mercoledì 2 dicembre 2015

SE IL REATO È TENUE, IL GIUDICE NON PUNISCE!


L’introduzione nel nostro ordinamento di alcune norme che regolano la particolare figura giuridica identificata come tenuità del fatto è stata accolta da una parte dell’opinione pubblica con notevoli perplessità e qualche critica. Ad alcuni le nuove disposizioni sono apparse, infatti, come una comoda scappatoia per un gran numero di delinquenti; un modo, insomma, per evitare una condanna ritenuta giusta. Obiettivo ancor più semplice da perseguire se poi ci si affida a un legale particolarmente esperto. Tuttavia, una corretta lettura della norma, anche alla luce delle applicazioni più recenti, conduce a conclusioni ben diverse. Vediamo allora come funziona...

NESSUN DANNO SE IL FATTO NON È OFFENSIVO… Il Decreto Legislativo n. 28 del 2015 (attuativo della Legge Delega n. 67 del 2014), ha introdotto nel nostro codice penale l’articolo 131 bis. Attraverso le norme in esso contenute il Legislatore ha voluto perseguire due obiettivi: da un lato, non disperdere risorse economiche ed energie processuali per fatti che presentano una valenza offensiva minima e dall’altro, contemperare l’esigenza sociale di repressione dei fatti penalmente illeciti con il principio di proporzione tra la sanzione irrogata e la concreta offensività del fatto. Tutto ciò anche in un’ottica di alleggerimento del carico giudiziario. In parole più semplici, si parte dal presupposto che nel nostro ordinamento, per il principio di offensività, non è possibile sanzionare penalmente fatti che, pur corrispondenti a un reato (furto, truffa ecc.), in concreto non arrecano alcun danno o non mettono in pericolo alcun bene giuridico tutelato (ad esempio: vita, patrimonio, libertà, onore ecc.). L’esempio che si cita sempre per spiegare bene tale concetto è quello del furto di un chiodo arrugginito: si tratta di un fatto non offensivo, in quanto non arreca nessun danno al patrimonio della persona offesa. 

LA SANZIONE È SEMPRE PROPORZIONALE AL DANNO Conseguenza del criterio di offensività è il principio di proporzione: la sanzione irrogata non può essere eccessiva rispetto al danno arrecato al bene giuridico tutelato. Nel caso dell’istituto che stiamo esaminando, il Legislatore ha ritenuto che la sanzione penale (e il processo penale, che in sé è già pena) siano eccessive in tutti quei casi in cui l’offesa al bene giuridico sia particolarmente tenue. Si pensi al furto in supermercato di un pezzo di formaggio del valore di 5 Euro da parte di un soggetto incensurato. Corrispettivamente, si ritiene opportuno, anche al fine di ridurre il carico di lavoro gravante sull’apparato giudiziario, concentrare tempo e risorse della macchina della giustizia su tutti quei casi che superano una soglia minima di offensività e di relativo allarme sociale.

QUALI I PRESUPPOSTI PER L’APPLICAZIONE Il primo elemento di cui tenere conto per l’applicazione della norma (art. 131 bis) riguarda la pena prevista. Ciò significa che la nuova norma, che prevede appunto la non punibilità per fatti particolarmente tenui, può essere applicata solo a reati puniti:

1) con pena detentiva non superiore a cinque anni 

2) con sola pena pecuniaria

3) con pena detentiva non superiore a cinque anni, congiunta a pena pecuniaria.

Per determinare la pena astrattamente applicabile non si tiene conto delle circostanze aggravanti o attenuanti (tranne quelle speciali e a effetto speciale). In secondo luogo, la condotta non deve essere abituale. La stessa norma dell’art. 131 bis specifica, tra l’altro, i casi in cui la condotta è abituale (reato a condotte plurime, abituali, reiterate, soggetto che ha commesso più reati della stessa indole, ad esempio più reati contro il patrimonio, soggetto dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza). Infine, l’offesa deve essere particolarmente tenue. La valutazione è fatta con i parametri contenuti nell’articolo 133 del codice penale, sinora utilizzati solo ai fini della commisurazione della pena, e si concentra sugli aspetti delle modalità di condotta e sulla gravità del danno o del pericolo. La tenuità è esclusa nei casi indicati dal comma 2 dell’articolo 131 bis  ovvero, per esempio, per fatti commessi con crudeltà, con sevizie, o per motivi abietti e futili. In ogni caso va sottolineato che l’applicazione di questa norma non prevede nessun automatismo, bensì è frutto della valutazione discrezionale da parte del giudice, effettuata in concreto, caso per caso; fatto questo estremamente importante che l’opinione pubblica presumibilmente ignora e che ha condotto al giudizio negativo sulla norma.

