Tutti noi sappiamo che
guidare sotto l’effetto di sostanza alcoliche o stupefacenti è vietato dalla
legge: le nostre capacità di reagire alle insidie stradali diminuiscono ed è
possibile arrecare un serio danno a persone e cose. Pertanto se veniamo “beccati”
rischiamo di essere condannati, secondo quanto disciplinato dall’art 186 del
Codice della Strada, ad una sanzione amministrativa o, ancor peggio, ad una
sanzione penale, a seconda del tasso alcolemico che viene accertato essere
presente nel nostro organismo. Molti di noi, tuttavia, sono a conoscenza del
contenuto dell’art 131 bis del codice penale denominato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”.
Tale disposizione, introdotta con il Decreto Legislativo n. 28 del 16 marzo
2015, consente al giudice di emettere sentenza di assoluzione in tutti quei
casi in cui l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sia
di particolare tenuità. Che relazione esiste allora tra l’art 186 del Codice
della Strada e l’art 131 bis del codice penale? Può quest’ultimo applicarsi al
reato di guida in stato di ebbrezza? Il tema è stato recentemente oggetto di
una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Vediamo insieme
come i giudici hanno risolto il problema…
mercoledì 20 aprile 2016
lunedì 4 aprile 2016
LAVORO: QUANDO LO STRESS DÀ DIRITTO AL RISARCIMENTO
L’ambiente lavorativo, si sa, provoca normalmente ansia, agitazione, frustrazione, stress. La colpa è delle scadenze da rispettare, dei contrasti e delle competizioni tra colleghi, delle pressioni dei capi, ma anche della cattiva organizzazione del lavoro (scarsa partecipazione ai processi decisionali e organizzativi, poca chiarezza nei ruoli e nelle mansioni). In questi casi, infatti, il lavoratore si sente incapace e inadeguato di fronte alle richieste provenienti dal contesto lavorativo con conseguenti effetti negativi sulla sua sfera psico-fisica, e spesso sulla qualità del suo lavoro. È lo stress da lavoro, appunto. Il compito di mantenere un ambiente di lavoro sereno sia per l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori sia per una piena ed efficiente produttività aziendale è del datore di lavoro che ha l’obbligo giuridico di adottare un sistema di gestione idoneo a individuare, valutare ed eliminare i fattori di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Ma, che succede se a creare una situazione di stress e malessere lavorativo è proprio il datore di lavoro?
sabato 2 aprile 2016
MINORI: IL SELFIE PORNO, NON È REATO SE DIFFUSO DAL MINORE CHE RITRAE SÉ STESSO
Fino a pochi anni fa, la parola selfie non esisteva neppure, così come la mania di farsi autoscatti. Oggi, invece, questo termine è entrato nella quotidianità e non possiamo fare a meno di immortalare e condividere ogni istante della nostra giornata, anche quelli più intimi e privati. Il fenomeno ha ormai raggiunto dimensioni tali da indurci a riflessioni non solo etiche e morali, ma anche giuridiche, sotto il profilo della privacy (nel nostro ordinamento anche la sola immagine della persona costituisce dato personale), sotto il profilo del diritto d’autore (come negli Stati Uniti) e sotto il profilo penale. Proprio a quest’ultimo riguardo, ha suscitato opinioni contrastanti una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che, chiamata a pronunciarsi su un caso di diffusione di un selfie di un minore a contenuto pornografico, ha escluso la configurabilità dei reati di pornografia minorile in quanto l’autore del selfie era stato lo stesso minore che poi lo aveva liberamente condiviso. Cerchiamo di capire meglio…
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