Nelle fiabe che ci raccontavano sempre
i nostri genitori, il protagonista è un bel principe azzurro che, dopo rischiose
imprese, salva la principessa dalle grinfie del cattivo di turno, così da
poterla sposare e vivere per l’eternità felici e contenti. Siamo sempre stati
abituati a interpretare il matrimonio come un negozio fondato su un rapporto
sentimentale tra due persone di diverso sesso e questa nostra cultura è stata
positivizzata all’interno del d.P.R. 396 del 2000, sulla trascrizione degli
atti dello stato civile. A ben vedere all’interno del nostro diritto non vi è
nessuna norma che, espressamente, vieti il matrimonio tra persone dello stesso
sesso, ma ve ne sono alcune che utilizzano i termini “marito” e “moglie”. Su
tali ultime espressioni, si fonda l’orientamento della giurisprudenza italiana
che non ammette la celebrazione e il riconoscimento di un matrimonio
omosessuale. Questa tesi è, però, molto contrastata da chi ritiene che l’apertura
a tale tipo di negozio sia da qualificarsi come necessaria per una più forte tutela
dei diritti civili aventi carattere universale. Si tratta di una tematica che
coinvolge molteplici aspetti: cerchiamo di capirli insieme…
IL MATRIMONIO L’istituto
matrimoniale è il negozio giuridico con cui due persone si scambiano la volontà
di instaurare una stabile comunione di vita materiale e spirituale. La nostra Costituzione si occupa di tale rapporto
all’interno degli articoli 29 e 30
ove si definisce la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, in
condizioni di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi; il codice civile, invece, prevede
un’articolata disciplina dei diversi aspetti che attengono a tale unione, dalle
formalità per la sua celebrazione ai diritti e doveri da esso nascenti. In Italia
il modello tradizionale è il
matrimonio tra uomo e donna, ma in altri Paesi troviamo diverse forme quali il
matrimonio poligamico, il matrimonio omosessuale e le unioni civili. A causa di
tale mancanza di uniformità nella legislazione dei diversi Stati, sorgono
sempre più spesso problemi di
riconoscimento dell’atto di matrimonio formato all’estero. In altri
termini: se due persone celebrano il matrimonio in un Paese che ha una
legislazione diversa da quella italiana, come deve comportarsi il pubblico ufficiale
al quale i due sposi si rivolgono per far sì che quello stesso atto abbia
effetti anche nel nostro ordinamento?
LA DISCIPLINA Quando una vicenda giuridica presenta aspetti
di estraneità rispetto all’Italia e ulteriori elementi che l’avvicinano ad un
altro Stato, interviene quella branca della legislazione denominata diritto internazionale privato. Con
esso sarà possibile individuare quale legge dovrà applicarsi per risolvere il
caso concreto e da quale giudice, posto che quello italiano non sempre ha
giurisdizione su questioni che presentano un profilo di estraneità con il nostro Paese. Poniamo un esempio: un
cittadino italiano decide di sposarsi con un cittadino francese in Francia;
quell’atto di matrimonio può essere riconosciuto in Italia? Possono, cioè,
essere considerati coniugi anche nel nostro ordinamento? Gli articoli 27 e 28 della Legge 218 del 1995 (Riforma
del sistema italiano di diritto internazionale privato), al fine di dare una
soluzione alle problematiche nascenti dalle fattispecie simili all’esempio
sopra posto, stabiliscono che per accertare la validità di un matrimonio
celebrato all’estero occorra guardare alla legge dello Stato di cittadinanza
dei due sposi. Ad essi, si aggiunge l’articolo 115 del codice civile che impone il rispetto delle norme
civilistiche sulla capacità e impedimenti anche al matrimonio del cittadino
italiano celebrato all’estero. Infine, per il riconoscimento di quel
provvedimento è necessario che lo stesso non sia in contrasto con l’ordine pubblico interno. Applicando
tali disposizioni, i due sposi che hanno celebrato il matrimonio in Francia
avranno tale status anche nel nostro Paese se lo stesso si è svolto nel
rispetto delle norme previste dalla nostra legislazione (incompatibilità,
forma, pubblicazione dell’atto di matrimonio e così via).
Il MATRIMONIO OMOSESSUALE Come
affermato all’inizio di questo articolo, non vi è una espressa norma che vieti
la celebrazione del matrimonio omosessuale, ma tali unioni non vengono considerate
a tutti gli effetti come legittime
e, conseguentemente, non rientrano nella competenza dell’ufficiale dello stato
civile. Tale principio è fatto proprio dalla nostra giurisprudenza che ha, più
volte, affermato che in Italia il requisito necessario per poter contrarre
matrimonio è la diversità di sesso tra
gli sposi. Esso non violerebbe i principi di eguaglianza e libertà sanciti
dalla nostra Costituzione poiché spetta al legislatore nazionale individuare le
condizioni e i limiti per la celebrazione del matrimonio. In altri termini,
quando sentiamo la notizia di una coppia italiana omosessuale che si è recata
all’estero per celebrare la loro unione e per scambiarsi la promessa di un
amore eterno è perché l’istituto del matrimonio omosessuale è da noi sconosciuto e, conseguentemente, non
rientrante nei poteri dell’ufficiale di stato civile. Nonostante tale lacuna, è
ben possibile che due cittadini omosessuali, uniti nel vincolo del matrimonio
all’estero, chiedano che lo status di
coniuge venga loro riconosciuto anche nel nostro Paese. Su tale tematica,
però, la giurisprudenza recentemente sembra essere di più ampie vedute poiché
ha ritenuto che il mancato intervento del legislatore, attraverso una
disciplina ad hoc, non può causare una lesione del diritto ad una famiglia
riconosciuto anche ai componenti di una coppia omosessuale e, pertanto, ha
affermato che gli stessi hanno la legittima facoltà di adire l’autorità
giudiziaria per ottenere la conservazione dei diritti e doveri nascenti dal
vincolo matrimoniale.
LA TRASCRIZIONE Le
funzioni e i compiti spettanti agli ufficiali dello stato civile, ossia quei
soggetti che ricevono gli atti dello stato civile e aggiornano i relativi
registri sono regolamentate dal D.P.R. 396 del 2000. In particolare,
tali rappresentanti del Governo devono provvedere alla trascrizione di quei
provvedimenti, italiani o stranieri, che attengono ai diversi aspetti della
vita di una persona (dalla nascita alla morte, passando anche per il
matrimonio). Al fine di ottenere la trascrizione dell’atto straniero anche in
Italia, l’autorità estera che ha provveduto a formarlo o il soggetto
interessato trasmetteranno l’atto all’ufficiale di stato civile affinché
quest’ultimo verifichi la compatibilità dello stesso alla legge italiana e
accerti il rispetto dell’ordine pubblico interno ai sensi dell’art 18. Per
quanto attiene al matrimonio omosessuale, due circolari del Ministero Affari Interni (del 2001 e del 2007) hanno
stabilito che il relativo provvedimento non è da noi trascrivibile per
violazione dell’art 18 del d.P.R. citato.
UN DIRITTO INESISTENTE Con
l’espressione ordine pubblico si
intende quel complesso di valori e principi giuridici che costituiscono il
nucleo caratterizzante della cultura storica di uno Stato ed esso opera sia
quale limite all’applicabilità del diritto straniero in Italia, sia quale
motivo ostativo al riconoscimento di un atto straniero. Nella storia e cultura
del nostro Paese, il matrimonio valido sarebbe solo quello che vede come
protagonisti persone di diverso sesso e ciò troverebbe conferma anche in tutte
quelle norme che impiegano le espressioni “marito” e “moglie” per individuare i
nubendi. Tra queste ultime vi è anche
la lett e) dell’articolo 64 del D.P.R.
396/2000 dove si richiede, tra gli elementi che formano il contenuto di un
atto di matrimonio trascrivibile, anche: “la dichiarazione degli sposi di
volersi prendere rispettivamente in marito e in moglie”.Sulla base di ciò,
sembrerebbe inesistente il diritto di una coppia omosessuale unita in
matrimonio all’estero di vedere trascritto in Italia il relativo provvedimento.
…È POSSIBILE? La
risposta a questo interrogativo data, anche recentemente, dalla giurisprudenza
italiana è negativa. La Corte Costituzionale,
sia nel 2010 sia nel 2014, ha affermato che nell’attuale momento legislativo
non è consentita né la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso
sesso né la trascrizione del relativo atto formato all’estero. Tali unioni sono
da ricomprendere nelle “formazioni sociali” citate dall’art 2 Cost., ove il
Parlamento ha piena discrezionalità nell’individuare le forme di garanzia e di
riconoscimento delle stesse. Medesima soluzione è stata recepita dalla
Cassazione, la quale ha ribadito l’inidoneità di un atto di matrimonio
celebrato all’estero di produrre qualsiasi effetto giuridico nel nostro
ordinamento.
IN CONCLUSIONE,
fin quando il legislatore non interverrà per dare veste normativa alle unioni
omosessuali, non sarà possibile celebrare in Italia un matrimonio tra persone
dello stesso sesso né, tantomeno, trascrivere il relativo atto formato
all’estero. Tali coniugi, però, in base a una sentenza del Tar della Lombardia
(Tar Lombardia, Sentenza n. 2037 del
2015; Cassazione civile, Sentenza n. 2400 del 2015; Sentenza del Consiglio di
Stato, Sentenza del 26 Ottobre 2015), potranno chiedere e ottenere il
riconoscimento del loro status, così da poter godere dei diritti e doveri
nascenti da una qualsivoglia altra unione “legittima” .
Avvocato
Licia Vulnera – Giuridicamente parlando