IL REATO C’È, MA NON È PUNIBILE! Il proscioglimento per particolare tenuità del fatto è, quindi, una causa di non punibilità in senso stretto. Che cosa significa in termini pratici? Come è noto, attualmente gli studiosi del diritto e la giurisprudenza concepiscono il reato come un fatto tipico (cioè esattamente corrispondente alle previsioni di una norma), antigiuridico (commesso in assenza di cause di giustificazione) e colpevole (commesso con colpa o dolo, quindi non per caso fortuito, costringimento fisico ecc.). Le cause di giustificazione (es. legittima difesa o stato di necessità) incidono sull’antigiuridicità, facendo venir meno il reato. Il soggetto è prosciolto con formula piena (perché il fatto non costituisce reato). Le cause scusanti (ad es. caso fortuito e forza maggiore), come accennato, fanno venire meno l’elemento soggettivo (cioè la colpa): anche in questo caso si viene prosciolti con formula piena (perché il fatto non costituisce reato). Le cause di non punibilità (come è quella prevista dall’art. 131 bis) in senso stretto, invece, operano su un reato in sé perfetto (tipico, antigiuridico e colpevole) e cancellano la punibilità solo per ragioni di opportunità. È il caso dell’articolo 649 del codice penale che determina la non punibilità dei reati contro il patrimonio commessi a danni di familiari quando non vi sia violenza: lo Stato non ritiene opportuno punirli per non operare intromissioni nell’equilibrio dei rapporti familiari. Nella pratica l’articolo 131 bis è, anch’esso, una causa di non punibilità in senso stretto: anche qui si parla di opportunità di non punire un fatto che, pur offensivo (e quindi tipico), non raggiunge una soglia di offensività tale da destare un significativo allarme sociale. Se ne deduce che il Giudice che applica questa norma ha già valutato che il reato sussiste ed è perfetto: si tratta di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole che il soggetto ha commesso, sebbene non venga punito. L’applicazione dell’art. 131 bis è dunque un indiretto riconoscimento di responsabilità, tanto è vero che la relativa sentenza verrà iscritta nel casellario giudiziale sebbene contenga un proscioglimento e non una condanna.

E PER I REATI COMMESSI PRIMA DELLA NORMA? Sia la giurisprudenza sia gli studiosi del diritto si sono posti il problema se la particolare tenuità possa applicarsi anche a fatti commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 28 del 2015. Se si trattasse di una norma di tipo processuale, la risposta sarebbe negativa (in ambito processuale si applicano le regole vigenti al momento del fatto). Ma il proscioglimento per particolare tenuità è una norma di tipo sostanziale, ovvero una norma che incide sul trattamento sanzionatorio irrogabile al colpevole: appartiene dunque al diritto penale sostanziale e non processuale. È quindi sottoposta alle regole di cui all’art. 25 comma 2 della Costituzione e a quelle contenute nell’art. 2 del codice penale, così sintetizzabili: le nuove norme penali favorevoli al reo si applicano anche retroattivamente, ovvero a fatti precedenti l’entrata in vigore delle norme stesse; per quelle nuove ma sfavorevoli vige invece il divieto di applicazione retroattiva (per ragioni di certezza del diritto e di garanzia di libertà del cittadino). Applicazione retroattiva, dunque, ma con un limite. Se è intervenuta una sentenza di condanna diventata definitiva (perché non è stata impugnata nei termini o perché a esito del giudizio di impugnazione la condanna è stata confermata) quella condanna non può essere revocata per dare applicazione alla particolare tenuità, anche se nel caso concreto ne sussistessero i presupposti. La particolare tenuità, essendo una previsione normativa più favorevole al reo, si applicherà, dunque, a fatti pregressi solo a condizione che il giudizio sul fatto sia ancora aperto. La ragione tecnica sta nel fatto che la nuova norma non comporta l’abrogazione di norme sfavorevoli precedenti ma una normativa più favorevole rispetto al trattamento sanzionatorio di condotte che costituivano reato già prima e continuano a esserlo tuttora. Si applica dunque il quarto comma (e non il secondo) dell’art. 2 del codice penale, che prevede il limite del giudicato (sentenza definitiva), per l’applicazione del principio di retroattività della disciplina più favorevole.

DISCREZIONALITÀ, IN UN CASO I GIUDICI NON APPLICANO… In una sentenza pubblicata in aprile, la Cassazione ha rigettato (confermando la sentenza di appello) il ricorso proposto da un soggetto condannato in base alla disposizione contenuta nell’articolo 1 del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 in quanto, in qualità di liquidatore di una società, al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA, aveva fraudolentemente messo al riparo il danaro della società, rendendo difficoltosa la procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato. La Cassazione ha osservato che, sebbene il reato in questione rientrasse tra quelli citati dall’art. 131 bis, la Corte d’Appello avesse effettuato una corretta valutazione degli indici-requisiti della modalità di condotta e della gravità del danno o del pericolo e che quindi correttamente avesse escluso l’applicabilità della norma in questione al caso concreto, considerata la presenza di numerosi dati probatori concernenti le modalità di condotta e la gravità dell’offesa escludevano la tenuità del fatto. 

…IN UN ALTRO INVECE SI In una pronuncia pubblicata lo scorso ottobre, la Cassazione ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione del concetto di particolare tenuità in un caso di gestione non autorizzata di rifiuti (articoli 212 e 256, comma 1, lettera a) d.lgs. 152 del 2006). La Cassazione premette che, in base all’articolo 609, comma 2, del codice di procedura penale, può rilevare essa stessa d’ufficio la sussistenza in astratto dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 131 bis del codice penale fondandosi sulle risultanze processuali e sulla motivazione della sentenza sottoposta al suo esame e conseguentemente rinviare ad altro Giudice perché esamini in concreto se effettivamente la norma possa e debba essere applicata. In questo caso, risultava che un soggetto avesse venduto alcuni rifiuti di ferro non pericolosi a un soggetto non autorizzato. La condotta risultava, dagli atti, non abituale e il fatto era stato valutato come particolarmente tenue dallo stesso giudice di primo grado, il quale aveva concesso le attenuanti generiche, contenuto la pena nel minimo previsto dalla norma e concesso altresì i doppi benefici di legge. Essendo sopravvenuta, successivamente alla sentenza impugnata, la nuova disciplina della particolare tenuità, la Suprema Corte ha annullato la decisione e ha rinviato ad altro giudice perché valutasse in concreto l’applicabilità dell’articolo 131 bis, di cui la Cassazione ha riscontrato, in astratto appunto, la sussistenza dei presupposti di legge (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza n. 15449 del 2015; Cassazione penale, Sezione III, Sentenza n. 41850 del 2015).

IN CONCLUSIONE la nuova norma non è un colpo di spugna per i casi meno gravi, è vero invece che consente, in presenza di precisi requisiti, una pronuncia di proscioglimento pur in presenza di accertamento di responsabilità per tutti quei casi in cui la condanna penale appare, anche alla luce del senso comune, obiettivamente eccessiva, soprattutto se la condotta è occasionale e non ha prodotto un danno o un pericolo significativi. Si tratta, in ultima analisi, di casi che il Legislatore non intende lasciare privi di tutela ma che ritiene siano più adeguatamente gestibili in sede civile piuttosto che in sede penale: l’azione civile di danno, infatti rimane comunque una strada aperta per il soggetto danneggiato, come rimangono praticabili anche rimedi come la mediazione e la negoziazione assistita, i quali consentono una soluzione della vicenda più rapida e meno costosa di un processo.


Avvocato Maria Elisabetta Puri – Redazione Giuridicamente parlando