Tutti noi sappiamo che
guidare sotto l’effetto di sostanza alcoliche o stupefacenti è vietato dalla
legge: le nostre capacità di reagire alle insidie stradali diminuiscono ed è
possibile arrecare un serio danno a persone e cose. Pertanto se veniamo “beccati”
rischiamo di essere condannati, secondo quanto disciplinato dall’art 186 del
Codice della Strada, ad una sanzione amministrativa o, ancor peggio, ad una
sanzione penale, a seconda del tasso alcolemico che viene accertato essere
presente nel nostro organismo. Molti di noi, tuttavia, sono a conoscenza del
contenuto dell’art 131 bis del codice penale denominato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”.
Tale disposizione, introdotta con il Decreto Legislativo n. 28 del 16 marzo
2015, consente al giudice di emettere sentenza di assoluzione in tutti quei
casi in cui l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sia
di particolare tenuità. Che relazione esiste allora tra l’art 186 del Codice
della Strada e l’art 131 bis del codice penale? Può quest’ultimo applicarsi al
reato di guida in stato di ebbrezza? Il tema è stato recentemente oggetto di
una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Vediamo insieme
come i giudici hanno risolto il problema…
LA CAUSA DI NON
PUNIBILITÀ prevista
dall’art 131 bis c.p. è uno strumento introdotto dal nostro Legislatore allo
scopo di ridurre il carico giudiziario e al fine di sanzionare penalmente,
ossia con la “extrema ratio” prevista
dal nostro ordinamento, solo quelle condotte che concretamente offendono il bene giuridico tutelato dalla norma di
volta in volta invocata. Si tratta, per la verità, di un’ipotesi giuridica già
conosciuta dal nostro sistema legislativo, anche se denominata diversamente.
Infatti, il Decreto Legislativo n. 274
del 2000, che disciplina i procedimenti penali celebrati dinanzi al Giudice
di Pace, all’art 34 sancisce il potere del giudice di dichiarare, con decreto
di archiviazione o con sentenza, non doversi procedere nei confronti
dell’indagato/imputato laddove il fatto sia di una tenuità tale da non
giustificare l’esercizio dell’azione penale. Stessa disciplina è presente nel codice del processo minorile ove,
all’art 27, il giudice d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero può
emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto quando,
dal procedimento, potrebbe derivare un danno alle esigenze educative del minore
e, soprattutto, laddove il fatto sia di tenue entità.
I REQUISITI STRUTTURALI per poter applicare
l’art 131 bis c.p. sono molteplici. In particolare può escludersi la punibilità
per particolare tenuità del fatto solo per quei reati ove il Legislatore ha
previsto una pena detentiva non
superiore nel massimo a 5 anni oppure la sanzione pecuniaria, da sola o congiunta a quella detentiva. Non
deve però trattarsi di un comportamento abituale e non devono riscontrarsi
circostanze che possono aggravare la pena, come ad esempio l’aver agito per
motivi abietti o futili. La particolare tenuità dell’offesa, poi, dovrà essere valutata
dal giudice tenendo conto delle modalità
della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo cagionato al
bene giuridico tutelato dalla norma. In altre parole, è necessaria una
valutazione concreta del singolo caso che accerti il fatto nella sua globalità.
REATI CON SOGLIE DI
PUNIBILITÀ
Nonostante i positivi intenti del Legislatore, l’art 131bis del codice penale
ha sin da subito causato una serie di problematiche che hanno richiesto
l’intervento della giurisprudenza di legittimità. Una di esse attiene alla compatibilità tra la causa di esclusione
della punibilità in commento e i
delitti che presentano delle soglie di punibilità e, in particolare, il
reato di guida in stato di ebbrezza, gli illeciti tributari e alcuni reati
ambientali. Tale problema acquista notevole importanza soprattutto quando la
presenza di tali soglie incide non solo sulla punibilità, ma anche sulla
qualificazione del fatto come illecito amministrativo o reato. Per tali
illeciti è, pertanto, lo stesso Legislatore che già in astratto indica quando
la condotta tipica è anche penalmente offensiva, ancorando tale valutazione al
superamento di tassi aventi valore numerico.
La
questione che si pone è la seguente: può il giudice ritenere non punibili per
particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art 131bis c.p., anche quei
comportamenti che, nel caso concreto, superano le soglie di tollerabilità
prescritte in astratto dal Legislatore? Recentemente il problema si è posto con
riguardo al reato di guida in stato di ebbrezza e, sul punto, si registravano
contrapposti orientamenti, oggi risolti dalla pronuncia a Sezioni Unite della
Corte di Cassazione del 25.02.2016.
I DUE CONTRAPPOSTI
ORIENTAMENTI Un
primo orientamento riteneva
applicabile l’art 131 bis c.p. alla condotta, penalmente rilevante, di chi
veniva trovato alla guida di un veicolo con tasso alcolemico da 0,8 g/l in su. E
ciò perché, in primo luogo, il Legislatore ha introdotto la causa di non
punibilità nella parte generale del codice penale, così manifestando il suo
intento di renderla applicabile a tutte le ipotesi delittuose aventi le
caratteristiche previste dalla norma. Inoltre laddove ha voluto limitare
l’applicazione di tale istituto, escludendo particolari ipotesi, ha
espressamente formulato i casi di non operatività. La circostanza per cui il
Legislatore ha creato delle fattispecie in cui la valutazione della punibilità
è da lui stesso determinata in astratto e rimessa al superamento di determinate
soglie, non precluderebbe al giudice di poter accertare che, nel caso concreto,
il superamento di quei tetti minimi non dia luogo ad una grave offesa al bene
giuridico tutelato. Altro orientamento
era, invece, di contrario avviso ritenendo che tra l’art 186, secondo comma,
lett b) e c) del c.d.S. e l’art 131 bis c.p. vi fosse una incompatibilità
strutturale. Il ragionamento offerto da tale tesi è legato alla circostanza per
cui il giudice, applicando la causa di non punibilità alla guida in stato di
ebbrezza, avrebbe finito per sostituire la propria valutazione a quella operata
in astratto dal Legislatore, ciò in violazione del principio cardine della
riserva di legge che orienta il nostro sistema penale. Altra argomentazione si
fonda sulla ritenuta impossibilità di graduare, ulteriormente, l’offensività
della fattispecie di reato in esame poiché a ciò ha già provveduto il
Legislatore non solo con le soglie di punibilità, ma altresì disponendo una
sanzione più grave quando il fatto sia commesso in presenza di determinate
circostanze (esempio guida in stato di ebbrezza in orario notturno).
L’INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE ha risolto il contrasto
esposto aderendo al primo degli orientamenti analizzati. I giudici di
legittimità hanno, infatti, ritenuto la causa di non punibilità di cui all’art
131 bis del codice penale totalmente
compatibile con il reato di guida in stato d’ebbrezza a condizione,
ovviamente, che sussistano i requisiti stabiliti dalla norma. Ma la Cassazione
ha detto anche qualcosa in più: laddove il giudice ravvisi la particolare
tenuità del fatto, il Prefetto potrà applicare al colpevole delle sanzioni
amministrative accessorie stabilite dalla legge.
Avvocato Licia Vulnera - Redazione Giuridicamente parlando