La responsabilità per i danni che subiscono gli utenti di strade e marciapiedi a causa delle buche presenti su di essi è una delle questioni più dibattute nelle aule di Tribunale. Risulta difficile, tra l’altro, comprendere le ragioni di alcune decisioni in base alle quali la Pubblica Amministrazione (Comune, Provincia ecc.) non è stata ritenuta responsabile dei danni subiti dagli ignari avventori di questi luoghi. Credo, dunque, che sia importante tornare sull’argomento per approfondirne la portata e cercare di fare un po’ di chiarezza. A mio avviso, molte volte non ci si rende conto che le variabili da cui dipende l’accoglimento delle richieste risarcitorie dei danneggiati sono diverse. Sebbene, infatti, la responsabilità della Pubblica Amministrazione che ha in custodia la strada e le sue pertinenze abbia carattere oggettivo occorre tuttavia che la vittima che lamenta danni superi, tramite il proprio legale, il vaglio di alcune indefettibili circostanze affinché la propria richiesta risarcitoria possa essere accolta. Per tutti coloro che si trovino a fare i conti con una tale esperienza sembra scandaloso e inaccettabile che venga rigettata la richiesta di risarcimento dei danni conseguiti ad infortuni causati dall’incuria in cui si trovano i beni demaniali. Ciò nonostante, le ragioni delle decisioni in parola sono giuridicamente apprezzabili. Vediamo perché…
L’ENTE PUBBLICO CHE CUSTODISCE LA STRADA È OGGETTIVAMENTE RESPONSABILE La giurisprudenza è ormai concorde nel ritenere che la Pubblica Amministrazione che ha in custodia beni demaniali, quali possono essere appunto strade e marciapiedi, sia oggettivamente responsabile in base a quanto previsto dall’art. 2051 del codice civile, dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione, salvo che dia la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non tempestivamente evitabile o segnalabile (Cassazione civile, Sezione VI, Ordinanza del 4 ottobre 2013 n. 22684; analogamente a Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 12 aprile 2013, n. 8935; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 14 febbraio 2013, n. 3640; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 29 gennaio 2013, n. 2094; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 dicembre 2012, n. 21727; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 19 febbraio 2008, n. 4279). Ciò significa per esempio che il Comune risponde dei danni che subiscono tutti coloro che entrano in contatto con la strada e le sue pertinenze per il solo fatto che è il custode di tali beni ed a prescindere quindi dalla circostanza per la quale i danni siano riconducibili o meno ad un comportamento, doloso o colposo, di quest’ultimo. In tal modo l’Ente pubblico sarà esente da responsabilità solo se sarà in grado di provare che il danno si è verificato a causa di un evento fortuito imprevedibile ed inevitabile.
…MA IL DANNEGGIATO DEVE PROVARE CHE I DANNI SUBITI DIPENDONO SICURAMENTE DALLA BUCA Se è vero che la responsabilità dell’Ente che ha in custodia il bene è oggettiva è altresì vero che il danneggiato, affinché possa essere presa in considerazione la propria richiesta risarcitoria, ha l’obbligo di dimostrare in via prioritaria che i danni sono in correlazione esclusiva all’evento, vale a dire che sono diretta conseguenza della caduta dovuta alla buca presente sul manto stradale o al dissesto dello stesso. Tecnicamente si dice che l’attore (colui che chiede il risarcimento) deve provare il nesso causale tra l’evento ed il danno. Se manca tale prova, la richiesta della vittima non può essere accolta. Per fare un esempio, i giudici della Suprema Corte hanno confermato la legittimità della decisione dei colleghi del merito che hanno ritenuto di rigettare una richiesta di risarcimento del danno, avanzata dai genitori di un bimbo che a loro dire era caduto sul lungomare comunale, a causa di un dissesto non visibile del manto stradale, ostacolo imprevedibile ed inevitabile. In tale circostanza i magistrati hanno evidenziato che il Comune può liberarsi dalla responsabilità solamente provando che i danni siano stati provocati da un caso fortuito, ma ciò non toglie che innanzi a tutto il danneggiato abbia l’onere di provare il nesso causale tra condotta ed evento lesivo. Nel caso esaminato hanno, quindi, sottolineato che la richiesta risarcitoria non poteva essere accolta poiché i genitori del piccolo non erano stati in grado di provare in modo certo ed inequivocabile che il bimbo fosse caduto per il dissesto della strada; è emerso infatti che la caduta era più verosimilmente da attribuire alla sua particolare vivacità e per un gesto inconsulto compiuto dallo stesso (Cassazione civile, Sezione VI, Ordinanza del 3 febbraio 2015, n. 1896).
