venerdì 20 gennaio 2017

SCUOLA: SENZA VACCINAZIONE, VIETATO L’ACCESSO ALLA MATERNA


Negli ultimi anni, si è assistito ad un preoccupante calo delle vaccinazioni, anche obbligatorie, a causa dei timori circa un possibile nesso causale tra esse ed alcune malattie, quali l’autismo. I casi di obiezioni di coscienza, sia di genitori sia di medici, infatti, sono aumentati sempre più, provocando un crollo della copertura vaccinale nel nostro paese al limite della soglia di sicurezza. Da qualche tempo, però, o perché sembrano aumentati i casi di meningite o perché premono gli interessi economici delle case farmaceutiche, l’importanza delle vaccinazioni è ritornata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e dello stesso Servizio Sanitario Nazionale. Nei nuovi LEA 2017, i livelli essenziali di assistenza sanitaria di recente approvati dal Presidente del Consiglio, infatti, sono state inserite anche le vaccinazioni e presto sarà attivato il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017- 2019. Ma, anche la giurisprudenza ha contribuito in tal senso, valutando legittima la delibera comunale, che pone quale requisito per l’accesso alle scuole materne comunali e ai servizi per la prima infanzia l’assolvimento dell’obbligo vaccinale. Vediamo meglio.
 
FACCIAMO PRIMA CHIAREZZA Attualmente, in Italia esistono quattro vaccinazioni obbligatorie, fissate con quattro distinte leggi: la n. 891 del 1939 sulla vaccinazione antidifterica, la n. 292 del 1963 su quella antitetanica, la n. 51 del 1966 sulla vaccinazione antipoliomelitica e infine la n. 165 del 1981 sulla vaccinazione contro l’epatite B. Vi sono, poi, le vaccinazioni raccomandate, cioè quelle che, pur non essendo obbligatorie, sono considerate molto importanti dalla comunità pediatrica. Sono quelle contro la pertosse, il morbillo, la parotite, la rosolia e l’antihaemophilus influenzale B. Infine, ci sono due vaccini consigliati, di cui si parla molto in queste settimane, a seguito dei casi di meningite che si sono verificati in alcune Regioni: l’antipneumococco e l’antimeningococco.

L’OBBLIGO DI VACCINAZIONE NON È MAI STATO ABROGATO neanche dal D.P.R. n. 355/1999, in materia di certificazioni relative alle vaccinazioni obbligatorie. Non vale, infatti, ad eliminare l’obbligatorietà dei suddetti vaccini la disposizione contenuta nel suo art. 1, secondo cui, all’atto dell’ammissione dell’alunno alla scuola o agli esami, la mancata produzione della certificazione comprovante l’avvenuta vaccinazione obbligatoria non comporta il rifiuto di ammissione dell’alunno alla scuola dell’obbligo o agli esami. Con tale disposizione, infatti, si è inteso solo consentire che, laddove i genitori, contrariamente all’obbligo di legge, scelgano di non vaccinare i propri figli, ciò non presenta conseguenze negative per quanto riguarda l’iscrizione degli stessi alla scuola dell’obbligo. In sostanza, viene solo inibita la conseguenza della mancata iscrizione, ma permane pienamente l’obbligo di vaccinare i propri bimbi per le quattro malattie sopra indicate, così come permane l’impegno, in capo al direttore, di comunicare la mancata vaccinazione all’azienda sanitaria di appartenenza dell’alunno ed al Ministero della sanità, per gli opportuni e tempestivi interventi. Si tratta, infatti, di una norma concepita per tutelare, contemperandoli, due diritti costituzionalmente sanciti, ma che possono venire a confliggere: il diritto alla salute della collettività e del singolo individuo (art. 32 Costituzione) ed il diritto all’istruzione (artt. 33 e 34 Costituzione).

L’AMMISSIBILITÀ SCOLASTICA PER I BAMBINI NON VACCINATI tuttavia vale solo per la scuola dell’obbligo. È quanto, infatti, ha chiarito una recente sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, occupandosi di un ricorso presentato da due coppie di genitori di due bimbi in età prescolare avverso la delibera comunale che, modificando il regolamento delle scuole materne comunali e dei servizi per la prima infanzia, di fatto ne vietava l’accesso a quei bambini non vaccinati. Il giudice amministrativo, infatti, dopo aver riconosciuto la particolare rilevanza della questione sottoposta alla sua valutazione anche per le disquisizioni scientifiche condotte sull’argomento, ha escluso l’applicabilità al caso in esame dell’art. 1 sopra richiamato, fermo restando che esso non abroga affatto l’obbligo delle quattro vaccinazioni previste per legge, ma ne elimina solo una conseguenza. Secondo la sentenza, infatti, e contrariamente a quanto ritenuto dai genitori ricorrenti, la suddetta norma non costituisce un principio generale regolatore in materia di accesso al sistema educativo scolastico estendibile quindi anche alla scuola dell’infanzia. Anzi. Si tratta di una norma del tutto eccezionale e quindi, come tale, non può essere estesa oltre la scuola dell’obbligo, ambito a cui espressamente si applica. In altri termini, il fatto che l’obbligatorietà delle vaccinazioni sia rimasta nell’ordinamento, non consente di estendere un beneficio particolare oltre l’ambito previsto dalla norma espressa. Non è, quindi, consentito né il ricorso all’analogia né all’interpretazione estensiva (TAR Friuli Venezia Giulia, sezione I, sentenza del 16/01/2017, n. 20).

IN CONCLUSIONE per il giudice amministrativo l’adozione di un siffatto divieto di accesso alla scuola materna in assenza di vaccinazioni obbligatorie non solo è legittima alla luce della normativa vigente, ma sarebbe addirittura auspicabile nella misura in cui essa è finalizzata alla cura ed alla tutela dell’interesse e della salute collettiva. Infatti, agendo diversamente, non solo si rischia di incentivare indirettamente le obiezioni di coscienza che, al di là delle valutazioni strettamente medico – scientifiche, possono rivelarsi un pericoloso boomerang per la collettività tutta, ma soprattutto si rischia di sostenere indirettamente un interesse individuale. Ossia l’interesse di chi decide di non vaccinare i figli, perché ritiene che il rischio delle vaccinazioni sia maggiore del rischio derivante dalle malattie oggetto di dette vaccinazioni. Ma ciò è vero solo se gli altri soggetti della collettività abbiano sottoposto i propri figli alle vaccinazioni, con la conseguenza che l’interesse individuale presuppone un obbligo collettivo. Il che è evidentemente inaccettabile.


Avvocato Gabriella Sparano – Redazione Giuridicamente parlando