giovedì 31 luglio 2014

SE A CAUSA DI UN INCIDENTE SALTA LA VACANZA, HAI DIRITTO AL RISARCIMENTO



Non pensiate che sia un evento poi tanto raro. Anzi, in prossimità delle ferie estive o delle festività natalizie e pasquali tale circostanza può verificarsi (ahimè) con una certa frequenza. E, infatti, questo è proprio ciò che è accaduto, non molto tempo fa, a due donne, entrambe pedoni, delle quali ho assunto il patrocinio, che sono state travolte da un auto mentre attraversavano una strada munita di apposite strisce e, per giunta, regolata da semaforo. Le due poverette a causa di tale sfortunato evento non solo hanno subito lesioni di una certa entità che hanno comportato un periodo di cure piuttosto lungo ma hanno dovuto rinunciare anche alla loro bella e tanto desiderata vacanza in Marocco programmata a cavallo del Capodanno, unitamente ai loro consorti. Chiaramente, dopo avermi documentato l’acquisto del pacchetto, avvenuto in una data molto antecedente al sinistro, e quindi la sussistenza di un danno sia di carattere economico, ovvero patrimoniale, sia di carattere esistenziale (non patrimoniale), per il mancato godimento della vacanza, uno dei quesiti che all’epoca mi è stato giustamente sottoposto è stato appunto il seguente: “caro avvocato, il fatto che non abbiamo potuto godere di questa bella vacanza, ci darà diritto di ottenere il risarcimento dei danni che sia noi sia i nostri consorti, pur non essendo vittime del sinistro, abbiamo subito”?


SENZA DUBBIO È STATO LESO UN DIRITTO La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stabilisce all’art. 24 il principio secondo il quale l’individuo ha diritto al riposo ed allo svago. Ciò significa che l’uomo realizza la propria personalità non solo con il lavoro ma anche con il riposo, così stabilisce anche la nostra costituzione (art. 36), che può ben esprimersi con un periodo di vacanza all’insegna del divertimento e del relax. Insomma anche lo svago e il riposo sono considerati beni della vita ritenuti meritevoli di tutela. Il fatto illecito di un terzo, vale a dire la condotta di guida contraria alle norme della circolazione della strada e ogni altro fatto (doloso o colposo) che sia fonte di responsabilità, obbliga chi ha commesso tale fatto al risarcimento di tutti i danni che ne derivano.

NEL CASO DI INCIDENTE STRADALE IL DANNO LO PAGA L’ASSICURAZIONE Poiché la polizza per la Responsabilità Civile Auto è obbligatoria, il soggetto tenuto al pagamento dei danni patiti dalla vittima di un sinistro è l’impresa di assicurazioni che garantisce il veicolo. Ciò significa che in un caso come quello delle due signore investite, mentre impegnavano la strada usufruendo delle apposite strisce pedonali, il risarcimento viene corrisposto dalla compagnia presso cui l’auto è stata assicurata, e dal conducente e proprietario di quest’ultima. Qui si apre il solito capitolo sulla difficoltà di gestione della pratica risarcitoria

MA CHE FATICA! I colleghi avvocati sanno bene, infatti, quanto nella pratica, e al di là delle affermazioni di principio che i giudici continuano (in questo caso fortunatamente) a sfornare, sia diventato difficile ottenere il riconoscimento, e quindi la risarcibilità, di alcune partite di danno. Mi riferisco in particolar modo al danno non patrimoniale e a tutte le sue sfaccettature. Anche nel caso di vacanza, andata in fumo per la guida imprudente dell’automobilista, e quindi rovinata, si pone, dunque, il problema del risarcimento, quanto meno in fase stragiudiziale. Eh sì perché i liquidatori, ovvero quei soggetti che vengono incaricati della trattazione delle pratiche di sinistro, ricevono in linea di massima direttive e indicazioni da parte delle loro mandanti (le imprese di assicurazione) niente affatto tutelanti per i danneggiati che, il più delle volte, con l’ausilio di noi tecnici, sono costretti a radicare un giudizio, vale a dire iniziare una causa, per vedersi riconoscere ciò che, invece, in via bonaria, sa il diavolo perché, non viene riconosciuto. Per la verità il motivo di tanta avarizia è piuttosto noto e accompagnato dalla solita manfrina dei costi (da sinistro) divenuti ormai insostenibili rispetto alle entrate originate dai premi delle polizze per l’R.C.A.. Sonore bugie! Dati alla mano sono incredibilmente (sic!) diminuite le uscite dovute ai risarcimenti mentre si sono notevolmente incrementate le entrate connesse alla stipula dei contratti in questione. La verità è un’altra: a piangere povertà sono i ricchi perché le casse non sono mai abbastanza pingui!!!