È IL MOMENTO DI CHIARIRE COSA SI INTENDE PER CASO FORTUITO Poiché l’unica ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione non è ritenuta responsabile dei danni che gli utenti della strada subiscono è appunto il caso fortuito appare necessario capire cosa i giudici intendano con tale espressione. In parole semplici e comprensibili occorre dire che rientrano nel concetto di “caso fortuito” tutte quelle situazioni non umanamente prevedibili e quindi non eliminabili con la normale diligenza. In concreto la giurisprudenza ha evidenziato a più riprese che, con riguardo all’ipotesi disciplinata dall’art. 2051 del codice civile, il custode ai fini della prova liberatoria è chiamato a dimostrare che il fattore causale estraneo al danneggiante, affinché possa essere considerato evento fortuito, deve avere un’efficacia di tale intensità da interrompere il nesso causale tra la cosa custodita e l’evento lesivo.
NIENTE RESPONSABILITÀ SE LA BUCA È PREVEDIBILE E CONOSCIBILE In tale quadro d’insieme i giudici hanno ritenuto che rappresentasse caso fortuito anche il comportamento colposo dello stesso danneggiato il quale in certe situazioni di pericolo ha l’onere di prestare particolare attenzione a ciò che può essere previsto e, quindi, prevenuto. Nel caso affrontato recentemente dai giudici della Cassazione una donna è stata, infatti, ritenuta l’unica responsabile dell’evento occorsole (lesioni provocate dalla caduta dovuta ad una buca presente sul manto stradale) poiché il ruzzolone era indiscutibilmente da attribuire alla sua disattenzione rappresentata dal fatto che, conoscendo bene la strada in cui era presente la buca, avrebbe dovuto prestare attenzione e, quindi, evitarla. In sintesi, i magistrati evidenziano in alcuni passaggi della sentenza che non basta l’evidenza dell’insidia e del trabocchetto ma è necessario considerare anche la possibilità che l’utente ha di evitare l’ostacolo. Tale comportamento, nel caso affrontato, era mancato del tutto: l’infortunio era avvenuto, infatti, in pieno giorno e nella strada in cui abitava e che quindi conosceva bene (Cassazione civile, Sezione VI – 3, Ordinanza del 6 luglio 2015, n. 13930).
CERCHIAMO DI CAPIRE MEGLIO… Nell’ipotesi esaminata, il difensore della donna ha tentato di evidenziare ai giudici di legittimità che i magistrati di primo e secondo grado avevano sbagliato ad inquadrare la questione facendola rientrare nelle ipotesi previste dall’art. 2043 del codice civile per le quali chi sopporta un danno ha l’onere di provare che questo sia stato provocato dal fatto colposo o doloso del danneggiante. Così facendo avevano reso ingiustificatamente gravoso il comportamento processuale della danneggiata e ciò in virtù della diversa previsione normativa contenuta nell’art. 2051 del codice civile per la quale la danneggiata si sarebbe dovuta limitare a provare che i danni subiti erano da attribuire alla caduta dovuta al dissesto stradale e non anche che ciò dipendeva da un fatto dell’Ente che l’aveva in custodia. I giudici della Suprema Corte, hanno tuttavia evidenziato che a prescindere dall’inquadramento della caso esaminato nell’una o nell’altra delle disposizioni appena richiamate, assume decisiva rilevanza il fatto che la sentenza impugnata ha attribuito la responsabilità del fatto dannoso “ad esclusiva colpa della danneggiata” riconducibile alla sua disattenzione nella circostanza della caduta. In parole semplici il cuore della questione non sarebbe l’inquadramento normativo e il diverso onere probatorio che graverebbe sulla danneggiata ma la sua disattenzione!
COLPA DEL DANNEGGIATO = CASO FORTUITO Per concludere la Corte afferma che ai fini di cui all’art. 2051 del codice civile, il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, poiché la pericolosità della cosa, rappresentata nel caso esaminato dal dissesto stradale, specie se nota o comunque facilmente rilevabile dal soggetto che entra in contatto con la stessa, impone un obbligo massimo di cautela, proprio poiché il pericolo è altamente prevedibile. Tale prevedibilità, risulta sufficiente ad escludere la responsabilità del custode anche ai sensi dell’art. 2051 del codice civile (nello stesso senso si sono pronunciate Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 gennaio 2014, n. 999; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 22 ottobre 2013, n. 23919).
Avvocato Patrizia Comite – Studio Comite