Si tratta di uno dei quesiti più ricorrenti tra quelli che mi vengono sottoposti, di questi tempi, dai titolari delle aziende e di cui ormai ci occupiamo pressoché quotidianamente. La crisi economica, infatti, riduce i consumi e, di conseguenza, anche i profitti e allora diventa importante gestire anche i costi, specie quando incidono sulla stessa sopravvivenza delle attività commerciali. Qualcuno, quindi, mi chiama e qualcun altro mi scrive “caro avvocato rischio il default, l’unica possibilità che ho per non licenziare i miei dipendenti e tentare di risollevare le sorti dell’attività è di rinunciare alla conduzione dei locali che attualmente occupo e trasferire la sede operativa in una zona meno cara e in locali necessariamente ridotti. Poi in futuro si vedrà, se le cose ricominceranno a girare ripenseremo a un’altra soluzione, ma oggi non ho alternative o pago l’affitto o rinuncio a una parte dei dipendenti”. La questione va affrontata con serietà e non va affatto sottovalutata, vediamo insieme perchè…
DISDETTA “FAI DA TE”? ANCHE NO! Meglio spendere qualcosa in una buona consulenza che imbarcarsi in un contenzioso il cui esito potrebbe rivelarsi incerto o addirittura negativo. L’avvocato, infatti, partendo dall’esame delle condizioni contenute nel contratto di locazione e proseguendo con l’analisi di tutti i fattori rilevanti, ovvero bilanci, dimensione dell’azienda, fatti sopravvenuti alla stipula del citato contratto, disdetta di commesse ed esposizioni debitorie stabilirà innanzitutto se vi siano i presupposti di legge, così come interpretati dai giudici, per procedere all’esercizio del diritto di recesso stabilito in contratto o, in mancanza di tale previsione, per comunicare il recesso “per gravi motivi” secondo quanto previsto dall’ultimo capoverso dell’art. 27 della Legge 392/1978, applicabile alle locazioni commerciali. Successivamente provvederà a redigere la missiva contenente la disdetta che terrà conto delle risultanze della valutazione preliminare che avrà effettuato. Come dirò più avanti tale esame si rivela di fondamentale importanza poiché la giurisprudenza interpreta in modo molto restrittivo la norma in questione e solo in circostanze particolari considera legittimo l’esercizio di tale diritto.
LA LEGGE E LE ECCEZIONI ALLA REGOLA Il citato art. 27 della Legge 392/1978 al penultimo e ultimo comma dice così “E’ in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”. Il recesso per “gravi motivi” configura un’eccezione alla regola stabilita nel primo comma dell’art. 1372 del codice civile denominato “Efficacia del contratto” secondo cui “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”.
GRAVI MOTOVI: INTERPRETAZIONE, RESTRIZIONE E CAUTELA I giudici interpretano in modo restrittivo la norma che stabilisce la facoltà per il conduttore di recedere per “gravi motivi” dal contratto di locazione, per uso diverso da quello abitativo, proprio perché trattasi di eccezione alla regola generale che stabilisce lo scioglimento del contratto alla sola condizione che vi sia accordo tra le parti o per motivi previsti dalla legge. I giudici del merito (tra le più recenti Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 18 giugno 2013; Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 5 giugno 2012) adottano, dunque, particolari cautele nel valutare i motivi addotti a giustificazione del recesso e in considerazione di ciò applicano i seguenti principi elaborati nel corso del tempo dalla Suprema Corte:
- il conduttore, affinché il diritto di recesso possa perfezionarsi, ha l’onere di specificare quali siano i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso ai sensi dell’art. 27 della Legge 392/1978, poiché si tratta di recesso titolato e benché ciò non sia espressamente previsto dalla norma, senza necessità di documentare tali motivazioni, al fine di consentire al locatore (proprietario dell’immobile) la precisa e tempestiva contestazione di quanto addotto a titolo di motivazione e quindi al fine di consentire l’esercizio del diritto difesa in capo all’altra parte del contratto (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 17 gennaio 2012, n. 549; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 19 luglio 2005, n. 15215; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 12 novembre 2003 n. 17042). Qualora il locatore esercitasse tale diritto di contestazione, allora, oltre ai motivi espressi con la dichiarazione di recesso il conduttore avrà l’obbligo di documentare la veridicità di quanto argomentato; tali elementi verranno poi liberamente apprezzati dal giudice in sede giudiziaria;
- le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 dicembre 2013, n. 28609; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 13 dicembre 2011, n. 26711; Cassazione civile Sezione III, Sentenza del 21 aprile 2010, n. 9443);
- l’estraneità, l’imprevedibilità e la sopravvenienza vanno riferite ai fatti ed alla congiuntura e non alle scelte che l’imprenditore medesimo in dipendenza di tali circostanze venga ad adottare (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 dicembre 2013, n. 28609; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza dell’8 marzo 2007, n. 5328);
- la gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere, non solo tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma deve altresì consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda del conduttore globalmente considerata (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 13 dicembre 2011, n. 26711);
- la sussistenza delle circostanze che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, la loro imprevedibilità, il loro insorgere in un momento successivo alla stipula del contratto, nonché la sussistenza in concreto della particolare gravosità per il conduttore, nella prosecuzione, sono tutti elementi che devono coesistere, quali presupposti necessari perché possa dirsi legittimo il recesso del conduttore (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 19 luglio 2005, n. 15215; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 12 novembre 2003 n. 17042; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza dell’8 agosto 2002, n. 12020).
