lunedì 16 novembre 2015

STUPRO: SENTENZA SHOCK, DOVEVI CHIUDERE LE GAMBE!


Tra le notizie che ho avuto modo di leggere nei giorni scorsi ne ho scorta una che mi ha decisamente scioccata. Da giurista cerco di non cedere alla tentazione di esternare pensieri da uomo della strada e quindi di esprimere opinioni gratuite e disancorate dall’analisi giuridica degli eventi; in altre parole prima di giudicare lapidariamente chiedo spiegazioni ai colleghi, specialisti della materia, e, spesso, devo dire, certe decisioni assumono poi una connotazione molto diversa rispetto allo sdegno iniziale, tipico degli individui comuni. Questa volta, tuttavia, non posso proprio esimermi dall’evidenziare come il mio primo pensiero sia andato alla vittima di questa triste vicenda poiché se è vero che il magistrato canadese, che ha diretto questo processo per stupro, ha pronunciato le frasi che ho letto, ebbene, credo che la poveretta abbia subito nuova e reiterata violenza. Ho avuto la sensazione che a parlare non fosse un uomo del terzo millennio ma un inquisitore privo di qualsiasi elementare principio fondato sull’educazione di genere. In breve, vi spiego i motivi di questo personale pensiero…

LA VICENDA IN SINTESI Robin Camp è il magistrato della Corte Federale del Canada che ha assolto un presunto stupratore, tale Alexander Scott Wagar, poiché convinto che la giovane diciannovenne che denunciò la violenza sessuale avvenuta, a dire di quest’ultima, in occasione di una festa privata, fosse invece consenziente. Tale convinzione sarebbe derivata dall’incapacità della vittima di dare risposta a domande quali: “perché non hai chiuso le gambe?”, “perché non hai appoggiato il sedere dentro il lavabo per evitare la penetrazione?” e, ancora, “perché non hai chiuso le gambe tenendo unite le ginocchia?”. Tra le motivazioni, invece, si legge “non sapeva di essere ubriaca”, “non era un suo dovere stare attenta?”. Insomma, il giudice Camp ha ritenuto pacificamente innocente il presunto stupratore poiché in via diversa quella giovane non avrebbe tenuto aperte le gambe. Proprio così, avete capito bene! Immagino che lo stesso sgomento che ha colpito me stia, ora, colpendo tutti voi che mi leggete, o quanto meno la maggior parte di voi; tanto più se si pensa che a pronunciare tali frasi sia stato per l’appunto il magistrato che ha giudicato il presunto colpevole. Il processo è, ora, sotto la lente della Corte d’Appello dell’Alberta, lo Stato in cui è avvenuto il fatto, che ha ordinato di aprire un nuovo procedimento giudiziario. Camp, dopo essere stato sospeso da tutti i processi per violenza sessuale, è invece finito sotto il giudizio del Canadian Judicial Council, che equivale al nostro Consiglio Superiore della Magistratura, e rischia la rimozione dall’incarico, ovvero il licenziamento.

IN ITALIA LO STUPRO È ORA CONSIDERATO REATO CONTRO LA PERSONA Con la riforma introdotta dalla Legge n. 66/1996 il reato di violenza sessuale è stato correttamente inquadrato nella categoria dei delitti contro la persona, o meglio di quelli contro la libertà personale, mentre prima della novella rientrava nella tipologia dei delitti contro la moralità e il buon costume ed era punito meno severamente rispetto a oggi. Nonostante il grande passo in avanti, compiuto dal Legislatore per riconoscere la gravità del fatto commesso e punirlo nella giusta misura, va detto tuttavia che risulta assai difficile predisporre misure per prevenire tale crimine e reprimerlo. 

MA OCCORRE COMBATTERE CONTRO IL CONCETTO DI MORALITÀ… In concreto, purtroppo, pur in presenza di norme che riconoscono la gravità di tale condotta, spesso gli individui chiamati a giudicare i presunti colpevoli vengono influenzati da ciò che è il vissuto personale e la propria educazione con riguardo al genere femminile; si tratta quindi di reati che lasciano maggior spazio di interpretazione. Insomma, purtroppo, ancora oggi, accade che qualcuno sia convinto che una donna audace e un po’ trasgressiva nei modi e nei comportamenti in qualche modo se la cerchi e non possa lamentare nulla se poi viene aggredita. Sembra paradossale ma a mio avviso è così: da un lato l’esistenza di norme che dovrebbero fungere da fattore repressivo e dall’altro il personale modo di concepire la moralità che inficia ed influenza l’interpretazione della legge. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: sentenze difficili da accettare e comprendere che trasudano cattiva educazione o quanto meno un’educazione legata a concetti eccessivamente arcaici, e forse anche bigotti, figli di un modo di pensare che inquadrava le femmine tra le creature da rapire, possedere e soggiogare, magari semplicemente con l’inganno ma pur sempre da sottomettere. Insomma, forse ci sono ancora troppi individui convinti che il corteggiamento legittimi l’uso della forza e della violenza. E ciò, a mio avviso, non può che essere deprecabile. Così come deprecabile è pensare di educare i nostri figli ad una cultura che segrega i ruoli entro confini predeterminati e per i quali non è accettabile pensare ad una donna conquistatrice piuttosto che conquistata. È a questo che mi riferisco parlando di educazione di genere ed è a questo che penso quando ho notizia di sentenze di tal fatta. 

ANCHE PER QUESTO È DIFFICILE DENUNCIARE Lo stupro è un atto indegno che lascia conseguenze indelebili sulle vittime che lo hanno subito; ansia, confusione, shock, rabbia, intorpidimento e spesso un grande senso di vergogna e colpa, proprio per il portato culturale che si tende a negare ma che ancora c’è. Alcune donne biasimano se stesse per quanto è accaduto, soprattutto se lo stupratore è un conoscente o, ancora, se le vittime non ricevono aiuto da parte di familiari, amici e infine autorità. A tale ultimo proposito, infatti, come visto, accade che pur cercando giustizia, le donne si trovino di fronte a giudici che emettono sentenze vergognose poiché capaci di trasformarle da vittime in colpevoli. Colpe che in realtà, a parte quella di essere donna, non hanno affatto!

PAESE CHE VAI SENTENZA CHE TROVI Non si può, peraltro, dire che in Italia vada meglio. Infatti, in tale ambito, le sentenze aberranti non mancano certo. Da quella che ha dichiarato che non vi può essere stupro in presenza di jeans in quanto la difficoltà che lo stupratore incontrerebbe nello sfilarli implica consenso all’atto (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 10 febbraio 1999, n. 1636) a quella che, del pari, ha visto assolto il presunto colpevole poiché non avrebbe compiuto alcun atto di violenza sessuale in presenza di slip contenitivi, anch’essi difficilmente sfilabili. Ancora la mente corre alla decisione che ha punito meno severamente il colpevole di stupro per il fatto che la vittima quattordicenne non fosse già più vergine al momento dell’atto (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 17 febbraio 2006, n. 6329) o che, ancora, ha punito meno severamente il colpevole che ha “consumato” e non costretto (Cassazione penale, Sezione III, Sentenza del 16 ottobre 2012 n. 40565). Molte altre potrei citarne ma credo sia già abbastanza vergognoso avere richiamato queste poche.

MI AUSPICO DUNQUE CHE… la tutela delle donne abusate diventi presto reale e concreta e non sia solo teorica o richiamata dai libri di testo che si studiano alla facoltà di giurisprudenza. Mi auspico soprattutto che cambi la cultura che orbita intorno al concetto di stupro in relazione all’immagine della donna. Mi auguro, in particolare, che ciò avvenga in tempi rapidi e che si approntino altresì sistemi e metodi per addestrare i nostri giovani a un approccio al mondo femminile più elastico e disancorato da schemi rigidi e ruoli predefiniti.


Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite