Accade più spesso di quanto non si creda, lei lo lascia e lui non si rassegna e allora per ripicca dice: “sai che c’è? I figli, d’ora in poi, sono affare tuo e non voglio più saperne nulla, pagherò quel tanto che basta, se potrò e se vorrò, ma per il resto dovrai arrangiarti da sola”. Oppure, lui si invaghisce della giovane segretaria o collega di lavoro e perde la testa: “cara mia me ne vado, la vita mi offre un’altra possibilità e quindi non voglio più saperne né di te né del pargolo”. Potrei raccontarne molte altre, ma ciò che risulta importante sottolineare è la circostanza per la quale in queste situazioni, prima o poi, bisogna affrontare alcune decisioni, nell’interesse della prole, a cui, secondo quanto stabilisce la prassi ed il nostro ordinamento giuridico, occorre partecipare congiuntamente in virtù della responsabilità genitoriale. Mi riferisco alle scelte che riguardano per esempio la salute, la confessione religiosa, l’istruzione o anche il cambio della residenza abituale. In tutti questi casi la Legge prevede che i genitori debbano essere congiuntamente presenti, così come in tutte le decisioni di maggior interesse per i figli. Ma se l’altro sparisce e, di fatto, rende difficile o addirittura impossibile l’assunzione di tali decisioni, che fare?
QUANDO SI NEGA IL PROPRIO RUOLO GENITORIALE… Non è cosa scontata che alla separazione consegua immediatamente la consapevolezza della fine del rapporto di coppia e la necessità, anzi, di ripensare a se stessi nell’unico ruolo che permane in presenza di figli, vale a dire quello genitoriale. Ancor più complicato è reimpostare la relazione tra uomo e donna in funzione dell’unico denominatore comune che sopravvive alla fine del matrimonio o della convivenza; ciò specie quando i sentimenti di intolleranza, rabbia, delusione e vendetta siano così forti da rendere impossibile focalizzare l’attenzione su altre persone o pensare a se stessi come ad un soggetto che possa vivere pienamente accanto ai propri figli pur in presenza di una nuova relazione affettiva. A volte ciò accade per naturale egoismo, quello che induce al disinteresse integrale verso tutto ciò che rappresenta ostacolo a una nuova forma di felicità, altre volte per l’incapacità di dialogare con modalità diverse rispetto a quelle utilizzate durante il matrimonio e la convivenza. Sta di fatto che, purtroppo, in qualche caso, alla disgregazione del rapporto di coppia segue il fallimento genitoriale che si concretizza con la negazione del ruolo ed il rifiuto dei propri doveri, scaricando sull’altro ogni responsabilità e ogni difficoltà emotiva e materiale. In queste situazioni il genitore con il quale i figli coabitano si trova ad affrontare, oltre alla gestione delle risorse economiche e all’accudimento dei bimbi, le problematiche connesse all’educazione, istruzione, salute e alla scelta del luogo in cui vivere. Tutte questioni per le quali, nell’interesse della prole, il codice civile stabilisce la presenza di entrambi i genitori trattandosi di aspetti fondamentali della vita di un individuo.
INTERESSE DEI FIGLI E AFFIDO CONDIVISO SONO REGOLE FONDAMENTALI È proprio su tali principi ispiratori che si fonda la nuova disciplina introdotta dal Decreto Legislativo 154/2013, entrato in vigore il 7 febbraio 2014, finalizzato alla revisione delle norme in materia di filiazione. Da un lato, dunque, la tutela esclusiva dell’interesse morale e materiale dei figli, cui i giudici dovranno ispirarsi anche quando devono scegliere tra affido esclusivo o affido congiunto, e dall’altro il principio della bi-genitorialità che si realizza attraverso lo strumento dell’affidamento condiviso, già introdotto nel nostro ordinamento giuridico dalla Legge 54 del 2006, che ha dettato disposizioni in materia di separazione dei genitori e, quindi, già operativo da diverso tempo. Il criterio della bi-genitorialità, oggi ribadito dall’art. 337 ter del codice civile, consente al minore di mantenere sia con mamma sia con papà un rapporto equilibrato e continuativo e consente, altresì, di ricevere cure, educazione, istruzione e assistenza morale e materiale da entrambi conservando rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. A questa stregua la bi-genitorialità cessa di essere mera rivendicazione, seppur legittima, dell’ex coniuge escluso dall’affidamento e relegato alla sola funzione di genitore bancomat, ma diventa un vero e proprio diritto soggettivo del minore da collocare tra i diritti della personalità. In altre parole con l’affido condiviso entrambi i genitori mantengono gli stessi diritti e doveri sui figli ed hanno gli stessi poteri e conseguenti responsabilità.
AFFIDO ESCLUSIVO O MONOGENITORIALE L’art. 337 quater del codice civile, anch’esso introdotto dal Decreto Legislativo 154/2013, detta disposizioni in materia di affidamento a un solo genitore stabilendo che il giudice potrà disporre tale tipo di affidamento qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore, vale a dire in presenza di fatti che dimostrino l’inidoneità o la manifesta carenza dell’altro genitore. Il terzo comma dell’art. 337 quater stabilisce poi, che: “il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi, egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che non siano state assunte decisioni pregiudizievoli per il loro interesse”. Dall’esame della norma emerge chiaramente che l’esercizio della responsabilità genitoriale, nell’ipotesi di affido mono-genitoriale, compete in modo esclusivo al genitore cui vengono affidati i figli, salvo che il giudice non detti diposizioni particolari anche con riguardo all’esercizio della responsabilità genitoriale, cui l’affidatario dovrà scrupolosamente attenersi. Ma vi è di più: la norma sancisce in modo inequivocabile che pur in presenza di affidamento ad uno solo dei genitori, le decisioni di maggior interesse, ovvero quelle relative alla salute, educazione, istruzione e scelta della residenza familiare, dovranno essere assunte da entrambi i genitori in virtù del fatto che tutti e due continuano ad essere titolari della potestà genitoriale nella nuova accezione di insieme di responsabilità. Le limitazioni che discendono dall’affidamento esclusivo, in termini generali, riguardano dunque, il solo esercizio di tale complesso sistema di responsabilità, che resta riservato al genitore affidatario in via esclusiva, seppur, talvolta, con l’adozione di criteri correttivi espressamente enunciati dal giudice. Al genitore non affidatario compete comunque, sempre, un dovere di vigilanza sulla crescita dei figli.
RICORDIAMO QUALI SONO LE DECISIONI DI MAGGIOR INTERESSE Tra le decisioni più importanti, cui devono partecipare entrambi i genitori, indubbiamente vi sono quelle che riguardano il cambio di scuola, i viaggi di istruzione all’estero per brevi o lunghi periodi, la scelta dell’indirizzo religioso o, ancora, l’effettuazione di un intervento chirurgico o la sottoposizione a cure particolari come quelle psicologiche. Tra le decisioni di maggior rilievo vi sono, infine, quelle relative al cambio di residenza o addirittura il trasferimento all’estero per il quale è peraltro necessario il passaporto o altro documento valido per l’espatrio. In generale vi rientrano, comunque, tutte quelle scelte straordinarie che riguardano la vita di un figlio. Peraltro, in molti di questi casi è proprio stabilito che la necessaria modulistica amministrativa venga sottoscritta da entrambi i genitori, a volte persino alla presenza di un pubblico funzionario, come nel caso di documento identificativo valido per l’espatrio. L’affidatario in via esclusiva, pur avendo l’esercizio quotidiano della responsabilità genitoriale, che assuma una di queste decisioni in modo autonomo senza consultare l’altro genitore o che eviti di rivolgersi al giudice, in caso di disaccordo, compie un atto illecito in danno dei minori che può essere sanzionato anche attraverso lo strumento indicato dall’art. 709 ter del codice di procedura civile che disciplina la soluzione delle controversie che insorgono, appunto tra genitori, e detta provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni (Tribunale di Torino, Sezione VII Civile, Decreto dell’8 ottobre 2014, Tribunale di Milano, Sezione IX, Decreto del 17 giugno 2014).
AFFIDAMENTO: BLINDATO, RAFFORZATO O SUPER ESCLUSIVO Per tornare sulla questione dell’affido mono-genitoriale occorre precisare che, talvolta, l’assunzione delle decisioni di maggiore interesse per i figli, di cui ho fatto cenno, possono essere demandate al solo genitore cui vengono affidati in via esclusiva i minori. Si tratta di casi limite e piuttosto rari ma comunque possibili e caratterizzati da situazioni in cui il genitore non affidatario rende difficile o addirittura impraticabile l’esercizio delle facoltà e dei doveri connessi al sistema delle responsabilità genitoriali con riguardo alle scelte di maggior interesse per i figli. In sintesi, ciò sarà possibile ove, oltre alla inidoneità o manifesta carenza dell’altro genitore, che già di per sé giustifica l’affido mono-genitoriale, quest’ultimo mostri anche grave e completo disinteresse per i figli o sia addirittura da considerare pericoloso per i minori stessi o ancora quando la conflittualità di coppia renda impraticabile tale condivisione. In tali circostanze il giudice, in virtù di quanto consentito dall’art. 337 quater, terzo comma del codice civile, può dunque riservare al genitore affidatario anche la scelta sulle decisioni di maggior interesse. Tale modalità rafforzata o per così dire blindata di affidamento mono-genitoriale viene oggi comunemente definita con l’espressione un po’ bizzarra di affidamento super esclusivo. Tra i Tribunali che per primi hanno fatto applicazione di tale particolare strumento di tutela dell’interesse minorile vi è il Tribunale di Milano, sia ordinario sia per i minorenni (Tribunale Milano, Sezione IX civile, Ordinanza del 20 marzo 2014; Tribunale per i Minorenni di Milano, causa avente R.G. n. 53/12, Sentenza del 24 febbraio 2014) ma non mancano pronunce note e massimate anche di altri Tribunali quali Torino e Roma (Tribunale di Torino, Sezione VII Civile, Decreto dell’8 ottobre 2014; Tribunale di Roma con la sentenza n. 23620 del 25.11.2013). È chiaro che obbligare l’affidatario a concordare con l’altro genitore rivelatosi inadeguato le decisioni di maggior interesse per il figlio significherebbe cagionare al minore un danno ulteriore rispetto a quanto non abbia già patito per l’assenza di una delle figure fondamentali per la sua crescita equilibrata. Lo strumento fornito dall’art. 337 quater, comma terzo, arricchisce, pertanto l’ordinamento offrendo una modalità più funzionale all’interesse del minore il quale non deve in alcun modo subire, per quanto possibile, le ripercussioni negative della crisi familiare.
UN INVITO A TUTTI I COLLEGHI AVVOCATI Considerato che la materia in argomento riveste una certa importanza, e le decisioni note sono molto poche, inviterei tutti i colleghi che leggono i post del blog a trasmettermi eventuali provvedimenti che abbiano disposto, nell’interesse della prole, questa forma particolare di affidamento esclusivo rafforzato, affinché se ne possa curare la diffusione in ossequio allo scopo e alle finalità di “giuridicamente parlando”. Naturalmente avremmo cura di rispettare i dati sensibili contenuti nei provvedimenti in questione e citare il collega patrocinatore. Ringrazio, quindi, sin da ora, tutti coloro che vorranno collaborare per amore di informazione e di diritto.
Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite