mercoledì 18 novembre 2015

MATRIMONIO: SE OMOSESSUALE, È POSSIBILE LA TRASCRIZIONE DELL’ATTO CELEBRATO ALL’ESTERO?


Nelle fiabe che ci raccontavano sempre i nostri genitori, il protagonista è un bel principe azzurro che, dopo rischiose imprese, salva la principessa dalle grinfie del cattivo di turno, così da poterla sposare e vivere per l’eternità felici e contenti. Siamo sempre stati abituati a interpretare il matrimonio come un negozio fondato su un rapporto sentimentale tra due persone di diverso sesso e questa nostra cultura è stata positivizzata all’interno del d.P.R. 396 del 2000, sulla trascrizione degli atti dello stato civile. A ben vedere all’interno del nostro diritto non vi è nessuna norma che, espressamente, vieti il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma ve ne sono alcune che utilizzano i termini “marito” e “moglie”. Su tali ultime espressioni, si fonda l’orientamento della giurisprudenza italiana che non ammette la celebrazione e il riconoscimento di un matrimonio omosessuale. Questa tesi è, però, molto contrastata da chi ritiene che l’apertura a tale tipo di negozio sia da qualificarsi come necessaria per una più forte tutela dei diritti civili aventi carattere universale. Si tratta di una tematica che coinvolge molteplici aspetti: cerchiamo di capirli insieme…

IL MATRIMONIO L’istituto matrimoniale è il negozio giuridico con cui due persone si scambiano la volontà di instaurare una stabile comunione di vita materiale e spirituale. La nostra Costituzione si occupa di tale rapporto all’interno degli articoli 29 e 30 ove si definisce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, in condizioni di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi; il codice civile, invece, prevede un’articolata disciplina dei diversi aspetti che attengono a tale unione, dalle formalità per la sua celebrazione ai diritti e doveri da esso nascenti. In Italia il modello tradizionale è il matrimonio tra uomo e donna, ma in altri Paesi troviamo diverse forme quali il matrimonio poligamico, il matrimonio omosessuale e le unioni civili. A causa di tale mancanza di uniformità nella legislazione dei diversi Stati, sorgono sempre più spesso problemi di riconoscimento dell’atto di matrimonio formato all’estero. In altri termini: se due persone celebrano il matrimonio in un Paese che ha una legislazione diversa da quella italiana, come deve comportarsi il pubblico ufficiale al quale i due sposi si rivolgono per far sì che quello stesso atto abbia effetti anche nel nostro ordinamento?

LA DISCIPLINA  Quando una vicenda giuridica presenta aspetti di estraneità rispetto all’Italia e ulteriori elementi che l’avvicinano ad un altro Stato, interviene quella branca della legislazione denominata diritto internazionale privato. Con esso sarà possibile individuare quale legge dovrà applicarsi per risolvere il caso concreto e da quale giudice, posto che quello italiano non sempre ha giurisdizione su questioni che presentano un profilo di estraneità con il nostro Paese. Poniamo un esempio: un cittadino italiano decide di sposarsi con un cittadino francese in Francia; quell’atto di matrimonio può essere riconosciuto in Italia? Possono, cioè, essere considerati coniugi anche nel nostro ordinamento? Gli articoli 27 e 28 della Legge 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), al fine di dare una soluzione alle problematiche nascenti dalle fattispecie simili all’esempio sopra posto, stabiliscono che per accertare la validità di un matrimonio celebrato all’estero occorra guardare alla legge dello Stato di cittadinanza dei due sposi. Ad essi, si aggiunge l’articolo 115 del codice civile che impone il rispetto delle norme civilistiche sulla capacità e impedimenti anche al matrimonio del cittadino italiano celebrato all’estero. Infine, per il riconoscimento di quel provvedimento è necessario che lo stesso non sia in contrasto con l’ordine pubblico interno. Applicando tali disposizioni, i due sposi che hanno celebrato il matrimonio in Francia avranno tale status anche nel nostro Paese se lo stesso si è svolto nel rispetto delle norme previste dalla nostra legislazione (incompatibilità, forma, pubblicazione dell’atto di matrimonio e così via).

