sabato 22 marzo 2014

TARES: CERTIFICARE LA DIFFERENZIATA (NON SEMPRE) CONVIENE, COSA FARE SE E’ IL COMUNE AD ESSERE INADEMPIENTE?



In questo periodo, soprattutto a causa dell’attuale crisi economico-finanziaria che sta mettendo in ginocchio l’Italia, molti lettori ci scrivono per avere delucidazioni in merito a tasse e imposte, cui il contribuente è tenuto a vario titolo, in ragione della confusione che aleggia attorno alle stesse dovuta non solo ai repentini cambi di denominazione, ma anche ad accorpamenti poco trasparenti che non consentono ai cittadini di comprendere cosa effettivamente stiano o debbano pagare. Il tributo che suscita maggior scalpore, in particolare nell’ultimo periodo, è sicuramente l’ormai famigerata TARES, ossia la Tariffa Rifiuti e Servizi introdotta dal Governo Monti con il Decreto Legge n. 201 del 2011. Proprio a tal proposito, recentemente un nostro lettore ci ha scritto chiedendo chiarimenti in ordine al regolamento attuativo della tassa in parola nel proprio Comune di residenza, riferendo che il regolamento medesimo non sarebbe di fatto attuato nella parte in cui si prevede una riduzione della tariffa in caso di raccolta differenziata comprovata. Chiarito il quadro generale, veniamo ora ai dettagli del quesito che ci è stato sottoposto…


NO BILANCIA, NO SCONTO Il nostro lettore ci riferisce che il suo Comune di residenza, mediante apposito regolamento, ha fatto proprio quanto disposto dagli artt. 14 - 15 - 16 - 17 del D.L. n. 201/2011, sancendo al suo interno che “la tariffa, ossia la TARES è ridotta a consuntivo nei confronti delle utenze domestiche e non domestiche che effettuano la raccolta differenziata presso i Centri di Raccolta, prevedendo uno sconto proporzionato al materiale raccolto in maniera differenziata”. Tale disposizione regolamentare, infatti, sostanzialmente riprende gli articoli del D.L. 201/2011 predetti, i quali consentono la facoltà in capo al Comune di prevedere, a mezzo di regolamento, riduzioni tariffarie nella misura massima del trenta percento laddove si rientri in determinate condizioni, tra le quali, appunto, la realizzazione della raccolta differenziata dei rifiuti, che dà diritto a una riduzione, proporzionale alla quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero. In altre parole, più si dimostra di aver differenziato e meno, in teoria, si dovrebbe pagare. Tornando al nostro lettore, lo stesso ci riferisce che regolarmente provvede, unitamente agli altri membri della propria famiglia, a portare i rifiuti differenziati al Centro di raccolta, ma quest’ultimo, tuttavia, non essendo dotato di bilancia, non consente al Comune in parola di provvedere allo sconto previsto a fronte del conferimento dei rifiuti differenziati. 

MA C’E’ SEMPRE IL T.A.R. DEL LAZIO A fronte di quanto detto, emerge chiaramente il disagio patito dell’utente, il quale si trova costretto, di fatto, a subire l’inefficienza dell’amministrazione comunale, poiché la medesima risulta inadempiente nei confronti dei propri cittadini, giacché sprovvista di strumenti idonei alla realizzazione di quanto dalla medesima statuito per il tramite del proprio regolamento. In ragione di ciò, l’unico strumento in mano al cittadino al fine di ottenere la tutela dei propri interessi è ricorrere al T.A.R. del Lazio, ossia il Tribunale Regionale Amministrativo del Lazio, in quanto si tratta, nel caso di specie, di un regolamento inattuato, dunque di un atto con rilevanza generale; al contrario, laddove si fosse trattato di un atto emanato da autorità locali non a rilevanza generale la competenza sarebbe stata del T.A.R. della Regione in cui opera l’autorità medesima. Il T.A.R. può intervenire sull’atto amministrativo annullandolo o modificandolo, ma solo laddove ravvisi vizi di legittimità, cioè o per incompetenza per violazione di legge (è, senza dubbio, il caso più frequente, che deriva o da un’erronea interpretazione della legge, o da vizi di forma dell’atto stesso o, infine, da mancanza di motivazione), o per eccesso di potere (ad esempio: travisamento dei fatti, illogicità o contraddittorietà della motivazione, contraddittorietà con altri atti, inosservanza di circolari, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, mancanza di idonei parametri di riferimento che consentano di assicurare ad ogni cittadino eguale trattamento, ecc.). L’impugnazione si propone mediante ricorso, all’interno del quale bisogna esporre le motivazioni per le quali si impugna l’atto. Con il ricorso in parola, inoltre, si può anche richiedere il risarcimento dei danni patiti e che si patiscono, allegando documentazione idonea a tal fine. 

E LA GIURISPRUDENZA SI PRONUNCIA La Corte dei Conti recentemente ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, soprattutto a fronte dell’aggravio dell’emergenza rifiuti, ed ha sapientemente riconosciuto che "integra gli estremi della responsabilità amministrativa il comportamento degli amministratori di un ente locale che non consentano l’attuazione del sistema della raccolta differenziata, perché essa svolge un ruolo prioritario nel sistema di gestione integrato dei rifiuti in quanto consente sia di ridurre il flusso dei rifiuti da avviare allo smaltimento che di condizionare positivamente l’intero sistema di gestione, garantendo: 

a) la valorizzazione delle componenti merceologiche dei rifiuti sin dalla fase della raccolta; 
b) la riduzione delle quantità e della pericolosità dei rifiuti da avviare allo smaltimento indifferenziato, individuando tecnologie più adatte di gestione e minimizzando l’impatto ambientale dei processi di trattamento e smaltimento; 
c) il recupero di materiali e di energia nella fase del trattamento finale; 
d) la promozione di comportamenti più corretti da parte dei cittadini, con conseguenti significativi cambiamenti nelle abitudini di consumo, a beneficio di politiche di prevenzione e di riduzione" (Corte dei Conti Campania Sez. giurisdiz., 09/12/2009, n. 1492). Inoltre, la Suprema Corte era già intervenuta in materia quando ancora era in vigore la TARSU, ben conscia dell’importanza di creare una rete di smaltimento dei rifiuti efficiente, affermando che le operazioni di avviamento al recupero dei rifiuti, in particolare quelli speciali, "non comporta la riduzione della superficie tassabile, ai sensi dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ma il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto - a consuntivo - in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero, la cui dimostrazione è onere che incombe sul contribuente e che può essere fornita attraverso valida documentazione, quale il prescritto formulario di identificazione o altra idonea attestazione rilasciata da operatori autorizzati" (Cass. civ. Sez. V, 18/01/2012, n. 627). 

CONCLUDENDO Alla luce di quanto anzidetto, dunque, emerge palesemente la posizione di inadempienza assunta dal Comune nei confronti dei propri cittadini, che non riescono, di fatto, a beneficiare di riduzioni tariffarie, peraltro previste non solo ex lege ma anche da regolamento comunale, a causa della mancata attuazione da parte del Comune medesimo di strumenti idonei a calcolare il conferimento di rifiuti differenziati. L’unico consiglio che si può dare al lettore, che ha dato spunto alla presente riflessione, è, in definitiva, di rivolgersi, con il patrocinio di un avvocato, all’autorità amministrativa competente laddove l’inadempienza del Comune perdurasse e ciò sia per l’accertamento della condotta manchevole sia per la conseguente richiesta risarcitoria, magari coinvolgendo anche altri cittadini con cui condividere l’azione.

Dott.sa Roberta Bonazzoli – Studio Comite