E DUNQUE NON SONO STATI CONSIDERATI GRAVI MOTIVI per esempio le ristrutturazioni aziendali operate per tentare di migliorare la situazione economica dell’azienda e in tal modo superare la sfavorevole congiuntura economica poiché frutto di libera scelta e non conseguenza di eventi imprevedibili (Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 20 dicembre 2013, n. 28609; in tale senso anche Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 5 giugno 2012 nella persona del Giudice dott. Maria Paola Varani). Ancora il giudice meneghino ha ritenuto che: “a fronte della contestazione di parte locatrice, non possa bastare al conduttore, al fine di esercitare il recesso anticipato per gravi motivi di cui all’art. 27, ultimo comma, della L. n. 392 del 1978, il semplice richiamo alla odierna congiuntura economica con la generica prospettazione della necessità del ridimensionamento dell’organico assunto e del contenimento dei costi, dovendo al contrario il conduttore dare effettiva prova del fatto che la crisi economica abbia in concreto comportato alla propria struttura professionale un notevole calo del fatturato e di incarichi professionali tale da non consentire più l’utilizzo di ampi spazi locati e da non giustificare notevoli esborsi economici per far fronte a rilevanti oneri locativi - quali quelli oggetto del contratto di locazione intercorso tra le parti di causa - pena il rischio stesso di sopravvivenza della struttura professionale in esame: in sostanza il conduttore odierno ricorrente B. non ha prodotto agli atti di causa le copie dei bilanci e/o le dichiarazioni dei redditi dei singoli professionisti componenti lo studio in modo tale da attestare il notevole calo dei ricavi a far data dall’inizio della crisi economica, né ha prodotto idonea documentazione attestante l’avvenuto licenziamento dei dipendenti a causa del drastico e repentino ridimensionamento delle strutture produttive, di talché lo spettro della congiuntura economica è rimasto sullo sfondo e non è emerso un effettivo nesso di causalità tra la predetta congiuntura e la riduzione dell’attività professionale dello studio B. tale da legittimare - ed avere giustificato - la richiesta di parte conduttrice ricorrente” (Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 18 giugno 2013, Giudice monocratico Dott. Giacomo Rota).
AL CONTRARIO IL RECESSO PER GRAVI MOTIVI E’ STATO RITENUTO LEGITTIMO nel caso di congiuntura economica -sia sfavorevole che favorevole all’attività di impresa - sopravvenuta ed oggettivamente imprevedibile al momento della stipula del contratto di locazione che abbia obbligato il conduttore rispettivamente a ridurre o ad ampliare la struttura aziendale in modo tale da rendergli oltremodo gravosa la persistenza del rapporto locativo in essere; nell’ipotesi della mancata realizzazione di un preannunciato piano di sviluppo edilizio della zona, con effetti negativi delle prospettive commerciali nelle quali il conduttore aveva fatto affidamento al momento della stipula del contratto di locazione dell’immobile da destinare ad una farmacia. Ancora è stato ritenuto legittimo il recesso titolato ai sensi dell’art. 27 L. 392/1978 nel caso in cui, successivamente alla stipula del contratto di locazione, era imprevedibilmente sfumato l’atteso sviluppo commerciale della zona per la mancata realizzazione di un progettato centro commerciale, all’interno del quale erano ubicati i locali oggetto della locazione, che aveva visto progressivamente chiudere tutti i negozi collocati al suo interno (casi citati nella sentenza del Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 18 giugno 2013 in persona del Giudice monocratico Dott. Giacomo Rota).
QUALI LE CONSEGUENZE DEL DIRITTO DI RECESSO? Sempre secondo quanto indicato dalla giurisprudenza, riguardo alle conseguenze del recesso in esame, occorre distinguere a seconda che il conduttore si sia avvalso del diritto in maniera conforme al dettato normativo o meno: nel caso di risposta positiva, dalla ricezione della comunicazione del recesso decorrerà il termine semestrale di preavviso durante il quale il conduttore sarà tenuto a corrispondere il canone di locazione nella misura prevista nel contratto, mentre l’accertamento della insussistenza del gravi motivi a fondamento dello stesso determinerà l’obbligo in capo al conduttore - che abbia rilasciato ciononostante l’immobile - del risarcimento del danno che il locatore provi di aver subito per l’anticipata restituzione dell’immobile, a meno che dimostri che l’immobile è stato egualmente utilizzato dal locatore direttamente od indirettamente (Tribunale di Milano, Sezione XIII, Sentenza del 18 giugno 2013 in persona del Giudice monocratico Dott. Giacomo Rota).