Il recente, drammatico,
episodio di Victoria, la bimba uccisa dai due cani pitbull di famiglia mentre
giocava nel giardino di casa a Flero in provincia di Brescia, ha riportato
l’attenzione di tutti sulla particolare pericolosità di alcune razze canine e
sulla necessità di formare i proprietari di cani nell’educazione e nella
corretta gestione dei propri animali, anche attraverso il cosiddetto patentino.
È un argomento, questo, molto sentito non solo perché non sono infrequenti
episodi, più o meno gravi, di aggressioni da parte di cani domestici anche
verso componenti del proprio nucleo familiare, ma anche perché possedere un
cane è oramai un fatto diffuso, è diventato quasi uno status sociale. Non c’è,
infatti, personaggio famoso che non sfoggi almeno una foto con tanto di
cagnolino in borsetta a mo’ di peluche o di cagnolone a guardia del corpo. Ma,
si tratta pur sempre di animali e anche il più mansueto dei cani può essere
imprevedibile e diventare inaspettatamente ed incomprensibilmente aggressivo. Che
fare quindi? In casi del genere, quale responsabilità deriva al proprietario
dell’animale?
PROPRIETÀ E DETENZIONE In primo luogo come ha
oramai pacificamente chiarito la giurisprudenza di legittimità, l’insorgere
della posizione di garanzia relativa
alla gestione, alla cura e quindi
alla custodia di un animale prescinde dalla nozione di appartenenza.
Responsabile, quindi, non è solo il proprietario. Tali obblighi, infatti,
sorgono ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto
l’art. 672 cod. pen. (“Omessa custodia e mal governo di animali”) collega il
dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele
al suo possesso, da intendere come
detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessario un rapporto
di proprietà in senso civilistico. Pertanto, ai fini dell’attribuzione della
responsabilità derivante da detta posizione di garanzia, risulta irrilevante il
dato della registrazione del cane all’anagrafe canina ovvero della apposizione
di un micro chip di identificazione, e, per converso, in caso di affidamento a
terzi dell’animale, la responsabilità del proprietario rimane se egli abbia
mantenuto un potere di controllo o se abbia affidato l’animale a persona non in
grado di controllarlo. A confermare ancor più tutto ciò, di recente, la Corte
di Cassazione ha addirittura ritenuto che pure il prendersi cura di un cane
randagio, seppure in maniera occasionale, per esempio dandogli ricovero e cibo,
configura una relazione di detenzione nei confronti dello stesso con
conseguente assunzione dei connessi obblighi di custodia e profili di
responsabilità per i danni dallo stesso provocati (Corte di Cassazione, IV sez. pen., sentenza del 05/04/2017, n. 17145).
CONTROLLO E CUSTODIA… L’obbligo di controllare
e di custodire l’animale, che quindi, per quanto detto, si configura anche in
capo al semplice detentore di cane, impone di adottare ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a
terzi, considerato che la pericolosità del genere animale non è limitata
esclusivamente ad animali feroci, ma può sussistere anche in relazione ad
animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto, così da
obbligare colui che ne ha la suddetta responsabilità ad adottare tutte le
cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale (Corte di Cassazione, IV sez. pen., sentenza
n. 30548/2016; Corte di Cassazione, IV sez. pen., sentenza n. 6393/2012; Corte
di Cassazione, sez. IV, sentenza n.
18814/2011).
…ANCHE ALL’INTERNO DELLA
ABITAZIONE!
L’obbligo di corretta custodia infatti non può ritenersi non sussistente quando
e solo perché il cane si trova in casa. La presenza nell’abitazione di persone terze rispetto al rapporto tra
il cane e il suo custode, impone a quest’ultimo di controllare e custodire
sempre l’animale con la massima attenzione, proprio per evitare possibili
reazioni dello stesso, anche conseguenti a comportamenti imprudenti da parte
del terzo, soprattutto se estraneo o bambino. Certamente, però, non è
necessario ricorrere al guinzaglio o
alla museruola (previsti solo nei
luoghi aperti al pubblico o sui mezzi di trasporto, non anche nelle case di
privata abitazione), ma può bastare sistemare il cane in una zona della casa
diversa da quella frequentata dagli estranei.
DIRITTO E VITA
QUOTIDIANA Tutto
ciò, chiaramente, vale ed ha un senso in punto
di diritto. Cosa diversa, però, è la vita
quotidiana, quella reale, ove –
salvo casi evidenti di cani aggressivi o potenzialmente pericolosi anche nei
confronti dello stesso padrone – risulterebbe certamente difficile impostare un
siffatto controllo del cane di casa nell’ambito della normale convivenza
familiare e delle frequentazioni di amici e conoscenti. Ma, l’alternativa è
quella di non prendere un cane.
Avvocato
Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando