibilità di poter aggredire la totalità delle somme disponibili, con la conseguenza che il conto corrente non verrà bloccato interamente in quanto le restanti somme rimarranno a disposizione degli altri cointestatari.
Dott.ssa Ilaria Spadavecchia – Studio Comite