Roberto Mangosi |
Buche sull’asfalto e masselli di pavé dissestati causano continui danneggiamenti a pedoni, motociclisti e talvolta anche alle autovetture. Spesso non si è in grado di gestire tali eventi e raccogliere, nell’imminenza del fatto, tutti gli elementi di prova che si rendono o si renderanno necessari per dimostrare che quel danno è da ricondurre all’omessa custodia dell’ente (nella specie il Comune) che doveva vigilare e occuparsi della cura della pubblica via. E’ il caso, allora, innanzitutto di capire come comportarsi se si rimane vittime di tali eventi e poi di esaminare come i giudici non solo di merito (ergo quelli di tribunale e corte d’appello) ma anche di legittimità, ovvero i giudici della corte di cassazione, interpretano le norme e inquadrano l’istituto giuridico della responsabilità della Pubblica Amministrazione. Ciò sia nel caso risulti fondata sull’omessa custodia ex art. 2051 del codice civile sia nell’ipotesi che trovi fondamento nell’art. 2043 dello stesso codice che stabilisce il principio generale secondo cui chiunque, dolosamente o colposamente, cagioni a un soggetto un danno ingiusto è obbligato a provvedere al risarcimento.Qualora, dunque, il massello di pavé traballante o la buca attorno al tombino vi faccia inciampare e cadere rovinosamente al suolo …
OCCORRE COMPORTARSI COSI’: se l’evento in questione è causa di danni al veicolo che conducete e non siete rimasti feriti in modo grave, qualora fosse possibile rimuovere il mezzo, al fine di non creare intralcio alla circolazione (la fattispecie integra la violazione di una norma del codice della strada), fatelo ma non prima di aver scattato delle fotografie che evidenzino la posizione assunta dallo stesso nella fase terminale dell’evento, utilizzando il vostro telefono cellulare (anche i più economici ormai sono dotati di fotocamera) che vi servirà anche per chiedere l’intervento delle autorità ovvero polizia municipale o carabinieri. Ricordate, poi, di raccogliere i dati dei testimoni oculari che hanno assistito a quanto accaduto e che possano riferire la dinamica del sinistro. I soccorritori che non hanno visto alcunché riguardo a tale circostanza non possono invece riferire nulla che sia utile a mettere in relazione il danno patito con l’evento che, come dirò oltre, è elemento essenziale per l’individuazione della responsabilità del custode (ovvero Comune) della cosa pubblica. Non basta aver sentito un forte frastuono e subito dopo aver visto il motoveicolo o l’auto ferma e con la ruota bloccata o la gomma forata; in tale caso la relazione tra evento e danno sarebbe presuntiva e non effettiva e reale. In sintesi il testimone per essere considerato oculare deve poter essere in grado di riferire esattamente ciò che ha visto e, quindi, che ha visto il danneggiato cadere a causa della buca posta sul manto o a causa della pavimentazione dissestata o del massetto di pavé traballante non visibile (a causa per esempio della scarsa illuminazione) e non prevedibile.
POI OCCORRE DOCUMENTARE I DANNI Nel caso di danno alle cose, ovvero veicolo, occhiali, orologio, indumenti e altri oggetti, c.d. patrimoniale, preoccupatevi di documentare fotograficamente i danni e di far stilare un preventivo di riparazione, laddove possibile. Per quanto concerne gli oggetti, elencati solo in modo esemplificativo e senza pretesa di esaustività, la cosa ideale sarebbe avere le ricevute di acquisto che ne determinano il valore in modo inequivocabile e che verrà calcolato tenuto conto anche dell’usura dovuta al tempo trascorso. Se l’autovettura danneggiata è strumento di lavoro (es. è adibita a taxi) è possibile anche quantificare il lucro cessante per il mancato utilizzo durante il periodo di riparazione dimostrando, in concreto (media dei ricavi giornalieri degli ultimi sei mesi) e non solo in astratto e in via presuntiva sulla base delle dichiarazioni dei redditi, qual è il vostro guadagno medio giornaliero. Se, invece, avete subito danni alla persona, (danno non patrimoniale), occorre rivolgersi a un medico legale affinché valuti le lesioni che avete patito sia in termini di invalidità permanente sia con riguardo al periodo di inabilità temporanea assoluta e parziale (c.d. periodo di malattia, che sarà considerata assoluta in caso di ricovero ospedaliero o gessatura o, ancora, immobilizzazione con tutori, e parziale nell’ipotesi in cui sia possibile attendere alle ordinarie occupazioni solo in modo limitato).
E PROCEDERE CON LA RICHIESTA FORMALE DI RISARCIMENTO AL COMUNE indicando nella stessa la dinamica, il nominativo dei testimoni oculari, le autorità intervenute per i rilievi e la quantificazione dei danni, allegando altresì la documentazione che attesta sia i danni patrimoniali sia quelli non patrimoniali nonché la relazione di incidente stilata da polizia municipale o carabinieri o, ancora, polizia stradale. E’ consigliabile che tale richiesta venga effettuata da un avvocato (lo studio si occupa anche di questo tipo di servizio di assistenza sia nella fase stragiudiziale sia naturalmente in quella giudiziale) il quale porrà in evidenza già in questa fase il nesso di causalità tra evento e danno, non interrotto da alcun evento fortuito quale potrebbe essere anche il fatto del danneggiato, nonché la circostanza che la buca o il pavé dissestato rappresentavano altresì un insidia e un trabocchetto non prevedibile e non visibile. Se tale richiesta non bastasse non resta altra strada che la chiamata in causa del comune che ha custodito la cosa in modo negligente.
LA CASSAZIONE di recente ha confermato il principio ormai decisamente consolidato secondo cui “Circa la responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., il consolidato orientamento di questa S. C, individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue, l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cassazione n. 6753/2004). L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cassazione n. 858/2008; 8005/2010; 5910/11, ord., secondo cui la norma dell'art. 2051 cod. civ., che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa). La sentenza impugnata, ha invece congruamente spiegato le ragioni della propria decisione, facendo corretta applicazione dei principi sopra enunciati. Correttamente ha ritenuto non provato il nesso eziologico tra la cosa in custodia (tombino) e la caduta della ricorrente, ascrivendo questa a sua negligenza, non risultando tra le altre cose, nemmeno chiarita la condizione di lesività posseduta dal tombino in oggetto. In altri termini: la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità costituisce caso fortuito anche la riferibilità dell'evento a una condotta colposa dello stesso danneggiato (Cassazione, 17 gennaio 2008, n. 858, cit.) e nella specie è stato escluso un nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro occorso alla ricorrente; Senza contare che il caso fortuito cui fa riferimento l’art. 2051 c.c. deve intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato (Cassazione 19 febbraio 2008 n. 4279). Deve ribadirsi -infatti- che nel caso in cui l’evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un’ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.” (Cassazione civile, Sezione VI, Ordinanza del 4 ottobre 2013 n. 22684; analogamente a Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 14 febbraio 2013, n. 3640; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 29 gennaio 2013, n. 2094; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 4 dicembre 2012, n. 21727; Cassazione civile, Sezione III, Sentenza del 19 febbraio 2008, n. 4279).
E IL TRIBUNALE DI MILANO In applicazione dei suddetti principi, qualche giorno fa, il giudice Damiano Spera ha assolto il Comune di Milano (fonte: Corriere Milano del 10 gennaio 2014) da ogni responsabilità per i danni riportati da un uomo che è inciampato tra gli interstizi del pavé ritenendo che il fatto del danneggiato, nella specie, rappresentasse appunto il caso fortuito che ha interrotto il nesso causale tra l’evento (caduta a causa dell’interstizio nel pavé) e il danno. La colpa del danneggiato per non aver prestato attenzione nell’attraversare la strada alle dieci del mattino (visibilità buona) su una strada che per conformazione e definizione non è uniforme e che necessita, dunque, di particolare attenzione costituisce causa unica del verificarsi del danno non potendosi quindi invocare la responsabilità per omessa custodia ex art. 2051 del codice civile in capo al Comune.
Cosa assai diversa sarebbe stata se l’uomo avesse riportato i lamentati danni a causa di un massello di pavé traballante e dissestato, per di più non visibile e imprevedibile, che ne avesse cagionato la caduta: in tale circostanza la disattenzione del pedone non sarebbe valsa a esonerare il Comune da responsabilità per omessa custodia non rappresentando, a mio giudizio, l’esimente del caso fortuito.
Articoli correlati, leggi anche:
Cosa assai diversa sarebbe stata se l’uomo avesse riportato i lamentati danni a causa di un massello di pavé traballante e dissestato, per di più non visibile e imprevedibile, che ne avesse cagionato la caduta: in tale circostanza la disattenzione del pedone non sarebbe valsa a esonerare il Comune da responsabilità per omessa custodia non rappresentando, a mio giudizio, l’esimente del caso fortuito.
Articoli correlati, leggi anche: