mercoledì 20 aprile 2016

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: SI PUÒ NON RISPONDERE QUANDO IL FATTO È “TENUE”?


Tutti noi sappiamo che guidare sotto l’effetto di sostanza alcoliche o stupefacenti è vietato dalla legge: le nostre capacità di reagire alle insidie stradali diminuiscono ed è possibile arrecare un serio danno a persone e cose. Pertanto se veniamo “beccati” rischiamo di essere condannati, secondo quanto disciplinato dall’art 186 del Codice della Strada, ad una sanzione amministrativa o, ancor peggio, ad una sanzione penale, a seconda del tasso alcolemico che viene accertato essere presente nel nostro organismo. Molti di noi, tuttavia, sono a conoscenza del contenuto dell’art 131 bis del codice penale denominato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”. Tale disposizione, introdotta con il Decreto Legislativo n. 28 del 16 marzo 2015, consente al giudice di emettere sentenza di assoluzione in tutti quei casi in cui l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sia di particolare tenuità. Che relazione esiste allora tra l’art 186 del Codice della Strada e l’art 131 bis del codice penale? Può quest’ultimo applicarsi al reato di guida in stato di ebbrezza? Il tema è stato recentemente oggetto di una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Vediamo insieme come i giudici hanno risolto il problema…
 
LA CAUSA DI NON PUNIBILITÀ prevista dall’art 131 bis c.p. è uno strumento introdotto dal nostro Legislatore allo scopo di ridurre il carico giudiziario e al fine di sanzionare penalmente, ossia con la “extrema ratio” prevista dal nostro ordinamento, solo quelle condotte che concretamente offendono il bene giuridico tutelato dalla norma di volta in volta invocata. Si tratta, per la verità, di un’ipotesi giuridica già conosciuta dal nostro sistema legislativo, anche se denominata diversamente. Infatti, il Decreto Legislativo n. 274 del 2000, che disciplina i procedimenti penali celebrati dinanzi al Giudice di Pace, all’art 34 sancisce il potere del giudice di dichiarare, con decreto di archiviazione o con sentenza, non doversi procedere nei confronti dell’indagato/imputato laddove il fatto sia di una tenuità tale da non giustificare l’esercizio dell’azione penale. Stessa disciplina è presente nel codice del processo minorile ove, all’art 27, il giudice d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero può emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando, dal procedimento, potrebbe derivare un danno alle esigenze educative del minore e, soprattutto, laddove il fatto sia di tenue entità.

I REQUISITI STRUTTURALI per poter applicare l’art 131 bis c.p. sono molteplici. In particolare può escludersi la punibilità per particolare tenuità del fatto solo per quei reati ove il Legislatore ha previsto una pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni oppure la sanzione pecuniaria, da sola o congiunta a quella detentiva. Non deve però trattarsi di un comportamento abituale e non devono riscontrarsi circostanze che possono aggravare la pena, come ad esempio l’aver agito per motivi abietti o futili. La particolare tenuità dell’offesa, poi, dovrà essere valutata dal giudice tenendo conto delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo cagionato al bene giuridico tutelato dalla norma. In altre parole, è necessaria una valutazione concreta del singolo caso che accerti il fatto nella sua globalità.

REATI CON SOGLIE DI PUNIBILITÀ Nonostante i positivi intenti del Legislatore, l’art 131bis del codice penale ha sin da subito causato una serie di problematiche che hanno richiesto l’intervento della giurisprudenza di legittimità. Una di esse attiene alla compatibilità tra la causa di esclusione della punibilità in commento e i delitti che presentano delle soglie di punibilità e, in particolare, il reato di guida in stato di ebbrezza, gli illeciti tributari e alcuni reati ambientali. Tale problema acquista notevole importanza soprattutto quando la presenza di tali soglie incide non solo sulla punibilità, ma anche sulla qualificazione del fatto come illecito amministrativo o reato. Per tali illeciti è, pertanto, lo stesso Legislatore che già in astratto indica quando la condotta tipica è anche penalmente offensiva, ancorando tale valutazione al superamento di tassi aventi valore numerico.
La questione che si pone è la seguente: può il giudice ritenere non punibili per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art 131bis c.p., anche quei comportamenti che, nel caso concreto, superano le soglie di tollerabilità prescritte in astratto dal Legislatore? Recentemente il problema si è posto con riguardo al reato di guida in stato di ebbrezza e, sul punto, si registravano contrapposti orientamenti, oggi risolti dalla pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 25.02.2016.

I DUE CONTRAPPOSTI ORIENTAMENTI Un primo orientamento riteneva applicabile l’art 131 bis c.p. alla condotta, penalmente rilevante, di chi veniva trovato alla guida di un veicolo con tasso alcolemico da 0,8 g/l in su. E ciò perché, in primo luogo, il Legislatore ha introdotto la causa di non punibilità nella parte generale del codice penale, così manifestando il suo intento di renderla applicabile a tutte le ipotesi delittuose aventi le caratteristiche previste dalla norma. Inoltre laddove ha voluto limitare l’applicazione di tale istituto, escludendo particolari ipotesi, ha espressamente formulato i casi di non operatività. La circostanza per cui il Legislatore ha creato delle fattispecie in cui la valutazione della punibilità è da lui stesso determinata in astratto e rimessa al superamento di determinate soglie, non precluderebbe al giudice di poter accertare che, nel caso concreto, il superamento di quei tetti minimi non dia luogo ad una grave offesa al bene giuridico tutelato. Altro orientamento era, invece, di contrario avviso ritenendo che tra l’art 186, secondo comma, lett b) e c) del c.d.S. e l’art 131 bis c.p. vi fosse una incompatibilità strutturale. Il ragionamento offerto da tale tesi è legato alla circostanza per cui il giudice, applicando la causa di non punibilità alla guida in stato di ebbrezza, avrebbe finito per sostituire la propria valutazione a quella operata in astratto dal Legislatore, ciò in violazione del principio cardine della riserva di legge che orienta il nostro sistema penale. Altra argomentazione si fonda sulla ritenuta impossibilità di graduare, ulteriormente, l’offensività della fattispecie di reato in esame poiché a ciò ha già provveduto il Legislatore non solo con le soglie di punibilità, ma altresì disponendo una sanzione più grave quando il fatto sia commesso in presenza di determinate circostanze (esempio guida in stato di ebbrezza in orario notturno).

L’INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE ha risolto il contrasto esposto aderendo al primo degli orientamenti analizzati. I giudici di legittimità hanno, infatti, ritenuto la causa di non punibilità di cui all’art 131 bis del codice penale totalmente compatibile con il reato di guida in stato d’ebbrezza a condizione, ovviamente, che sussistano i requisiti stabiliti dalla norma. Ma la Cassazione ha detto anche qualcosa in più: laddove il giudice ravvisi la particolare tenuità del fatto, il Prefetto potrà applicare al colpevole delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge. 

Avvocato Licia Vulnera - Redazione Giuridicamente parlando