La possibilità di recuperare le somme depositate su conti o libretti, nominativi o al portatore, la cui documentazione è stata dimenticata nel cassetto, magari per decenni, è questione abbastanza nota. Sono tanti, infatti, i siti e le riviste finanziarie on-line in cui l’argomento viene dibattuto e in tutti vengono indicate le modalità, più o meno chiaramente, per inoltrare la domanda alla propria banca, qualora ricorrano i presupposti che qui di seguito ricorderò, o alla Consap (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici), se sussistono i requisiti di legge, finalizzata alla restituzione di detti importi. Ciò su cui, invece, ritengo non vi sia adeguata informazione è la condotta, spesso posta in essere dagli intermediari finanziari (ovvero le banche), che rende difficoltoso e talvolta vano l’esercizio di tale diritto. Vediamo, dunque, in che modo, ancora una volta, questi soggetti si rendono responsabili di comportamenti scorretti e illegittimi...
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO Per comprendere quali siano o possano essere tali condotte occorre partire dall’esame dell’attuale normativa che regolamenta i “conti dormienti”. La Legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266) e il successivo Regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 22 giugno 2007) hanno stabilito la costituzione di un Fondo, istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie alimentato dall’importo dei conti correnti e degli altri rapporti bancari definiti come “dormienti” (compresi i rapporti di deposito al portatore rappresentati, ad es., da libretti al portatore) il cui saldo sia superiore a 100 € e che non risultino movimentati da almeno dieci anni.
DOMANDA DI RESTITUZIONE La gestione delle domande di restituzione delle somme depositate su rapporti dormienti e confluite in detto Fondo è stata affidata, a partire dal 14 giugno 2010, alla Consap. I soggetti legittimati a richiedere il rimborso sono i medesimi titolari dei rapporti oppure i loro eredi o, ancora, un delegato degli stessi che può anche essere un avvocato. Il termine entro cui va fatta la domanda da inoltrare alla Consap con apposito modulo, è di dieci anni e decorre da quando è stata fatta la richiesta di restituzione alla banca (in tal senso si è espressa la Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza del 20 gennaio 2012, n. 788). Quindi se la domanda viene fatta oltre tale termine la Consap la respinge perché il diritto si considera prescritto. Procediamo dunque con una distinzione:
CONTI DORMIENTI CON SALDO < 100 € non soggiacciono alla normativa di cui sopra e l’intermediario finanziario (banca o posta) non devolve nulla al Fondo ma trattiene in deposito le somme fino alla richiesta di restituzione maggiorata di interessi convenzionali o, in mancanza di pattuizione, legali. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, cui peraltro si uniforma anche l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), al momento della richiesta di rimborso non può essere domandata la rivalutazione poiché il debito è di valuta (ovvero si tratta di obbligazione restitutoria) e non di valore (non si chiede il risarcimento a fronte di un danno ingiusto da illecito). Quanto alla capitalizzazione la stessa risulta indubbiamente dovuta nel caso sia stata pattuita al momento dell’apertura del rapporto e ciò risulti comprovato per via documentale; tuttavia, non mancano alcune pronunce in base alle quali la stessa si considera comunque dovuta con frequenza annuale, anche in assenza di detta pattuizione. In tale ipotesi le eccezioni più frequenti che sollevano gli istituti di credito sono:
A) l’intervenuta prescrizione del diritto di rimborso affermando, scorrettamente, che il termine di dieci anni decorre dal momento in cui la somma depositata può essere chiesta in restituzione, e quindi sin dal giorno in cui è costituito il rapporto, o dall’ultima movimentazione effettuata;
B) smarrimento o distruzione della documentazione cartacea attestante l’esistenza del contratto di deposito (libretti al portatore o nominativi) o di conto corrente facendo leva su quanto dispone l’art. 2220 del codice civile e l’art. 119 della Legge 385/1993 (Testo Unico in materia bancaria e finanziaria) e successive modifiche e integrazioni. Peraltro su tale punto, le banche eccepiscono quasi automaticamente che il possesso da parte del titolare del rapporto o del suo erede della documentazione cartacea rinvenuta non comprova la sussistenza del deposito che potrebbe, proprio in virtù dell’inoperatività, anche essere stato nel frattempo estinto.
CONTI DORMIENTI CON SALDO > 100 € in questo caso la domanda di restituzione delle somme va inoltrata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento alla Consap con apposito modulo che deve indicare le generalità del richiedente e del conto o libretto su cui era depositata la somma di denaro che è stata destinata al Fondo, allegando il documento di identità e il codice fiscale dello stesso nonché l’originale della dichiarazione rilasciata dalla banca attestante l’estinzione del rapporto, previo accertamento della sussistenza dei requisiti di dormienza, per devoluzione al Fondo in conformità a quanto prescritto dalle norme su indicate. L’attestazione deve inoltre contenere il numero identificativo del rapporto, indicato nella comunicazione al MEF, di cui all’art. 4, comma 1, del regolamento di attuazione emanato con DPR 116/2007, nonché gli estremi del versamento al Fondo (numero di CRO, data del versamento e importo).
ATTESTAZIONE Nell’attestazione l’intermediario deve inoltre dichiarare:
1) di non aver già provveduto al rimborso;
2) di aver adempiuto agli obblighi di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 21 novembre 2007 (attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione).
DOCUMENTO DI DEVOLUZIONE Quando ci si trova di fronte a tale ipotesi la difficoltà più grossa è proprio ottenere il documento di devoluzione. Spesso, infatti, la banca nicchia a fornirlo adducendo la circostanza che non rinviene documentazione né gli estremi della devoluzione; talvolta, questo è indice del fatto che l’istituto non ha devoluto nulla e la sommetta si trova ancora nel tesoretto nascosto dello stesso in cui confluiscono tutti i depositi in questione.
Ebbene, cari lettori, qualora vi trovaste nelle situazioni sopra descritte non demoralizzatevi, non demordete e procedete con determinazione: i vostri sono diritti sacrosanti e la legge, bene interpretata e utilizzata, vi sostiene. Ricordate che l’emanazione di una norma e l’affermazione di un orientamento giurisprudenziale sono spesso il risultato di lunghe battaglie portate avanti con impegno e dedizione.