Con la promulgazione della Legge 242/16 nel dicembre 2016, abbiamo
assistito all’improvviso espandersi del mercato legale della canapa. Questo
perché la nuova legge permette la coltivazione e la vendita di prodotti
provenienti dalla lavorazione della canapa senza bisogno di alcuna
autorizzazione da parte delle Autorità. Non si tratta però di marijuana da
sballo ma della versione “light”, l’Eletta Campana, che presenta un valore di
THC (il principio psicoattivo) molto inferiore allo 0,6% che è, appunto, il
limite consentito dalla legge. Il prodotto in questione, a dire di chi ne cura
e curerà la commercializzazione, consentirebbe un’efficacia maggiore di
rilassamento, combatterebbe il mal di testa, i dolori mestruali e quelli
articolari. Avrebbe, inoltre, un effetto antiossidante utile a chi soffre di
malattie degenerative e la si potrà usare come tisana o al posto del tabacco
tradizionale. Cerchiamo di capire…
AGRICOLTORI AL LAVORO La legge 242/16 ha reso legale la
coltivazione della canapa industriale. Le aziende che mettono in commercio
questa marijuana light si
rivolgono ad una serie di agricoltori
che coltivano canapa sativa a uso industriale in varie regioni di Italia
acquistandone i fiori, prodotto che solitamente viene scartato. L’art. 2
della L. 242/2016, infatti, prevede che la coltivazione possa avvenire senza
bisogno di autorizzazione e che dalla canapa così coltivata sia possibile
ricavare “alimenti e cosmetici nel
rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati quali fibra,
canapulo, polveri, cippato oli o carburanti, per forniture alle industrie e
alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; …
prodotti utili per la bioedilizia; …; coltivazioni destinate al florivivaismo”.
QUALI OBBLIGHI… Obbligo del coltivatore è quello di garantire la
provenienza dei semi (genetica) in modo che sia certificato, dall’azienda produttrice, il quantitativo di THC (tetraidrocannabinolo, che è il principio
psicoattivo della pianta) e la provenienza
(a tal riguardo si segnala come sia più affidabile la produzione di semi fatta
in Francia, Germania, Spagna e Usa rispetto a quella di aziende produttrici
dell’est europeo o orientali). Tra gli altri obblighi del coltivatore vi sono
quello di conservare i cartellini della
semente acquistata per un periodo non inferiore ad un anno e di conservare
le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa
vigente (art. 3 L. 242/16).
…QUALI LIMITI E USI Il quantitativo di THC presente nella pianta, e
nel seme, deve essere compreso tra lo
0.2% e lo 0.6% (art. 4 L. 242/16). Al di sotto di questa soglia nessuna
responsabilità può essere addebitata al coltivatore o al detentore. Mentre non sono invece previsti limiti per il CBD (cannabidiolo, che ha effetti rilassanti
e ansiolitici). Finché il THC contenuto nelle piante non supera la soglia
massima consentita, si possono tenere quante piante si vuole, essendo
consentita la vendita di talee che rispettano i limiti di THC. La circolare del
Ministero della Salute del 22 maggio 2009 ha ammesso in Italia gli usi
alimentari del seme di canapa, rilevando come questi non contengano THC ma
sostanze antiossidanti e acidi grassi omega-3. Tale conferma dell’assenza
genetica di THC nei semi di cannabis è stata confermata anche dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Ufficio Centrale Stupefacenti.
NON SOLO MEDICINA L’approvazione di questa legge dimostra che il
legislatore ha pensato di aprire alla possibilità di utilizzare la canapa,
oltre che per usi medici, anche per usi
ricreativi. Se questa apertura porterà in un futuro ad una legalizzazione
della marijuana, anche contenente principio psicoattivo, è presto per dirlo
però tale ipotesi non è così remota, posto che personalità dello Stato quale il
procuratore nazionale antimafia Franco Roberti
e diversi altri magistrati hanno aperto a questa possibilità, giustamente
invocando un controllo dello Stato sulla produzione e la vendita.
Dottor Luca Cantisano – Studio Comite