Il MATRIMONIO OMOSESSUALE Come affermato all’inizio di questo articolo, non vi è una espressa norma che vieti la celebrazione del matrimonio omosessuale, ma tali unioni non vengono considerate a tutti gli effetti come legittime e, conseguentemente, non rientrano nella competenza dell’ufficiale dello stato civile. Tale principio è fatto proprio dalla nostra giurisprudenza che ha, più volte, affermato che in Italia il requisito necessario per poter contrarre matrimonio è la diversità di sesso tra gli sposi. Esso non violerebbe i principi di eguaglianza e libertà sanciti dalla nostra Costituzione poiché spetta al legislatore nazionale individuare le condizioni e i limiti per la celebrazione del matrimonio. In altri termini, quando sentiamo la notizia di una coppia italiana omosessuale che si è recata all’estero per celebrare la loro unione e per scambiarsi la promessa di un amore eterno è perché l’istituto del matrimonio omosessuale è da noi sconosciuto e, conseguentemente, non rientrante nei poteri dell’ufficiale di stato civile. Nonostante tale lacuna, è ben possibile che due cittadini omosessuali, uniti nel vincolo del matrimonio all’estero, chiedano che lo status di coniuge venga loro riconosciuto anche nel nostro Paese. Su tale tematica, però, la giurisprudenza recentemente sembra essere di più ampie vedute poiché ha ritenuto che il mancato intervento del legislatore, attraverso una disciplina ad hoc, non può causare una lesione del diritto ad una famiglia riconosciuto anche ai componenti di una coppia omosessuale e, pertanto, ha affermato che gli stessi hanno la legittima facoltà di adire l’autorità giudiziaria per ottenere la conservazione dei diritti e doveri nascenti dal vincolo matrimoniale.

LA TRASCRIZIONE Le funzioni e i compiti spettanti agli ufficiali dello stato civile, ossia quei soggetti che ricevono gli atti dello stato civile e aggiornano i relativi registri sono regolamentate dal D.P.R. 396 del 2000. In particolare, tali rappresentanti del Governo devono provvedere alla trascrizione di quei provvedimenti, italiani o stranieri, che attengono ai diversi aspetti della vita di una persona (dalla nascita alla morte, passando anche per il matrimonio). Al fine di ottenere la trascrizione dell’atto straniero anche in Italia, l’autorità estera che ha provveduto a formarlo o il soggetto interessato trasmetteranno l’atto all’ufficiale di stato civile affinché quest’ultimo verifichi la compatibilità dello stesso alla legge italiana e accerti il rispetto dell’ordine pubblico interno ai sensi dell’art 18. Per quanto attiene al matrimonio omosessuale, due circolari del Ministero Affari Interni (del 2001 e del 2007) hanno stabilito che il relativo provvedimento non è da noi trascrivibile per violazione dell’art 18 del d.P.R. citato.

UN DIRITTO INESISTENTE Con l’espressione ordine pubblico si intende quel complesso di valori e principi giuridici che costituiscono il nucleo caratterizzante della cultura storica di uno Stato ed esso opera sia quale limite all’applicabilità del diritto straniero in Italia, sia quale motivo ostativo al riconoscimento di un atto straniero. Nella storia e cultura del nostro Paese, il matrimonio valido sarebbe solo quello che vede come protagonisti persone di diverso sesso e ciò troverebbe conferma anche in tutte quelle norme che impiegano le espressioni “marito” e “moglie” per individuare i nubendi.  Tra queste ultime vi è anche la lett e) dell’articolo 64 del D.P.R. 396/2000 dove si richiede, tra gli elementi che formano il contenuto di un atto di matrimonio trascrivibile, anche: “la dichiarazione degli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e in moglie”.Sulla base di ciò, sembrerebbe inesistente il diritto di una coppia omosessuale unita in matrimonio all’estero di vedere trascritto in Italia il relativo provvedimento.

…È POSSIBILE? La risposta a questo interrogativo data, anche recentemente, dalla giurisprudenza italiana è negativa. La Corte Costituzionale, sia nel 2010 sia nel 2014, ha affermato che nell’attuale momento legislativo non è consentita né la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso né la trascrizione del relativo atto formato all’estero. Tali unioni sono da ricomprendere nelle “formazioni sociali” citate dall’art 2 Cost., ove il Parlamento ha piena discrezionalità nell’individuare le forme di garanzia e di riconoscimento delle stesse. Medesima soluzione è stata recepita dalla Cassazione, la quale ha ribadito l’inidoneità di un atto di matrimonio celebrato all’estero di produrre qualsiasi effetto giuridico nel nostro ordinamento.

IN CONCLUSIONE, fin quando il legislatore non interverrà per dare veste normativa alle unioni omosessuali, non sarà possibile celebrare in Italia un matrimonio tra persone dello stesso sesso né, tantomeno, trascrivere il relativo atto formato all’estero. Tali coniugi, però, in base a una sentenza del Tar della Lombardia (Tar Lombardia, Sentenza n. 2037 del 2015; Cassazione civile, Sentenza n. 2400 del 2015; Sentenza del Consiglio di Stato, Sentenza del 26 Ottobre 2015), potranno chiedere e ottenere il riconoscimento del loro status, così da poter godere dei diritti e doveri nascenti da una qualsivoglia altra unione “legittima” .


Avvocato Licia Vulnera – Giuridicamente parlando