NON DOBBIAMO, PERÒ, MOLLARE LA PRESA! È un’esortazione che rivolgo a tutti i colleghi avvocati, me stessa compresa. A volte la fretta “di chiudere” la trattativa, la stanchezza per un mestiere che sempre più spesso ricompensa in modo niente affatto proporzionale al sacrificio speso per lo studio e l’aggiornamento, il pressing degli assistiti che minacciano la revoca dell’incarico, insomma la somma di tutto questo ci induce a un atteggiamento più remissivo. Pensiamo che tutte le volte in cui rinunciamo a portare fino in fondo una battaglia, piccola o grande che sia, ingrassiamo il portafoglio di chi non ha bisogno in danno di soggetti per i quali, invece, qualche centinaio di euro fa la differenza. Perdonatemi la divagazione e lo sfogo e torniamo al nocciolo della questione: la vacanza agognata, desiata, scelta fra mille altre, risparmiando per mesi e talvolta anni, andata in fumo

SUL DANNO PATRIMONIALE NON SI DISCUTE Con riguardo al rimborso del danno emergente, vale a dire dei quattrini necessari all’acquisto del pacchetto (viaggio più soggiorno) non c’è molto da dire: è evidente che laddove non sia stata stipulata una polizza viaggio che copra il rischio del verificarsi di tali imprevisti, in caso di sinistro stradale l’impresa di assicurazione del veicolo danneggiante è tenuta a corrispondere l’intero prezzo pagato o la franchigia (ovvero la quota di denaro) non coperta in base alla garanzia menzionata (polizza viaggio). 

PER IL DANNO NON PATRIMONIALE SFRUTTIAMO I PRECEDENTI La Corte di Giustizia europea, (Sezione VI, Sentenza del 12 marzo 2002, c. 168/2000) interpretando l’art. 5 della direttiva 90/314/CEE, che ha inteso tutelare la concorrenza nel mercato interno e i consumatori di pacchetti turistici, ha ammesso la risarcibilità del danno non patrimoniale derivante da “vacanza rovinata” in termini di danno morale. Questa interpretazione è stata ripresa recentemente anche dalla nostra Corte di Cassazione la quale ha ribadito che la risarcibilità del danno morale è prevista per legge e pure predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 marzo 2012, n. 4372). L’art. 47 del codice del turismo codifica, nel nostro ordinamento, il danno da vacanza rovinata intendendo con tale espressione ogni pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere, di svago o di riposo. E’ chiaro che tale norma si riferisce solo ai casi di mancata o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del “pacchetto turistico” e nei casi in cui l’inadempimento non sia di scarsa importanza, tuttavia, il principio enunciato è fondamentale. Altra parte della giurisprudenza ha qualificato il danno da vacanza rovinata come danno esistenziale quale perdita di un’opportunità di svago e di riposo che incide sulla realizzazione dell’individuo che non riesce in tal modo ad esplicare la propria personalità in tutte le attività costituzionalmente garantite (art. 2, 32 e 36 della costituzione) e quindi anche nel riposo e nello svago (Giudice di Pace di Verona, Sentenza del 2 gennaio 2009, in  www.personaedanno.it; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 24 aprile 2008, n. 10651). Una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 del codice civile ha poi indotto la Suprema Corte a ritenere sussistente il danno da vacanza rovinata in ogni ipotesi in cui si verifichi un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 13 novembre 2009, n. 24044). 

LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO VARIA DA CASO A CASO I nostri Tribunali hanno proceduto sino ad ora alla liquidazione del danno da vacanza rovinata in modo equitativo. Ciò risponde all’esigenza di adattare la liquidazione al caso concreto: si pensi per esempio alla irripetibilità dell’occasione perduta quando la vacanza rovinata si riferisce al viaggio di nozze. Il criterio equitativo di cui all’art. 1226 del codice civile calibra, dunque, il risarcimento sulle circostanze concrete in considerazione degli elementi probatori allegati dalle parti. 

PER CONCLUDERE e rispondere al quesito delle care signore, il mancato godimento della vacanza quale occasione di riposo e svago è indubbiamente una voce di danno risarcibile che è giusto pretendere poiché fondata sulla lesione di diritti costituzionalmente garantiti. 

Avvocato Patrizia Comite - Studio Comite