Qualche tempo fa mi sono occupata del caso di una sedicenne che, in qualità di pedone, era rimasta vittima di un brutto incidente stradale. I genitori, poco dopo il sinistro, si erano affidati ad un professionista (specialista in infortunistica stradale), non avvocato, per l’assistenza necessaria a ottenere il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla ragazza gravemente lesa (investita da un’auto in corsa, condotta da un neo patentato, all’uscita da scuola). L’incarico di patrocinio era stato firmato dalla sola madre e conteneva condizioni piuttosto onerose a carico del patrocinato (minore e genitori) con riguardo al compenso spettante al professionista in questione, alle ipotesi di revoca e all’esonero da responsabilità in caso di errore. Nel corso del rapporto la madre della minore, nei rari momenti in cui non era costretta a occuparsi, insieme al consorte, della cura della minore, si era, peraltro, resa conto che la gestione della vertenza non la soddisfaceva. Si rivolgeva, dunque, alla sottoscritta per verificare che l’operato del professionista fosse corretto e che l’incarico conferito al medesimo, mediante contratto, fosse valido. Senza entrare nel merito dell’operato del professionista, la sottoscritta rilevava una macroscopica causa di invalidità con riguardo proprio all’accordo siglato dalla madre. L’incarico era, pertanto, annullabile perché …
L’INCARICO VENIVA TOLTO La madre della ragazza, condividendo le considerazioni di natura giuridica che avevo ritenuto opportuno sottoporle, decideva di affidarmi la gestione della risoluzione del rapporto contrattuale con la società di infortunistica cui si era rivolta, affidandomi contestualmente, unitamente al padre e previa autorizzazione del giudice tutelare, l’incarico di rappresentare la minore con riguardo alla vertenza risarcitoria. Naturalmente il professionista facente capo alla società in questione non accettava di buon grado la revoca dell’incarico e richiedeva di conseguenza il pagamento di una cospicua somma, a titolo di penale, per l’esercizio del diritto di recesso e per tutta una serie di altri titoli su cui ora non ritengo opportuno soffermarmi e che, eventualmente, coloro che fossero interessati potranno leggere nelle conclusioni riportate nella sentenza già pubblicata. La minore e i genitori, tuttavia, non hanno pagato nulla poiché l’accordo, come ha ritenuto il giudice del Tribunale di Como in accoglimento delle considerazioni avanzate dalla sottoscritta, era invalido.
INNANZITUTTO OCCORRE ESAMINARE LE CLAUSOLE DEL CONTRATTO Il mandato siglato dalla madre della minore prevedeva il conferimento al mandatario (professionista e società facente capo al medesimo) di “ogni più ampia facoltà per l’espletamento” delle attività volte ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla (all’epoca) minore nel sinistro, e comunque connesse a tale obiettivo, “con espressa autorizzazione, a titolo esemplificativo e non tassativo, di richiederne documentazione, esigere, transigere, incassare, scegliere e nominare medici, avvocati, periti e quant’altri”; prevedeva poi “in caso di revoca dell’incarico”, e ove “la pratica” fosse “già istruita”, l’obbligo a carico del cliente, di versare una penale pari al “5% dell’importo richiesto secondo le tabelle di riferimento” nonché l’obbligo, ancora a carico del cliente, di versare “contestualmente alla consegna dell’assegno o del bonifico la somma pari al 20% dell’importo dell’assegno o del bonifico”; stabiliva infine il pieno esonero del mandatario “da ogni responsabilità circa l’eventuale prescrizione del diritto di risarcimento”.
IL GENITORE NON POTEVA DA SOLO FIRMARE L’ACCORDO Ciò su cui il giudice comasco si è soffermato nella sua decisione, in modo condiviso dalla sottoscritta, è la circostanza per la quale il contratto in questione configura un atto che eccede la straordinaria amministrazione e che, pertanto, avrebbe richiesto sia la sottoscrizione di ciascuno dei genitori (mentre in realtà era stato firmato dalla sola madre), sia l’autorizzazione del giudice tutelare, che invece mancava del tutto così come disposto dall’art. 320 del codice civile. In particolare il giudice del Tribunale di Como, dott. Paolo Negri della Torre, ha accolto la tesi secondo cui se è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare per “transigere” è altresì necessaria per un mandato che prevede anche tale facoltà e contestualmente ne autorizza l’esercizio (Tribunale di Como, Dott. Paolo Negri della Torre, Sentenza del 9 maggio 2014, n. 1029).
CHI TROPPO VUOLE NULLA STRINGE Il principio di diritto accolto dal dott. Paolo Negri della Torre è frutto di un consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale l’elenco degli atti, contenuto nell’art. 320 del codice civile, per il quale risulta necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, è solo esemplificativo rientrando in esso tutti gli atti che, per natura ed effetti, esorbitino l’ordinaria amministrazione del patrimonio del minore. L’importo elevato del compenso previsto nell’accordo, pari al 20% di quello dell’assegno o del bonifico che la danneggiata avrebbe percepito, oltre che l’ingente penale pattuita in caso di revoca dell’incarico (5% dell’importo richiesto secondo le tabelle di riferimento) e, infine, la clausola di esonero da responsabilità del mandatario in caso di prescrizione del diritto al risarcimento del danno (peraltro, radicalmente nulla), portano a ritenere tale atto indubbiamente tra quelli eccedenti l’ordinaria amministrazione.
TUTTI I MANDATARI SONO STATI CONDANNATI ALLE SPESE DI LITE Il giudice comasco ha correttamente ritenuto che il contratto in questione fosse annullabile ai sensi dell’art. 322 del codice civile, condannando tutti i mandatari al pagamento delle spese processuali sostenute da entrambi i genitori e dalla stessa ragazza, divenuta nel frattempo maggiorenne. La decisione, peraltro, merita particolare attenzione poiché il caso descritto potenzialmente potrebbe riguardare anche gli incarichi conferiti agli avvocati laddove, naturalmente, l’oggetto del contenzioso, per natura ed effetti, travalichi l’ordinaria amministrazione del patrimonio del minore.
Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite
Per leggere la sentenza: