Mi auguro che questo periodo di pausa estiva abbia fatto bene a tutti: sia a coloro che hanno avuto la fortuna di viaggiare sia a coloro che, per vari motivi sono stati costretti a restare in città. Per quanto mi riguarda, oltre al riposo del fisico e della mente, ho approfittato di qualche giornata di maltempo per leggere alcune delle domande che continuano ad arrivare numerose. Tra quelle più ricorrenti, in questo periodo, ci sono le richieste relative al comportamento più corretto da tenere, nel caso di permanenza (breve o prolungata) in hotel, con riguardo alle cose, quali ad esempio gioielli, denaro e autovetture, che temporaneamente vengono portate all’interno di queste strutture. In particolare, poi, mi viene chiesto se l’albergatore risponde sempre e comunque del furto avvenuto all’interno dell’albergo e in che misura. L’argomento oltre che attuale è giuridicamente piuttosto interessante. Vediamo perché …
È TUTTO SCRITTO NEL CONTRATTO DI ALBERGO il quale non è disciplinato espressamente da alcuna norma del nostro sistema giuridico. Si tratta, quindi, di un contratto formalmente atipico o al più misto definito sia dagli studiosi del diritto sia dalla giurisprudenza prevalente come quel contratto con cui un albergatore, si obbliga a prestazioni, molteplici ed eterogenee, che vanno dalla locazione dell’alloggio, alla fornitura di servizi, al deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione dell’alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a far assumere alle altre prestazioni carattere meramente accessorio (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 marzo 2014, n. 5030; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 23 dicembre 2003, n. 19769;Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 22 gennaio 2002, n. 707). Le regole elaborate dai giudici valgono indifferentemente per tutte le strutture ricettive ovvero hotel bed & breakfast, motel, campeggi, resort, agriturismi, villaggi turistici, e così via. Per la validità del contratto di albergo non è necessaria la forma scritta ma appare decisamente consigliabile per risolvere alcuni problemi che possono verificarsi nella pratica. Sempre secondo la Suprema Corte il contratto si considera concluso con l’accettazione da parte del cliente o dell’agenzia di viaggio dell’offerta dell’albergatore e questo vale anche per una prenotazione effettuata per un periodo futuro e indipendentemente dall’assegnazione o dalla occupazione della camera (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 22 gennaio 2002, n. 707; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 3 dicembre 2002, n. 17150).
COSE PORTATE E COSE CONSEGNATE Tra gli obblighi che fanno capo all’albergatore vi è quello disciplinato dagli articoli 1783 e seguenti del codice civile per il quale lo stesso è obbligato alla custodia delle cose appartenenti ai clienti e introdotte dagli stessi all’interno della struttura oppure consegnate nelle mani del medesimo albergatore o di un suo collaboratore. La norma disciplina, infatti, un particolare tipo di responsabilità dell’albergatore ovvero quella per deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate in hotel. Occorre, tuttavia, operare una distinzione tra cose portate all’interno dell’albergo dal cliente (art. 1783 del codice civile) e cose consegnate all’albergatore o ad un suo familiare o dipendente affinché le custodisca (art. 1784 del codice civile):
1) Nel caso di distruzione, deterioramento o sottrazione delle cose semplicemente portate in albergo la responsabilità dell’albergatore sarà limitata al valore di quanto sia stato sottratto, distrutto o deteriorato sino all’equivalente di cento volte il prezzo della locazione della camera o alloggio previsto per la giornata. Tale limite, tuttavia, non vale nel caso di colpa del proprietario della struttura, di un membro della sua famiglia o di un suo ausiliario. In altre parole, qualora venisse sottratto dalla stanza d’albergo un orologio del valore di euro ottomila e il canone per l’uso giornaliero della stanza ammonti a euro cinquanta si potrà aspirare, al massimo e sempre che il giudice discrezionalmente e secondo il suo prudente apprezzamento ritenga di accogliere la richiesta risarcitoria in tale misura, a un indennizzo di euro cinquemila (50 x 100 volte) salvo che non sia data la prova, che incombe sul danneggiato, che il furto è avvenuto per colpa dell’albergatore o di un membro della famiglia o, ancora di un suo ausiliario. In tale ultima circostanza si potrà richiedere e ottenere il valore del bene perduto nel suo preciso ammontare.
2) Qualora, invece, le cose vengano volontariamente consegnate all’albergatore per la loro custodia oppure egli si sia rifiutato di ricevere in custodia beni che aveva l’obbligo di accettare (es. contanti, carte di pagamento, oggetti di valore non pericolosi e non ingombranti), la sua responsabilità in caso di furto o danneggiamento sarà illimitata (art. 1784 c.c.), vale a dire sino all’ammontare del valore del bene, a meno che non dimostri che il fatto sia stato cagionato dal cliente stesso o da suoi accompagnatori o visitatori, da causa di forza maggiore oppure dalla natura della cosa stessa. Va, peraltro, sottolineato che non vi è nessun obbligo imposto dalla legge di consegnare le cose all’albergatore e che, tuttavia, ciò appare preferibile e consigliabile tutte le volte in cui, come ho chiarito con un semplice esempio, si portino con sé oggetti di valore cospicuo (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 marzo 2014, n. 5030).
DENUNCIA IMMEDIATA Il cliente, perché abbia diritto al risarcimento, ha l’onere di denunciare immediatamente e senza ritardo (art. 1785 ter del codice civile) il furto all’albergatore (meglio utilizzare una modalità che consenta di ottenere una ricevuta del verbale o modulo contenente la stessa denuncia) oltre che all’autorità di polizia ed eventualmente anche all’agenzia di viaggi o al tour operator che ha organizzato la vacanza. Successivamente il danneggiato avrà, altresì, l’onere di formalizzare la richiesta risarcitoria a tutti i soggetti interessati a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.
I CARTELLI CHE LIMITANO LA RESPONSABILITÀ SONO NULLI La responsabilità dell’albergatore, secondo le modalità e con i limiti descritti, è dunque oggettiva per il solo fatto che il contratto di albergo si sia concluso. Ciò è dovuto alla circostanza per la quale il viaggiatore entra in una struttura in cui non può esercitare alcuna forma di sorveglianza o controllo e, quindi, ha diritto di essere risarcito per i danni che patisce ai propri beni non essendo in grado di salvaguardarli con idonei dispositivi così come accade quando si trova nella propria abitazione. Le norme sul deposito alberghiero si considerano, dunque, inderogabili e l’albergatore non può esimersi da responsabilità per danni o furti ai bagagli o oggetti personali del cliente affiggendo per esempio avvisi che escludano o limitino preventivamente la propria responsabilità (art. 1785 quater del codice civile). Parimenti gli accordi sottoscritti con il cliente aventi lo stesso contenuto sono nulli. In sintesi l’albergatore deve garantire ai clienti un soggiorno sicuro e laddove si verifichino dei furti si presume che ciò sia avvenuto per un difetto nell’organizzazione dell’impresa di cui l’imprenditore deve rispondere a prescindere dalla sua colpa in relazione al singolo evento (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 marzo 2014, n. 5030; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 5 dicembre 2008, n. 28812).
E L’AUTO? Una recente sentenza emessa da Tribunale di Padova, nella persona del giudice, dottoressa Nicoletta Lolli, facendo applicazione del principio enunciato nell’art. 1785 quinquies del codice civile, ha correttamente evidenziato che le disposizioni in materia di responsabilità dell’albergatore non si applicano ai veicoli né alle cose lasciate negli stessi e, pertanto, in tali casi trova applicazione la disciplina generale in materia di deposito, sempre che tale contratto possa ritenersi in concreto concluso. Nel caso in cui, dunque, l’albergatore consenta ai propri ospiti di posteggiare i propri mezzi nel parcheggio di pertinenza dell’hotel, può configurarsi, al ricorrere di determinate circostanze, l’assunzione in capo al primo degli obblighi del depositario, e quindi dell’obbligo di custodia, in forza di un contratto atipico di posteggio di autoveicoli. Ciò accade in particolare nel caso in cui l’albergatore metta a disposizione dei propri ospiti un’area custodita ove questi possano lasciare i propri veicoli, senza avvertirli nelle forme debite che il parcheggio non è custodito (Tribunale di Padova, Sezione II, Sentenza del 22 maggio 2014). Se le norme applicabili sono quelle del deposito in generale, l’albergatore risponderà per il furto dell’autovettura avvenuto nel parcheggio sottostante all’hotel o adiacente allo stesso tutte le volte in cui non ponga in evidenza in modo chiaro e intellegibile che l’area non è custodita. Va, peraltro, ricordato che la cassazione ha affermato che tutte le volte in cui si parcheggi l’auto in un’area resa disponibile da un soggetto a fronte del pagamento da parte del fruitore e si aggiungano sistemi automatizzati per la procedure d’ingresso e di uscita, ovvero barriere artificiali, per la delimitazione di tale area, ciò sta a significare che lo spazio in questione è proprietà privata e, dunque, per quanto succede al suo interno risponde il proprietario o il gestore a cui si è trasferita temporaneamente la responsabilità per mezzo del contratto di gestione (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 27 gennaio 2009, n. 1957).
SE ASSICURATA PER IL FURTO l’assicurazione pagherà l’indennizzo dovuto ai sensi delle condizioni pattuite con il proprio assicurato e poi, secondo quanto stabilito dall’art. 1916 del codice civile, si surrogherà, vale a dire sostituirà, nei diritti di quest’ultimo verso il responsabile del danno ovvero l’albergatore. Ciò significa che la richiesta risarcitoria e l’azione esercitata dall’assicuratore si identifica con quella che, in mancanza di pagamento, sarebbe spettata all’assicurato e, quindi, sull’assicuratore graveranno pure gli stessi oneri probatori che sarebbero spettati al danneggiato ovvero cliente dell’albergatore (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 26 febbraio 2004, n. 3863).
Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite